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ISSUE 430

Anche in Italia gli stilisti esplorano il potenziale della “pelle di pesce”

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Anche in Italia gli stilisti esplorano il potenziale della “pelle di pesce”

L’industria della moda sperimenta con sempre più attenzione alternative, puntando a particolarità delle texture e riutilizzo degli scarti. Ma sempre con un occhio alla Sostenibilità dei pesci.

 

Sfilata dopo sfilata, il mondo della moda sta sperimentando con risorse considerate marginali. Oltre a ridare vita agli scarti della lavorazione di pellami tradizionali, sempre più di frequente gli stilisti includono nelle loro collezioni materiali inusuali, dalle trame inaspettate.

 

Come raccontato da Giovanna Garavaglia, responsabile formazione di Unic/Lineapelle, durante la premiazione del contest La mia seconda pelle, le pelli di pesce, stanno emergendo come “un’alternativa ancora piccola ma valida“.

 

Si tratta infatti di pelli versatili e, quando derivate da sottoprodotti delle filiere alimentari, rispettose dei principi dell’economia circolare. Il loro impiego permette, al contempo, di ridurre gli sprechi e valorizzare specie le cui caratteristiche biologiche offrono texture ricercate nel settore degli accessori.

 

Tra tutte, la pelle di Pirarucu rappresenta oggi uno dei casi più interessanti e peculiari, sia per la sua resa estetica sia per il modello di gestione da cui deriva.

 

Questo animale – chiamato anche Arapaima – è uno dei pesci d’acqua dolce più grandi al mondo: può crescere fino a 3 metri di lunghezza e pesare fino a 230 chili. Vive nelle acque amazzoniche e viene pescato e utilizzato da secoli dalle comunità indigene.

 

La crescente domanda internazionale ha però reso necessaria una rigorosa regolamentazione, basata su protocolli stabiliti dalla Convenzione Cities. La pesca del Pirarucu è quindi consentita solo in aree controllate e secondo quote monitorate con sistemi di tracciabilità molto precisi.

 

“I pesci vengono pescati solo quando raggiungono una certa dimensione – spiega Giovanna Garavaglia – in modo da non compromettere la sopravvivenza della specie“.

 

Secondo le ricerche di João Campos-Silva, ecologista brasiliano e National Geographic Explorer, nelle aree in cui le comunità hanno adottato pratiche di pesca sostenibili, il numero di Piraruco è aumentato addirittura del 425% negli ultimi undici anni.

 

Questo approccio non solo sta tutelando in maniera efficace la specie, ma sta anche contribuendo a sostenere l’economia delle popolazioni locali: oggi chi pesca il Pirarucu può infatti contare su ricavi derivati dalla vendita della pelle, che altrimenti verrebbe scartata.

 

Ad arrivare nelle mani degli stilisti è così un materiale finale è pregiato, con una texture tridimensionale a squame che ricorda quella del coccodrillo. La pelle di Pirarucu è usata soprattutto per borse, piccola pelletteria e calzature.

 

Diverso, ma complementare è il caso dell’anguilla. Per quanto meno rara, pelle di anguilla – ottenuta in realtà da varie specie con caratteristiche simili – deriva infatti quasi esclusivamente da esemplari destinati al consumo alimentare.

 

Anche in questa filiera, quindi, la pelle viene recuperata perché prodotta come rifiuto da un’altra industria.

 

La lavorazione permette di ottenere un materiale molto morbido e lucente, derivato da un gran numero di piccole pelli, cucite insieme. Le finiture possono intensificare la naturale brillantezza, rendendola adatta a piccoli accessori oppure dettagli in capi di abbigliamento.

 

Di recente è stata utilizzata, per esempio, da Tod’s per la versione secchiello del suo famoso modello Di Bag.

 

Infine, anche la pelle di pesce lupo, ottenuta da un pesce pescato principalmente nelle acque del Nord Atlantico, si inserisce in questa logica di valorizzazione dello scarto, visto che la lavorazione parte quasi sempre da pelli recuperate nell’industria ittica.

 

La sua struttura fibrosa la rende particolarmente robusta. Una volta conciata, risulta resistente all’abrasione e alla trazione, ed è ideale quindi per accessori che richiedono robustezza, come cinture, zaini, finiture esterne di borse o calzature dal design tecnico.

 

L’effetto finale è molto particolare, con una trama maculata che la distingue da qualunque altra pelle sul mercato, che può poi essere tinta in molti modi differenti. Al tatto è liscia e setosa.

 

Chiara Spallino

 

Photo: archivio online di Lineapelle

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