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Rassegna del 27 Dicembre 2018
    

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La prossima rivoluzione che ci attende? A tavola


Nel 2050 sulla terra saremo circa 10 miliardi di persone: per nutrirci gli esperti hanno calcolato che bisognerà produrre il 60% in più di cibo

Quale tipo di cibo, noi saremo in grado di produrre? Quali nutrimenti faranno meglio alla nostra salute? Che modello di produzione alimentare sarà sostenibile per salvaguardare l’ambiente?

Queste sono solo alcune delle domande che dovrebbero essere alla base delle scelte di politiche ambientali ed agricole, e richiederebbero una ampia discussione, vediamo di dare qualche breve accenno.

Le proteine sono il principale materiale che serve per la costruzione dei tessuti e degli organi. I muscoli, per esempio, sono principalmente costituiti da proteine. L’assunzione di proteine è quindi molto importante nei bambini in crescita, poiché devono “costruire” il proprio corpo, ma sono indispensabili anche in età adulta per la rigenerazione dei tessuti.

Le proteine inoltre hanno una funzione importante per il sistema immunitario e ormonale, e possono essere usate per produrre energia di cui ogni giorno ciascuno di noi necessita. Per ora le maggiori fonti alimentari di proteine sono la carne, pesci, il latte e le uova, ma anche i legumi (soia, fagioli, piselli…) ne sono molto ricchi. Un recente studio dell’ONU ha evidenziato che l’agricoltura odierna utilizza circa il 70% dei prelievi di acqua dolce, usata soprattutto per coltivare campi per produrre mangimi per allevamenti animali, senza contare che questo processo è tra i maggiori responsabili della produzione di gas serra. Per il futuro, per tutelare l’ambiente, per ragioni etiche e non ultimo per seguire le raccomandazioni dei medici bisognerà mettere nel nostro menù meno carne e molti più vegetali.

Le proteine di cui avremo bisogno dovranno essere vegetali, considerando che due piatti di pasta e fagioli corrispondono a 70 grammi di carne. L’impatto della coltivazione di legumi rispetto agli allevamenti di bestiame è sicuramente molto più sostenibile.  Peccato che una ricerca della FAO ci ricorda che negli ultimi 15 anni a fronte di una crescita della popolazione mondiale del 19%, la disponibilità di legumi pro capite sia cresciuta solamente di 1,6 kg all’anno. L’Unione Europea per far fronte a questa situazione ha presentato un piano per incrementare la produzione di proteine vegetali. Per ora non sono stati stanziati dei fondi specifici a differenza del Canada, ma la Commissione ha fatto una raccomandazione generale: bisogna aumentare la produzione europea per venire incontro alle esigenze di un cibo più salutare e sostenibile.

In particolare in Italia: l’importazione di ceci è del 59%, il 71% per i piselli, il 95% dei fagioli e del 98% per le lenticchie, ottimo piatto per augurare prosperità per l’anno che verrà, tuttavia non per la nostra bilancia commerciale. Considerate che negli anni ’60 l’Italia produceva 640.000 tonnellate di legumi mentre oggi siamo a 190.000 tonnellate . Quando i nostri politici vanno in Europa a discutere di politica agricola, prima di lamentarsi di quote di produzione, in parte anche giustificate, farebbero bene ad avere in mente quale modello di alimentazione futura sia meglio per la nostra salute e per la sostenibilità dell’ambiente.

L’India è al primo posto per la produzione di legumi con il 17% del totale, seguita dal Canada che ha avviato un piano aggressivo per lo sviluppo delle proteine vegetali. Ci stiamo avviando verso la nascita di start-up che lavorano sul cibo del domani, ossia cibi con ottime capacità nutrizionali e minore impatto su ambiente e salute. Anche le catene di fast food si adatteranno al cibo green, la sostenibilità del cibo avverrà anche attraverso la creatività nel comporre piatti attraverso nuove esperienze visive e olfattive. La rivoluzione in corso ridurrà le malattie legate all’eccessivo consumo di grassi e sale, eliminerà certe cause di tipologie di cancro e così facendo ridurrà i  costi sanitari. La cura dei deficit dei bilanci previdenziali inizia anche dall’alimentazione e dalle scelte della politica agricola.

 

Fonte: SmartWeek, 27 dicembre 2018




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