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Rassegna del 13 Dicembre 2018
    

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Cop24: l’industria fashion presenta la Carta per la moda sostenibile


La moda salverà il mondo? Può darsi, visto che per il momento l’unico impegno serio e collettivo finalizzato a ridurre le emissioni di gas serra è stato raggiunto da 40 leader del fashion system, firmatari della prima Carta per la sostenibilità della moda. Obiettivo: unire le forze e risollevare le sorti del nostro pianeta

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è stato molto chiaro: all’apertura del vertice ONU sui cambiamenti climatici che si tiene a Katowice, Polonia, dal 2 al 14 dicembre, ha ribadito il fatto che l’umanità intera, nessuno escluso, ha un grosso problema e che non si sta facendo ancora abbastanza né ci si sta muovendo abbastanza in fretta per prevenire un dissesto climatico irreversibile e catastrofico. Non ha usato mezzi termini, eppure il suo messaggio sembra caduto nel vuoto.

Cattive notizie da tutti i fronti, tranne che da quello della moda.

Il 10 dicembre ha segnato, infatti, una tappa fondamentale per l’industria fashion mondiale, che proprio durante il Cop24 ha ribadito con forza l’intenzione di affrontare le questioni legate ai cambiamenti climatici, lanciando la sua prima Carta per la sostenibilità. L’industria della moda – compresi il settore del tessile, dell’abbigliamento, della pelletteria e delle calzature e spaziando dalla produzione di materie prime a quella di indumenti e accessori fino alla loro distribuzione e al consumo finale – è caratterizzata infatti da filiere molto lunghe e ad alto consumo energetico. Per questo motivo, sotto l’egida dell’ONU, 40 tra marchi leader, rivenditori, fornitori e un’importante compagnia di trasporti hanno deciso di unire le forze per ridurre l’impatto esercitato sull’ambiente.

Tra i primi firmatari della Fashion Industry Charter for Climate Action figurano (in ordine alfabetico) adidas, Aquitex, Arcteryx, Burberry Limited, Esprit, Guess, Gap Inc., H&M, Hakro Gmbh, Hugo Boss, Inditex, Kering Group, Lenzing AG, Levi Strauss & Co., Mammut Sports Group AG, Mantis World, Pidigi S.P.A, Puma SE, re:newcell, Schoeller Textiles AG, Peek Performance, Salomon, Skunkfunk, SLN Moda, Stella McCartney, Sympatex Technologies, Target e Tropic Knits.

Le associazioni tessili e no-profit che supportano le iniziative della Carta sono: Business for Social Responsibility (BSR), China National Textile and Apparel Council (CNTAC), China Textile Information Center (CTIC), Global Fashion Agenda (GFA), GOTS, Outdoor Industry Association (OIA), Sustainable Apparel Coalition (SAC), Sustainable Fashion Academy (SFA), Textile Exchange, WWF International e ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals) e il colosso dei trasporti Maersk.

Insieme questi player stanno dando una lezione alle grandi potenze mondiali: si sono impegnati, consapevoli degli sforzi e degli investimenti necessari, a raggiungere 16 importanti obiettivi tra cui spiccano la decarbonizzazione nelle fasi di produzione, la scelta di materiali sostenibili e modalità di trasporto a basse emissioni di carbonio, ma anche l’importanza di stabilire un dialogo con i clienti e di sensibilizzare i consumatori, la collaborazione con le comunità finanziarie e i responsabili politici per individuare soluzioni e promuovere l’economia circolare.

Per compiere progressi concreti verso il raggiungimento di questi traguardi, sono stati istituiti sei gruppi di lavoro incaricati di stabilire le fasi di attuazione, ma non c’è tempo da perdere. Così questi primi fashion paladini, che per deformazione professionale sono abituati a scandire ognuno il proprio lavoro con una tempistica frenetica e una organizzazione perfetta, hanno fissato subito un obiettivo iniziale, che prevede la riduzione delle emissioni aggregate di gas serra del 30% entro il 2030 e stilato misure concrete, come l’eliminazione graduale delle caldaie a carbone o di altre fonti di riscaldamento e produzione di energia a base di carbone presso i propri stabilimenti e quelli dei fornitori diretti a partire dal 2025.

«Questa Carta ha lo scopo di riunire i marchi della moda e promuovere azioni comuni contro i cambiamenti climatici –ha spiegato Karl-Johan Persson, CEO del gruppo H&M–. Il nostro settore ha una portata globale e solo insieme possiamo mettere in atto il cambiamento di cui abbiamo urgentemente bisogno».

«Burberry è orgogliosa di essere uno dei firmatari della Carta per la moda sostenibile – fa sapere il CEO Marco Gobbetti – Assieme agli altri daremo il via a un cambiamento sistemico e costruiremo un futuro più sostenibile».
(Nella foto in alto, la maglietta oversize con messaggio scritto a mano da Vivienne Westwood, frutto della collaborazione tra la stilista londinese e Riccardo Tisci, designer di Burberry, il cui ricavato supporta Cool Earth, organizzazione no-profit che collabora con le comunità delle foreste pluviali per fermare deforestazione e cambio climatico).

«La questione dei cambiamenti climatici rappresenta probabilmente la più grande sfida che dobbiamo affrontare – ha sottolineato Stella McCartney –. Riguarda tutti noi e il nostro futuro: ecco perché sono orgogliosa di aver sottoscritto la Carta per la moda sostenibile. Voglio lanciare un appello ai miei colleghi, agli altri marchi, ai rivenditori e ai fornitori, affinché tutti aderiscano e adottino le misure necessarie per affrontare la questione nelle proprie attività e lungo le catene di valore. Se uniamo le forze, insieme riusciremo a fare la differenza».

E noi, cosa possiamo fare? Non saremo i CEO o i rappresentanti di grandi aziende, ma nel nostro piccolo potremmo prima di tutto informarci e impegnarci a sostenere, con le nostre scelte di moda, il pianeta che ci ospita. Perché qualsiasi sia la concezione di stile, bellezza e futuro di ognuno, sia chiaro che nessuno sarà fashion, trendy o chi più ne ha più ne metta finché non impareremo ad avere una visione d’insieme che vada oltre i metri quadri del nostro guardaroba.

 

Fonte: VANITY FAIR, 11 dicembre 2018




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