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Rassegna del 7 Febbraio 2019
    

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La signora del legno etico e sostenibile


La signora del legno etico e sostenibile

Maria Rita Gallozzi certifica la gestione di piante e luoghi ma, dichiara, ‘il vero impatto è quello sociale’.

In Costa d’Avorio, in Congo, in Gabon, in Camerun oppure sull’Appennino toscano, a un passo da Cernobyl, in Valtellina, sulle Alpi Venete, in Toscana o sui monti calabresi. Maria Rita arriva nel cuore delle foreste e comincia a indagare, magari dopo centinaia di chilometri di strade sterrate in un posto in mezzo al nulla. Fa domande alla gente del luogo, guarda lavorare gli operai, annota dettagli, controlla documenti, valuta lo stato delle piante, il modo in cui vengono selezionate, abbattute, trasportate, si accerta che avvenga il rimboschimento previsto per legge... Per dirla con le sue parole, «io in sostanza devo capire se le foreste sono trattate bene e se la loro gestione è sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale. Se lo è, l’ente per il quale faccio verifiche rilascia la certificazione, cioè il famoso marchio a forma di alberello, altrimenti niente».

Il marchio

È così che funziona per chi gestisce, è proprietario, commercia o lavora il legno. Oggi avere o non avere quel marchio a forma di alberello fa la differenza, conta per l’immagine e per il marketing delle aziende. Quindi il disegno stilizzato della pianta è molto più di un piccolo simbolo impresso su mobili, infissi, libri, biglietti, sacchetti, contenitori, oggettistica, carta di vario genere... È un riconoscimento internazionale di etica socio-ambientale ed è la chiave che apre le porte dei contratti perché, ormai quasi sempre, chi vuole vendere oggetti in legno o che derivano dal legno vuole dimostrare ai suLead auditor

Maria Rita Gallozzi — classe 1966, laurea in Scienze forestali, vita e casa in Brianza — è la più anziana lead auditor del settore in Italia. Praticamente si occupa di questi temi da quando nel nostro Paese è partito il sistema delle certificazioni forestali (nei primi anni Duemila) ed è la sola donna italiana qualificata per eseguire controlli su entrambe le certificazioni riconosciute dall’Unione europea: la Fsc (Forest Stewardship Council) e la Pefc (Program for the Endorsement of forest certification schemes). In pratica: se proponi ai tuoi clienti un prodotto con l’alberello Fsc o Pefc vuol dire che si può risalire, a ritroso, fino alla foresta da cui arriva, che è certificata e che ha una gestione sostenibile e responsabile.

Enti europei

Maria Rita è una freelance, lavora per alcuni dei più importanti enti europei (tutti privati) che rilasciano le certificazioni (fra loro le italiane Csi e Csqa e la francese Bureau Veritas) ed è l’unica donna che certifichi le foreste del bacino del Congo. Tanto per dare un’idea del suo lavoro: essere amica di una foresta significa controllare che siano approvati i piani di gestione, che i tagli siano corretti, che l’esbosco non causi danni, che gli alberi non vengano tagliati quando è tempo di riproduzione per gli animali, che (in Africa) non si distruggano le aree dove vivono i pigmei, che nel trasportare i tronchi non si danneggino le piante in piedi... Ma le verifiche sono anche di tipo sociale. Per esempio accertare che non si facciano lavorare bambini, che gli stipendi siano adeguati, che le attrezzature siano a norma, che si lavori in sicurezza. E poi la parte economica: il controllo dei bilanci, dei registri, dei ricavi. Se ogni tassello si incastra al posto giusto Maria Rita dà il l’ok per la certificazione, se invece qualcosa non quadra o si rimedia o si perdono le commesse di chi vuole legname certificato, cioè la maggior parte di chi lo acquista. Vogliono tutti l’alberello: dalle case di moda ai grandi distributori di mobili, da chi produce packaging per alimenti a chi costruisce le chitarre Gibson, le Ferrovie dello Stato per i biglietti,i supermercati per gli scontrini, i produttori di bobine di carta, di oggettistica per la casa...

Cernobyl

«A volte — racconta Maria Rita — mi imbatto in situazioni surreali. Per esempio quando andai a certificare un’azienda vicino a Cernobyl...». C’era un rumore infernale e lei notò subito un particolare: gli uomini avevano le cuffie antirumore, le donne no. E poi le retribuzioni: tutte inferiori al minimo sindacale. «Negai la certificazione — ricorda —. Nel giro di pochi mesi tutto fu sanato per non perdere il contratto. Lì mi accorsi di quanto potere potevo avere ma anche di quanto bene potevo fare, alle foreste e a quella gente».oi clienti di essere virtuoso.

 

Fonte e photo credits: Corriere.it




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