Il tema della cessazione della qualifica di rifiuto mediante determinati processi di recupero continua a destare allarmante attenzione, alimentata dalla forte spinta degli ultimi tempi verso l’economia circolare.
Si ricorda a tal proposito che dal 4 luglio 2018 sono entrate in vigore in Europa le quattro direttive che hanno preso il nome di “Pacchetto Circular Economy”, pubblicate sulla GUUE L. 150 del 14 giugno 2018 e che dovranno essere recepite da tutti gli Stati membri entro il 5 luglio 2020.
La direttiva 851, in particolare, modifica in modo ampio e sostanziale la stessa direttiva madre sui rifiuti, ovvero la direttiva 98/2008/CE.
Le condizioni affinché un rifiuto possa cessare di essere tale e ritornare ad essere un prodotto in Italia sono definite dall’art. 184-ter, D.L.vo 152/2006, introdotto a seguito della riforma operata dal D.L.vo 205/2010, e dal contenuto sostanzialmente identico all’analogo art. 6 dell’innanzi citata Direttiva 98/2008/CE – ancor oggi conosciuta come direttiva quadro in materia di rifiuti.
È proprio da una particolare lettura di quest’ultima disposizione che si è giunti a “un drammatico blocco a livello nazionale delle operazioni di recupero dei rifiuti, a svantaggio del risparmio di risorse naturali e materie prime, con un brusco aumento dei conferimenti in discarica”.
Ci si riferisce ovviamente alla posizione assunta dal Consiglio di Stato con la ormai famosa sentenza n. 1229 del 28 febbraio 2018 che, in netto contrasto rispetto alla gerarchia dei rifiuti (art. 179, D.L. vo 152/2006), ha negato che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto alcun potere di “declassificazione” caso per caso in sede di autorizzazione.
Ad oggi, permane la paralisi normativa che ha visto il Governo diviso sulla soluzione da dare all’EoW “caso per caso”, tanto da formulare e poi ritirare vari emendamenti nell’ambito della discussione per la conversione del DL semplificazione, risolto poi sul tema in un nulla di fatto.
Tra correnti dottrinali in evidente disaccordo - anche rispetto al contributo offerto dalla Corte di Giustizia europea proprio sulla corretta interpretazione dell’art. 6 nella causa C60/18 datata 28 marzo 2019 che, tuttavia, non considera le modifiche apportate dalla Direttiva 851/2018 innanzi citata -, la querelle è stata da ultimo dissipata da un emendamento approvato dal Senato nell’ambito del DL ”Sblocca Cantieri” (in questi giorni in attesa di conversione), il quale ha chiarito che le Regioni non hanno competenza nell’elaborazione dei criteri “caso per caso” per la cessazione della qualifica di rifiuto.
Le autorizzazioni ordinarie, quindi, dovranno, in assenza di criteri ministeriali elaborati per specifiche tipologie di rifiuti, tenere come riferimento le norme generali per il recupero presenti nel DM 5 febbraio 1998 e nei decreti analoghi attualmente vigenti, strumenti che, tuttavia, risultano desueti, difficilmente al passo con la costante evoluzione delle necessità - sempre più complesse - del settore in questione.
Si veda, a tal proposito, il commento di Andrea Fluttero, Presidente Unicircular:
“Ci sono settori, come la gomma e gli inerti da costruzione e demolizione, che attendono da anni un decreto EoW specifico, adeguato alle esigenze operative e tecnologiche: cosa succederà a questi impianti, che adesso rimangono inchiodati ad una norma vecchia, anzi stravecchia, ad oggi non è dato saperlo. Come associazione avevamo proposto in molte occasioni ed a tutte le forze politiche un emendamento che anticipasse in modo completo la disciplina Ue sull’End of Waste: purtroppo, non è stato accolto. Il pacchetto di Direttive europee per la transizione verso l’Economia circolare costituisce una grande opportunità di sviluppo per le industrie green del nostro Paese: serviva un’accelerazione e invece viaggiamo col freno a mano tirato. Le aziende innovative investiranno all’estero, molte imprese rischiano la chiusura e interi flussi di rifiuti, anziché essere riciclati, finiranno in discarica o a incenerimento. A completare il quadro, al ministero il tavolo di lavoro con gli operatori per il recepimento della nuova direttiva europea, che dovrà avvenire entro luglio 2020, non è neanche partito”.
di Sabrina Suardi
Environmental Consultant