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Rassegna del 8 Agosto 2019
    

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Quanto tempo impiega a degradare un sacchetto di plastica gettato in mare?


Quanto tempo impiega a degradare un sacchetto di plastica gettato in mare?

Occorrono dai 10 ai 30 anni. Ma quelli biodegradabili in Mater-Bi meno di 1 anno. Il che non è un invito a buttarli in mare.

Occorrono dai 10 ai 30 anni. A meno che la plastica di cui è fatto il sacchetto non sia biodegradabile. In tal caso i tempi si accorciano grazie alla metabolizzazione dei batteri e altri microrganismi che “digeriscono” la plastica. 

 

Per essere biodegradabile la plastica non deve in alcun modo contenere metalli. Inoltre, secondo la normativa europea, un contenitore può essere definito biodegradabile se si decompone del 90% entro 6 mesi dal suo rilascio in terra o acqua. Il problema resta per quel 10% che sopravvive nell’ambiente per anni, causando inquinamento. 


Per tale motivo da anni gli studiosi sono al lavoro per ottenere materiali plastici che abbiano un impatto sull’ambiente simile o uguale a quello dei derivati dalla cellulosa. Uno degli ultimi ritrovati è il Mater-Bi sviluppato dai ricercatori di Novamont. Si tratta di una nuova famiglia di bioplastiche che ha tempi di biodegradabilità molto rapidi sia sugli arenili che in acqua.

 

Recentemente sono stati presentati a Roma i risultati dei numerosi test condotti sul nuovo materiale dai laboratori dell’azienda, dall’Hydra Marine Sciences e dall’Università di Siena. Seguendo il metodo dettato dallo standard UNI EN ISO 19679:2018, le prove condotte sia in laboratorio che sul campo hanno riguardato la biodegradabilità intrinseca marina, la disgregazione in ambiente marino e l’ecotossicità rilasciata nei sedimenti per effetto della biodegradazione di sacchetti per frutta e verdura realizzati in Mater-Bi.

I risultati hanno evidenziato che la biodegradabilità in acqua e sull’arenile è pari a quella della carta. La tempistica varia dai 2,5 ai 5 mesi per la disgregazione e da 2 mesi a 1 anno per la scomparsa completa. Quanto alla tossicità dei sedimenti, i test condotti su alghe unicellulari (Dunaliella tertiolecta), riccio di mare (Paracentrotus lividus) e spigola (Dicentrarchus labrax) hanno mostrato assenza di effetti nocivi sugli organismi. 

 

La sperimentazione ha evidenziato anche che la velocità di biodegradazione aumenta al diminuire delle dimensioni delle particelle sottoposte a test. Ciò significa che il Mater-bi non rilascia microplastiche persistenti, in quanto biodegradabili completamente entro i 30 giorni, come richiesto dalle linee guida dell’Ocse.

 

Nonostante i risultati positivi, i ricercatori Novamont sottolineano che la biodegradabilità dei materiali va intesa sempre come rimedio ad un’emergenza o ad un incidente. I materiali biodegradabili, insomma, non sono una licenza per gettare rifiuti in mare o in spiaggia ma una soluzione nel caso ciò avvenga per errore umano.

 

Foto di cocoparisienne da Pixabay




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