La newsletter di ESO
Twitter facebook Youtube Linkedin


Rassegna del 19 Settembre 2019
    

GoGreen Newsletter

Clima e ambiente. Caraibi, ecco come rinasce una barriera corallina. Il reportage fotografico


Clima e ambiente. Caraibi, ecco come rinasce una barriera corallina. Il reportage fotografico

Le straordinarie immagini della natura che guarisce nelle foto di Associated Press. Solo il 2% del fondo dell'oceano è popolato da coralli, ma le loro strutture ramificate danno sostentamento a un quarto di tutte le specie marine. Per questo vengono chiamate "le foreste pluviali del mare" e la loro sopravvivenza significa la sopravvivenza della biodiversità, compresi gli esseri umani che di mare vivono. Dalla Giamaica una storia a lieto fine di interdipendenza tra corallo, pesci e esseri umani


Everton Simpson scruta il mar dei Caraibi dal suo motoscafo, sa distinguere ciò che si trova sul fondale a partire dalle strisce di colori brillanti che si susseguono: il verde smeraldo indica il fondo sabbioso; il blu zaffiro indica prati di erba marina ma è l'indaco intenso che cerca perché lì sotto si trovano le barriere coralline. Con la barca si dirige in un punto preciso ma non segnato dove si trova il "vivaio di coralli". ''È come una foresta sotto il mare," dice mentre prepara l'attrezzatura per l'immersione. Poi si tuffa nell'acqua azzurra e si immerge per 7,6 metri con delle cesoie, una lenza e una cassetta. Sul fondo dell'oceano, piccoli frammenti di corallo penzolano da corde sospese, come calzini appesi tra la biancheria. Simpson e altri subacquei si prendono cura meticolosamente di questa specie di 'nursery' subacquea come fanno i giardinieri con le aiuole fiorite staccando con scrupolo e attenzione i molluschi che banchettano divorando lentamente questi coralli ancora immaturi. 

Quando un corallo raggiunge le dimensioni di una mano, Simpson li raccoglie per poi "trapiantarli" a uno a uno su una scogliera, un processo paragonabile alla semina di un prato fatta piantando ogni filo d'erba separatamente. Anche le specie di corallo più rapide non crescono che pochi centimetri all'anno. Qualche ora dopo, in un luogo chiamato Dickie's Reef, Simpson si immerge di nuovo e usa pezzetti di lenza per legare grappoli di corallo a corna di cervo su degli affioramenti rocciosi - un legame temporaneo fino a quando lo scheletro calcareo del corallo cresce a sufficienza per attecchire autonomamente alla roccia. L'obiettivo è avviare la crescita naturale di una barriera corallina. E finora funziona. Quasi tutti in Giamaica dipendono dal mare, incluso Simpson, 68 anni, che vive vicino alla costa settentrionale dell'isola e che si p sempre guadagnato da vivere grazie al mare prima con la pesca subacqua con la fiocina in apnea e poi come istruttore di immersioni subacquee. Due anni fa Simpson si è reinventato come "giardiniere del corallo". Le barriere coralline sono spesso chiamate le "foreste pluviali del mare" per la biodiversità che in esse trova habitat naturale e protezione. Solo il 2% del fondo dell'oceano è popolato da coralli, ma le strutture ramificate - a forma di corna di cervo o di cervello umano - danno sostentamento a un quarto di tutte le specie marine. Pesci pagliaccio, pesci pappagallo, cernie e dentici depongono uova e si nascondono dai predatori negli angoli e nelle fessure della barriera corallina, e la loro presenza attira anguille, serpenti di mare, polpi e persino squali. Nelle barriere coralline sane, meduse e tartarughe marine sono visitatori abituali.

Quella tra pesci e coralli, è una relazione di interdipendenza - il pesce fa affidamento sul struttura della barriera corallina per sfuggire al pericolo e deporre le uova, e mangiano anche i microorganismi nemici dei coralli. Pesci tropicali e altri animali marini, come i ricci di mare, mangiano le alghe che, crescendo rapidamente, invaderebbero lo spazio vitale del corallo. Quando i pesci scompaiono, il corallo soffre - e viceversa. Dopo una serie di disastri naturali e causati dall'uomo negli anni '80 e '90, la Giamaica ha perso l'85% delle sue barriere coralline un tempo abbondanti. Nello stesso periodo il pescato è diminuito fino a un sesto di quello che era negli anni '50, spingendo le famiglie che dipendevano dalla pesca sull'orlo della povertà. Molti scienziati credevano che la barriera corallina giamaicana fosse ormai spacciata, rimpiazzata definitivamente dalle alghe, come l'edera che avviluppa un rudere abbandonato. Ma oggi, i coralli e i pesci tropicali stanno lentamente tornando, grazie a una serie di interventi accurati di cui il delicato lavoro del "giardiniere dei coralli" è solo una parte e in realtà la più semplice. Assai più dura è stato convincere i pescatori a ridurre quando e dove pescano e controllare i rifiuti che sempre in maggior quantità vengono scaricati nell'oceano. Lentamente, gli sforzi stanno dando i loro frutti. "I coralli stanno tornando; i pesci stanno tornando", dice Stuart Sandin, biologo marino presso lo Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, California. "È una delle barriere coralline più vivaci che abbiamo visto in Giamaica dagli anni '70. Quando dai alla natura la possibilità di rigenerarsi, lo fa. Non è troppo tardi." Negli ultimi dieci anni in Giamaica, sono sorti oltre una dozzina di vivai di coralli e santuari di pesci, gestiti dal basso e sostenuti grazie alle sovvenzioni di alcune fondazioni, aziende locali come gli hotel e del governo giamaicano. Al White River Fish Sanctuary, che ha solo circa 2 anni e dove Simpson lavora, la prova più chiara del successo iniziale è il ritorno dei pesci tropicali che abitano le barriere coralline - così come dei pellicani che di questi si nutrono. Le barriere coralline della Giamaica erano una volta tra le più celebri al mondo, con le loro strutture ramificate dorate e i pesci dai colori vivaci che da sempre hanno attirato l'attenzione dei viaggiatori, da Cristoforo Colombo a Ian Fleming, che scrisse la maggior parte dei romanzi di James Bond sulla costa settentrionale dell'isola tra gli anni '50 e gli anni '60.  Nel 1965, la Giamaica divenne la sede del primo centro di ricerca globale sulle bariere coralline, il Discovery Bay Marine Lab, ora associato all'Università della Indie occidentali.

E' grazie a questo stesso laboratorio che nei decenni successivi si è potuto osservare la progressiva scomparsa del corallo. Peter Gayle è un biologo marino al Discovery Bay dal 1985. Dalla finestra del suo ufficio, indica la cresta della barriera corallina a circa 300 metri di distanza - una sottile linea marrone spruzzata da onde bianche. "Prima del 1980, la Giamaica aveva corallo sano," racconta. Poi una serie di disastri l'hanno colpita. La prima calamità fu l'uragano Allen degli anni '80, uno dei cicloni più potenti mai registrati nella storia: "Onde alte più di 10 metri si schiantarono contro la costa e sostanzialmente 'masticarono' la barriera corallina." Il corallo può ricrescere dopo catastrofi naturali, ma solo quando gli viene data la possibilità di recuperare, una opportunità che finora non ha mai avuto. Nello stesso decennio, un'epidemia misteriosa sterminò oltre il 95% dei ricci di mare nei Caraibi, mentre la pesca incontrollata devastava le popolazioni ittiche. Nello stesso periodo aumentavano i rifiuti prodotti e scaricati in mare dalla crescente popolazione umana dell'isola, che è quasi raddoppiata tra il 1960 e il 2010, rilasciando sostanze chimiche e sostanze nutritive nell'acqua che hanno alimentato la crescita più rapida delle alghe. Il risultato: le alghe hanno preso il sopravvento sul corallo. 

"C'è stato un punto di svolta negli anni '80, quando l'ecosistema è passato dall'essere dominato dai coralli all'essere dominato dalle alghe." Sembrava la fine della storia, fino a quando un'improbabile alleanza ha consentito all'ecosistema di invertire la marcia - con l'aiuto di residenti come Everton Simpson e il suo collega pescatore Lipton Bailey. La comunità di pescatori di White River ruota attorno a un piccolo molo per le barche  a circa un quarto di miglio da dove il fiume sfocia nel Mar dei Caraibi. Pescatori come Simpson e Bailey si sono trasformati in guardiani del "santuario dei pesci" che in quel tratto di mare è stato creato per dare respiro all'ecosistema marino. Due anni fa, alcuni pescatori si sono uniti in una associazione con le imprese locali, inclusi i proprietari di un hotel, con l'obiettivo di definire i confini della zona in cui è vietato pescare e che si estende per due miglia lungo la costa. Una semplice linea nell'acqua tuttavia non è affatto un deterrente, per questo alcuni pescatori come Simpson e Bailey, si occupano di pattugliare il santuario.

La maggior parte dei pescatori più anziani hanno accettato la zona di divieto di pesca anche perché per loro è troppo grande il rischio della confisca delle barche e delle attrezzature. Ma non tutti sono d'accordo. In particolare i pescatori più giovani, e più poveri, si immergono di notte in mare aperto muniti di fiocine.  Associated Press ha avvicinato uno di questi pescatori di frodo. Si chiama Damian Brown, 33 anni, e vive in un villaggio sulla costa chiamato Stewart Town. Seduto fuori su una scala di cemento vicino alla sua modesta casa, Brown afferma che la pesca è la sua unica possibilità di lavoro - e crede che i confini del santuario siano troppo estesi. Ma altri pescatori come lui che una volta erano scettici affermano di aver visto i benefici di queste limitazioni. Rick Walker, un pescatore subacqueo di 35 anni, ricorda che all'inizio c'era molta diffidenza contro il santuario dei pesci e molti dicevano che stavano bloccando i nostri mezzi di sussistenza. Due anni dopo, Walker, che non è coinvolto nella gestione del santuario ma approva la sua realizzazione, dice che può vederne i benefici. "Oggi molti tipi di pesci sono più facili da catturare," e conclude, "Almeno i miei pronipoti potranno vedere dei pesci".  Quando Colombo sbarcò in Giamaica, navigò nella baia di Oracabessa - oggi a 20 minuti di auto dalla foce del White River. L'Oracabessa Bay Fish Sanctuary è stato il primo dei progetti di base per rigenerare le barriere coralline della Giamaica ed è ora diventato un modello per altre zone dell'isola in particolare proprio per l'idea di coinvolgere i pescatori locali nel controllo del rispetto dei divieti.




Torna alle notizie GOGREEN




Rassegna del 19 Settembre 2019
 
8 di 17 della rassegna...
    
Conte bis, che fare su ambiente ed ecologia? - di Roberto Giovannini
lastampa.it

Drieu La Rochelle pioniere dell’ecologia profonda - di Sandro Marano
barbadillo.it

L’urgenza delle crisi aziendali nel riciclo dei rifiuti - di Edo Ronchi
fondazionesvilupposostenibile.org

Sempre più cemento, aumenta lo spreco del suolo nelle città italiane
ansa.it

World Cleanup Day, in tutto il mondo volontari anti-rifiuti -Sabato 21 settembre iniziative in oltre 150 paesi
letsdoititaly.org

Fare sport per il benessere del corpo e dell’ambiente
estense.com

Pale di scarto delle torri eoliche sono un problema perché non riciclabili
notiziescientifiche.it

Pensare globalmente, agire localmente - di Alessandro Meazza
eso.it

 
 
Privacy   |   Supporto

www.eso.it - info@eso.it