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La transizione all’economia circolare genera più posti di lavoro con una fiscalità ecologica


La transizione all’economia circolare genera più posti di lavoro con una fiscalità ecologica

L’economia circolare genera risparmio e uso efficiente delle risorse naturali e comporta una riduzione degli impatti ambientali e delle emissioni di gas serra. Ma che effetti ha sull’occupazione? Ci sono vari studi in materia.

Quello della Commissione europea sul primo pacchetto delle misure per l’economia circolare, per esempio, che stima un aumento di oltre 170 mila nuovi posti di lavoro in Europa entro il 2035. O quello del Ministero dell’ambiente francese su un pacchetto di 50 misure per l’economia circolare, che stima un’occupazione aggiuntiva di 300 mila posti di lavoro in Francia. E un altro del Ministero dell’ambiente finlandese che stima, con   la realizzazione di una roadmap per l’economia circolare, la creazione di 75 mila nuovi posti di lavoro in Finlandia.

Per citarne solo alcuni. Mancava, tuttavia, un’analisi più complessiva e sistematica. Ci ha pensato l’OCSE con un’analisi di 15 studi che valutano ben 47 scenari di misure per la transizione all’economia circolare (Labour market consequences of a transition to a circular economy, Paper n°162, 13 maggio 2020).

Il quadro che emerge è differenziato per settore di attività a maggiore o minore intensità di risorse, per regione dove pesano di più o di meno l’estrazione di materie prime vergini e le attività ad utilizzo intensivo di materiale anche dove i costi del lavoro sono più o meno alti.

L’analisi dell’OCSE affronta anche i differenti impatti sull’occupazione: dalla creazione di nuovi posti di lavoro nei settori green alla sostituzione di quelli che calano in attività dall’uso intensivo di risorse con quelli in aumento con un utilizzo circolare;  dalla distruzione di lavoro in attività, ad esempio estrattive, che vengono ridotte o tagliate senza sostituzione, fino alla riqualificazione di lavoro esistente per renderlo idoneo per  attività convertite ad un utilizzo efficiente e circolare delle risorse. Gli spunti che emergono sono numerosi e sollecitano maggiore attenzione alle problematiche del lavoro in un cambio così vasto e profondo come quello avviato dalla transizione all’economia circolare.

Con un’indicazione che spicca in modo netto: tutti gli scenari che prevedono un maggiore incremento dell’occupazione prevedono anche l’adozione di misure  di fiscalità ecologica che aumentino il prelievo fiscale sul consumo di materiali vergini e lo riducano sul lavoro. Il modello che prevede i migliori risultati – con un aumento del 7,2% dell’occupazione – è quello del Dynamix reserch group che prevede un graduale aumento del prelievo fiscale sui materiali – al 30% nel 2030 e fino al 200% al 2050 – e l’utilizzo delle risorse finanziarie così raccolte per ridurre significativamente il prelievo fiscale sul lavoro.

Questo modello è quello che genererebbe anche una maggiore crescita del PIL in Europa – un più 5,2% – disaccoppiando la crescita economica dal consumo di materiali che, infatti, calerebbe di ben il 19% al 2050.

A una conclusione simile sono giunti anche alcuni studi sulla decarbonizzazione dell’economia che, per migliorare gli impatti occupazionali, prevedono di destinare i proventi della carbon tax alla riduzione del prelievo fiscale sul lavoro.

Lo studio dell’OCSE non fa che evidenziare un meccanismo noto nelle economie di mercato: quello dell’utilizzo della leva fiscale per indirizzare il mercato attraverso il segnale dei prezzi. Se l’utilizzo di risorse naturali diventa più caro con l’aumento del prelievo fiscale, si tenderà a consumarne di meno, se, contemporaneamente, riducendo il prelievo fiscale, renderemo il lavoro meno caro, si tenderà a utilizzarne di più, a parità di altre condizioni.

È comunque bene tener presente – specie in un periodo in cui si parla molto di misure per la ripresa economica e di Green Deal – che, per avere maggiori benefici occupazionali dalla transizione a un’economia circolare  sono necessarie anche misure di riforma fiscale ecologica.

 

Edo Ronchi

Presidente

Fondazione Sviluppo Sostenibile




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