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Rassegna del 18 Settembre, 2020
    

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Non possiamo piu' procrastinare il problema ambientale


Non possiamo piu' procrastinare il problema ambientale

Nella 300ma pubblicazione della Newsletter di ESO, da oltre 12 anni, abbiamo ritenuto opportuno lasciare spazio ai giovani e alle loro idee. Questo anno, diversi laureandi hanno scritto la loro tesi citando la nostra azienda e modello e fra questi ragazzi abbiamo una chiesto ad una di loro, Sofia Miotti, romana, di scrivere la sua opinione.

Buona lettura.... e grazie a tutti i lettori della NL di ESO (oltre 13.000) di seguirci costantemente ed assiduamente.

Nicolas Meletiou

Managing Director

 

 

“Secondo lei quando finiremo le risorse del nostro pianeta che abbiamo a disposizione?”, questa è stata la domanda che mi è stata posta da un Professore durante la discussione della mia tesi di laurea su Economia Circolare e Capitale Naturale.

Tra tutte le domande che mi ero immaginata, questa era forse l’unica a cui non avevo pensato. Eppure sta tutto lì il nocciolo della questione: perché impegnarsi così tanto a trovare una soluzione al problema ambientale e a proporre un modo di vivere più sostenibile se la catastrofe non fosse imminente?

Avevo studiato e in qualche modo sono riuscita a sfuggire dall’opinione personale che mi veniva richiesta riportando dei dati certi e parlando di Earth Overshoot Day (il Giorno del Debito Ecologico) e di Planetary Boundaries (Confini Planetari); ma dopo quel click che ha terminato la mia discussione di laurea avvenuta all’interno della mia stanza e dopo i festeggiamenti che ne sono conseguiti, ho continuato a pensare a quella domanda. Quanto siamo vicini al punto di non ritorno? Quanto ancora possiamo permetterci di continuare a produrre e consumare in questo modo così nocivo per l’ambiente prima di ritrovarci catapultati sul set di un film distopico?

I dati parlano chiaro: le risorse della terra si stanno esaurendo; secondo Global Footprint Network, attualmente utilizziamo risorse pari a 1.75 pianeti Terra con evidenti conseguenze distruttive. Sempre secondo GFN, l’Italia si trova nella top ten dei paesi che sfruttano più risorse a livello mondiale, con Stati Uniti e Australia rispettivamente al primo e secondo posto.

Nel libro “Overheating” (2016), l’autore Thomas Hylland Eriksen ci mostra come il mondo di oggi sia “overheated”, appunto, letteralmente “surriscaldato” ma traducibile anche come “agitato” perché eccessivamente carico e perché tutto si muove troppo velocemente: l’energia, la mobilità, le città e i loro coaguli di traffico, i rifiuti e addirittura il sovraccarico di informazioni che ci arrivano incondizionate attraverso la tecnologia. Tutto sembra muoversi senza limiti nell’era dell’Antropocene, l’attuale era geologica in cui siamo riusciti a modificare e plasmare a nostro piacimento ciò che ci circonda per soddisfare i nostri desideri e bisogni, quasi non curanti dell’effimerità del Capitale Naturale; è impossibile non pensare ad alcuni dei disastri ambientali degli ultimi anni: gli incendi in Amazzonia, in Australia e, più recentemente, negli Stati Uniti, gli incidenti delle petroliere in Siberia e alle Mauritius, le inondazioni che ciclicamente colpiscono vari stati nel mondo, compreso il nostro, e molto altro ancora che sfugge al nostro controllo.

In questo panorama sconsolato ci sono però degli elementi che ci fanno sperare in un futuro migliore. In primo luogo i movimenti ambientalisti che, iniziati negli anni 70 promuovendo l’idea di sviluppo sostenibile, finalmente hanno presa anche e soprattutto fra i giovani: mi riferisco alle manifestazioni “Fridays for Future”, promosse da Greta Thunberg, che hanno riunito migliaia di studenti nelle piazze d’Italia e d’Europa mostrando quanto le nuove generazioni siano consapevoli della situazione ambientale.

Inoltre è fondamentale sottolineare la rilevanza che sta acquisendo l’Economia Circolare, proposta come modello economico alternativo e come possibile soluzione per preservare le proprietà del nostro pianeta. Basta pensare che per raggiungere l’obiettivo di un’Unione Europea climaticamente neutra entro il 2050, all'interno dell'European Green Deal del 2019 viene indicato come possibile soluzione proprio il passaggio ad un modello di economia circolare, insieme ad un’agenda di azioni volte a promuovere l’efficienza delle risorse. L’auspicio è sicuramente che si possa cogliere l’occasione della ripartenza a seguito della pandemia globale che stiamo vivendo come un’opportunità per introdurre un modello economico più resiliente, quello, appunto, dell’economia circolare.

Il cambiamento è iniziato ed è necessario che continui ad accelerare se vogliamo recuperare gli errori del passato: solo così ed attraverso un passaggio alle fonti di energia rinnovabile e con un cambiamento nelle nostre abitudini quotidiane riusciremo a garantire uno sviluppo costante ma sostenibile, ovvero rivolto al benessere delle generazioni future.

 

Sofia Miotti

Neolaureata alla Università Degli Studi di Roma ' Tor Vergata'

 

 

 

 

 

 




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