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Rassegna del 31 Maggio 2018
    

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La Ue: stop a cotton fioc, posate, piatti e cannucce di plastica


Basta con alcuni prodotti di plastica usa-e-getta: bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per cocktail e aste per palloncini. Per poter essere venduti dovranno essere di materiali che si dissolvono nell’ambiente, come i piatti di carta, le stoviglie di plastica degradabile o i bastoncini cotonati . E poi i contenitori di plastica usa-e-getta per bevande dovranno avere attaccati i tappi e i coperchi, in modo che non vengano dispersi. Queste alcune delle proposte per una direttiva con cui la Commissione europea vuole frenare i rifiuti di plastica negli oceani tropicali ma, in misura minore, le spiagge europee: secondo una ricerca della Arcadis condotta per consto della Commissione Ue la quasi totalità dei rifiuti che si trovano sulle spiagge del Mediterraneo, dell’Atlantico e degli altri mari su cui s’affaccia l’Europa sono stati prodotti in prossimità della spiaggia dai turisti, come le stoviglie usa-e-getta, oppure nelle attività di pesca, come cassette di polistirolo per il pesce, cordami e frammenti di reti e galleggianti.

Se accettate, le nuove regole introdurranno obiettivi di riduzione del consumo: gli Stati membri dovranno ridurre l'uso di contenitori per alimenti e per bevande in plastica fissando obiettivi nazionali di riduzione, mettendo a disposizione prodotti alternativi presso i punti vendita, o impedendo che i prodotti di plastica siano forniti gratuitamente.

Come già avviene in Italia con il contributo Conai-Corepla per finanziare la raccolta differenziata e il riciclo, la direttiva prevede che i produttori contribuiranno a coprire i costi di gestione e bonifica dei rifiuti, come pure i costi delle misure di sensibilizzazione per i seguenti prodotti: contenitori per alimenti, pacchetti e involucri (per patatine e dolciumi), contenitori e tazze per bevande, prodotti del tabacco con filtro (come i mozziconi di sigaretta), salviette umidificate, palloncini e borse di plastica in materiale leggero. Sono previsti incentivi al settore industriale per lo sviluppo di alternative meno inquinanti.

Entro il 2025 gli Stati membri dovranno raccogliere il 90% delle bottiglie monouso introducendo sistemi come la cauzione-deposito.

Alcuni prodotti dovranno avere un'etichetta chiara e standardizzata che indica come devono essere smaltiti, il loro impatto negativo sull’ambiente e la presenza di plastica. Questa prescrizione si applica agli assorbenti igienici, alle salviette umidificate e ai palloncini. Infine, gli Stati dovranno sensibilizzare i consumatori all’incidenza negativa della dispersione nell’ambiente dei prodotti e degli attrezzi da pesca in plastica, ai sistemi di riutilizzo disponibili e alle migliori prassi di gestione dei rifiuti per questi prodotti.

Per quanto riguarda gli attrezzi da pesca, che rappresentano il 27% dei rifiuti trovati sulle spiagge, la Commissione ha indicato di voler completare il quadro normativo attuale con regimi di responsabilità del produttore per gli attrezzi da pesca contenenti plastica: i produttori dovranno coprire i costi della raccolta quando questi articoli sono dismessi e conferiti agli impianti portuali di raccolta, oltre ai costi del trasporto, del trattamento e delle misure di sensibilizzazione.

Tutti i prodotti oggetto delle nuove norme che dovranno essere approvate da Consiglio e Parlamento, rappresentano il 70% dei rifiuti marini. Nel mondo, le materie plastiche rappresentano l’85% dei rifiuti marini.
La Commissione calcola che se applicata, la direttiva eviterebbe l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente; eviterà danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030; genererà risparmi per i consumatori dell’ordine di 6,5 miliardi di euro.

I produttori di plastica
PlasticsEurope, che rappresenta i produttori di materie plastiche, «condivide l’obiettivo generale della direttiva»; la sporcizia in mare «è il risultato di una serie di fattori, i più importanti dei quali sono i comportamenti individuali e l’inadeguata gestione dei rifiuti addirittura assente in alcune parti del mondo. PlasticsEurope è in prima linea nella lotta alla dispersione delle plastiche nell’ambiente con il Voluntary Commitment, Plastics 2030 che ha l’obiettivo del completo recupero dei rifiuti in plastica entro il 2030».

Secondo l’associazione, la sporcizia in mare «è un problema complesso, e va affrontato su più fronti. Anzitutto, occorre modificare i comportamenti. Il consumatore deve agire con responsabilità nei confronti dei rifiuti in plastica e le istituzioni europee e nazionali e l’industria, devono sostenere questo cambiamento con opportuni programmi di educazione dei cittadini, in particolare delle giovani generazioni, per un pieno coinvolgimento e massima consapevolezza degli obiettivi dell’economia circolare. Occorrono poi infrastrutture adeguate per la gestione dei rifiuti».

Infine secondo PlasticsEurope «il divieto all’utilizzo di alcuni dei manufatti in plastica cosiddetti monouso, che, fra l’altro, hanno il minor impatto ambientale rispetto agli stessi prodotti in altri materiali, non è affatto la soluzione per risolvere il problema del marine litter. Si tratta, piuttosto, di una scorciatoia che non avrà effetti decisivi nella risoluzione del problema. La visione di PlasticsEurope è di evitare che qualsiasi rifiuto finisca in mare».

Greenpeace: servono misure più ambiziose
Greenpeace accoglie con favore la nuova proposta di direttiva, «un primo passo, importante e positivo, verso la riduzione degli imballaggi e dei contenitori in plastica monouso. Se vogliamo invertire la rotta è fondamentale eliminare al più presto tutti quegli oggetti per i quali sono già disponibili alternative sostenibili. La proposta della Commissione Ue è un buon passo avanti ma è necessario avere più coraggio e ambizione».

Wwf: servono obiettivi nazionali
Il Wwf considera la proposta di direttiva Ue sulla plastica presentato dalla Commissione «un passo essenziale che va nella giusta direzione», tuttavia «gli obiettivi ambiziosi di riduzione devono essere adottati a livello nazionale per quegli elementi che non sono stati esplicitamente vietati, e accompagnati da un’azione più forte a livello internazionale».

Legambiente: non basta
«Non tutte le misure previste affrontano alla radice i problemi veri», osserva Stefano Ciafani, presidente della Legambiente. «Mancano ad esempio norme sui bicchieri di plastica usa e getta e sull’eliminazione di sostanze tossiche. L’assenza di obiettivi specifici di riduzione per gli Stati membri, inoltre, rischia di essere controproducente». E «va nella giusta direzione ed è una buona notizia per l’ambiente», afferma la parlamentare di Leu Rossella Muroni, già presidente della Legambiente, rilevando che «l’Europa attenta all’ambiente, alla sostenibilità e al futuro è quella che ci piace».

Ocse, nel mondo si ricicla il 15% della plastica
Soltanto il 15% dei rifiuti di plastica viene riciclato nel mondo. Il 25% viene bruciato in inceneritori o termovalorizzatori. Il restante 60% va in discarica, viene bruciato all’aperto o finisce nell’ambiente. Lo rivela un rapporto dell’Ocse sul mercato della plastica riciclata. Nell’Unione europea si ricicla il 30% in media dei rifiuti di plastica, il 45% in Italia, negli Stati Uniti appena il 10%. Ma in molti paesi in via di sviluppo la raccolta e il trattamento incontrollati dei rifiuti sono ancora prevalenti. Il Pet delle bottiglie e il polietilene ad alta densità dei flaconi di detersivo sono i più riciclati (dal 19% all’85% a seconda dei paesi), mentre il polipropilene di tubi e cavi elettrici e il polistirene (meglio noto come polistirolo) sono ben poco recuperati (dall’1% al 21%).

 

Fonte: Il Sole 24 ORE, 28 maggio 2018




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