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05/08/2020

End of waste pneumatici fuori uso: mancano i copertoni e le camere d’aria delle biciclette

Lo schema di decreto ministeriale sulla cessazione della qualifica di rifiuto, in un periodo in cui si incentiva la “mobilità dolce”, non considera i rifiuti derivanti dalla sostituzione degli pneumatici e delle camere d’aria delle biciclette. Una dimenticanza che andrebbe corretta, se si considera che sono già in atto raccolte differenziate specificamente dedicate a questo genere di rifiuti.

Come è noto la sentenza del Consiglio di Stato n. 1229/2018 ha ritenuto che la Direttiva 2008/98/CE abbia riservato esclusivamente allo Stato, e non alle articolazioni interne del medesimo (Regioni, Città metropolitane, Province), la possibilità di determinare i criteri di dettaglio che, in assenza di Regolamenti europei, consentono di dimostrare il rispetto delle quattro condizioni indispensabili per la realizzazione dell’«end of waste».

Sebbene la sentenza fosse riferita ad una situazione specifica, il principio citato è stato ritenuto di valore generale dagli enti che rilasciano le autorizzazioni agli impianti di recupero, provocando di fatto una situazione di completo blocco dell’istruttoria delle istanze di rinnovo o delle modifica delle autorizzazioni rilasciate sulla base dell’art. 208 del D.Lgs. 152/2006 (autorizzazioni uniche per il trattamento di rifiuti) o di una Autorizzazione Integrata Ambientale.

Successivamente questa possibile interpretazione della disposizione europea, nel frattempo modificata per effetto della Direttiva 2018/851/UE, è stata codificata dalla Legge di conversione (L. 14 giugno 2019, n. 55) del cosiddetto decreto-legge “sblocca cantieri” mediante la riformulazione del comma 3 dell’art. 184-ter nei seguenti termini:

«3. […] Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto per il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorità competenti sulla base dei criteri indicati nell'allegato 1, suballegato 1, al citato decreto 5 febbraio 1998, nell'allegato 1, suballegato 1, al citato regolamento di cui al decreto 12 giugno 2002, n. 161, e nell'allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività».

sintesi, questa nuova formulazione della norma impediva il rinnovo delle autorizzazioni degli impianti di recupero che realizzavano la cessazione della qualifica di rifiuto di tipologie di rifiuto diverse da quelle individuate dai D.M. 5 febbraio 1998,  12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

Il comma 3 dell’articolo 184-ter del D.Lgs. 152/2006, in seguito, è stato modificato dal D.L. 3 settembre 2019, n. 101, (convertito, con modificazioni, dalla Legge 2 novembre 2019, n. 128), recependo la nuova formulazione della Direttiva 2008/98/CE, e attualmente dispone che:

«3. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:

a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;

b) processi e tecniche di trattamento consentiti;

c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;

e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità».

Le criticità del decreto sugli pneumatici

Nel caso dello schema di decreto ministeriale sulla cessazione della qualifica di rifiuto degli pneumatici, del quale si attende da tempo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, sono stati definiti i criteri specifici, superando la necessità di autorizzare gli impianti di recupero “caso per caso”, ma non è stato disciplinato in modo puntuale l’end of waste degli pneumatici per le biciclette e delle camere d’aria. Certo i quantitativi in gioco sono modesti, se paragonati a quelli degli pneumatici delle auto, ma è altrettanto vero che, da un lato, è stato lodevolmente incentivato l’acquisto delle biciclette, mentre, dall’altro, non si è provveduto a dare certezza agli operatori del recupero.

La questione merita attenzione, se si considera che sono già stati attivati specifici circuiti di microraccolta degli pneumatici per biciclette e camere d’aria. La raccolta differenziata, è ormai noto a tutti, è importantissima, ma è decisivo garantire l’esistenza, e la piena funzionalità, degli impianti di recupero. Non si può che auspicare un ampliamento dell’ambito di applicazione del decreto e una maggiore attenzione anche a flussi di rifiuti che possono agevolmente essere trasformati in veri e propri prodotti.

 


Il comma 4 dell’articolo  della direttiva 2008/98/CE ora è il seguente:

«4. Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana.

Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità della direttiva (UE) 2015/1535.

Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti»

 

Paolo Pipere

Consulente giuridico ambientale