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Attribuzione del codice al rifiuto. Un’operazione decisiva per la corretta gestione del rifiuto
Organizzazione del deposito temporaneo, scelta dei fornitori, adempimenti documentali per la tracciabilità. Un’attività apparentemente banale è il fondamento sul quale si basa la gestione dei rifiuti prodotti dalle imprese. di Paolo Pipere, Consulente giuridico ambientale I codici identificativi del rifiuto, tradizionalmente indicati come codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) e più recentemente denominati EER (Elenco Europeo dei Rifiuti), sono stati concepiti fondamentalmente per uniformare le statistiche sui rifiuti a livello europeo. Il tentativo è stato quello di associare alle principali attività economiche e ai singoli processi produttivi le tipologie di rifiuti più frequentemente prodotte con l’obiettivo di giungere ad acquisire dati sulla produzione, il trasporto entro i confini nazionali e le attività di recupero e smaltimento dei rifiuti. La struttura della “List of Waste” (LoW), la denominazione ufficiale dell’elenco, è però tale da prevedere che la tassonomia, oltre ad associare i rifiuti prodotti alle differenti attività economiche, consenta anche di acquisire informazioni sulle principali caratteristiche merceologiche degli stessi. Tutti i centri di ricerca ai quali la Commissione Europea ha richiesto di valutare l’opportunità di modificare la struttura dell’elenco hanno unanimemente confermato che l’attuale articolazione è inadatta a rappresentare la complessità del fenomeno. Con la Decisione 2014/955/UE, applicabile dal 1° giugno 2015, l’elenco in precedenza definito con la Decisione 2000/532/CE è stato però sostanzialmente confermato: solo tre nuove voci sono state aggiunte alle 839 precedentemente esistenti.
La sintassi del codice I codici EER sono composti da tre coppie di cifre. Di norma, ma non è sempre vero, la prima coppia di cifre indica la macroattività economica che ha generato il rifiuto, per esempio: 06 - rifiuti dei processi chimici inorganici. La seconda coppia di cifre, di norma, individua il processo produttivo o l’attività economica dai quali il rifiuto decade, per esempio: 06 01 - rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di acidi. Infine, la terza coppia di cifre identifica la tipologia di rifiuti prodotta da quel processo o da quella attività: 06 01 01* - acido solforico e acido solforoso. L’asterisco segnala che quella voce dell’elenco è da classificare come rifiuto pericoloso. Le eccezioni al principio generale sono costituite dalle classi 13 – Oli esauriti e residui di combustibili liquidi, 14 – Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto - e 15 – Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi, che considerano i rifiuti indipendentemente dal processo produttivo o dall’attività economica che li hanno generati. Si potrebbe definirle come classi trasversali ad ogni settore di attività economica. La classe 16 è la classe residuale - Rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco - e la 20 è riferita ai rifiuti urbani domestici e a quelli assimilabili prodotti dalle attività economiche.
Responsabilità del produttore Il produttore del rifiuto è il soggetto al quale, assumendo che possieda tutte le informazioni sulla natura e la composizione del residuo, la legge assegna il difficile compito di attribuire il codice EER. Nel nostro Paese i titoli abilitativi necessari a svolgere le attività di gestione dei rifiuti, fondamentalmente le iscrizioni all’Albo nazionale gestori ambientali e le autorizzazioni degli impianti di stoccaggio e trattamento, sono rilasciate sulla base della List of Waste. Per questo motivo la corretta attribuzione del codice CER/EER al rifiuto prodotto è essenziale per individuare i fornitori dei servizi di trasporto e gestione. Un’adeguata codifica, inoltre, in molti casi consente di comprendere se il rifiuto deve essere classificato e gestito come pericoloso oppure come non pericoloso. In particolare, ciò è vero nei casi in cui si tratti di una voce “non pericolosa assoluta” (absolute non-hazardous entry) dell’elenco o di una voce “pericolosa assoluta” (absolute hazardous entry). Qualora al rifiuto possano essere attribuite “voci a specchio” (mirror entry), la scelta fra la voce a specchio pericolosa (mirror hazardous entry) e quella non pericolosa (mirror non- hazardous entry) dovrà essere effettuata considerando la concentrazione delle sostanze pericolose presenti nel rifiuto.
Adempimenti L’adeguata attribuzione del codice al rifiuto, infine, è essenziale sia per individuare gli adempimenti documentali obbligatori sia per la corretta esecuzione degli stessi: compilazione dei formulari identificativi dei rifiuti, del registro di carico e scarico, del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD), della scheda movimentazione e del registro cronologico SISTRI. Un’operazione apparentemente di carattere burocratico amministrativo, spesso trascurata, è perciò essenziale per assicurare la corretta gestione, sostanziale e formale, dei rifiuti. di Paolo Pipere, Consulente giuridico ambientale
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