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I rifiuti elettronici valgono oro, ma noi li buttiamo!


I rifiuti elettronici valgono oro, ma noi li buttiamo!

53,6 milioni di tonnellate di smartphone, computer, frigoriferi e altra tecnologia nel 2019 sono finiti in discarica. È l'equivalente di almeno 350 navi da crociera - da ogni tonnellata potremmo ricavare più di 10mila Euro di metalli preziosi, ma l'Italia lascia il compito a operatori stranieri...

Almeno 25 anni. È quanto dovrebbe durare la vita di un televisore nelle intenzioni di chi lo progetta. Il più delle volte però, per motivi diversi come incompatibilità o nuovi standard tecnologici, dopo 7 anni il costoso ex oggetto del desiderio finisce nel cassonetto.

Lo stesso vale per gli smartphone (pensati per durare in media 5,2 anni ma gettati dopo meno di due) o per computer, frigoriferi, condizionatori e in genere tutta la tecnologia che si trova nelle nostre case. Una montagna di dispositivi che a ritmo serrato entrano dalla porta principale ed escono passando per la spazzatura.

Il risultato è che nel 2019 si è raggiunto il record di rifiuti elettronici prodotti arrivando a toccare le 53,6 milioni di tonnellate. Vale a dire circa 7 chilogrammi per abitante. Smartphone più, smartphone meno.

IL LUNGO VIAGGIO

Una quantità pari ad almeno 350 navi da crociera che, come se non bastasse il circolo vizioso consumista, hanno nel proprio destino le discariche a cielo aperto di tutto il mondo. Un viaggio lungo che, come spiega il rapporto Global E-waste Monitor 2020 redatto dall'Onu in collaborazione con diverse università e la International Solid Waste Association, nella maggioranza dei casi parte dal Vecchio Continente.

Gli europei infatti hanno la maggior produzione di e-waste, 16,2 chili, seguiti da Oceania (16,1), America (13,3), Asia (5,6) e Africa (2,5). Per l'Italia il rapporto stima una produzione di poco più di un milione di tonnellate, superiore a quello della Spagna ma molto inferiore a Gran Bretagna (1,5) e Germania (1,6), con una produzione procapite però tra i 15 e i 20 chilogrammi, tra le più alte. Numeri che peraltro sono destinati a crescere.

Entro il 2030 si stima che saranno 74 milioni le tonnellate di rifiuti tech prodotti. Una tendenza che per essere compensata avrebbe bisogno di una crescita altrettanto impetuosa del riciclo di questi materiali.

Peccato che nel 2019 siano stati riciclati solo il 17,4% di rifiuti nonostante il 71% della popolazione mondiale viva in Paesi che hanno regolamentazioni specifiche sui cosiddetti Raae (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). Politiche che però evidentemente non funzionano a dovere.

Non è un caso se l'Ue sta cercando di intervenire per limitare i cicli di vita brevi dei prodotti e garantire più opzioni per la riparazioni. Una visione che l'ha portata a inizio anno anche scontrarsi con un colosso come Apple. Bruxelles infatti ha votato una risoluzione con cui imporrà ai produttori di adeguarsi allo standard Type-C per la ricarica dei dispositivi.

L'obiettivo è fare in modo che i consumatori non debbano acquistare ogni volta nuovi caricabatterie e cavi (nel caso della Apple è diventato uno dei settori più redditizi) e, quindi, ridurre l'impatto tech sul Pianeta.

L'Italia dal canto suo, stando al Centro Coordinamento Raae, vanta per il 2019 una raccolta media pro capite di 5,68 chilogrammi, circa il 43% del totale. Un buon risultato che deve migliorare, se non per motivi ambientali almeno per quelli economici.

I TRATTAMENTI

«I Raee rappresentano una fonte di materie prime che potrebbe affrancare il Paese dalle importazioni provenienti da Cina, Africa e Sud America», spiega Danilo Fontana, ricercatore dell'Enea. Secondo le stime dell'Agenzia per l'innovazione infatti, dal trattamento di 1 tonnellata di schede elettroniche è possibile ricavare 129 kg di rame, 43 kg di stagno, 15 kg di piombo, 0,35 kg di argento e 0,24 kg di oro, per un valore complessivo di oltre 10 mila euro.

«Ma finora in Italia il settore si ferma al trattamento iniziale, quello meno remunerativo, lasciando ad operatori esteri il compito di recuperare la parte nobile del rifiuto». Un'opportunità che saremmo già pronti a sfruttare. I ricercatori di Enea hanno infatti messo a punto Romeo, il primo impianto pilota in Italia - a Roma - per il recupero di materiali preziosi da vecchi computer e cellulari.

Un processo che si sta cercando di trasferire all'industria e che ha unaresa del 95%nell'estrazione dioro, argento, platino, palladio, rame, stagno e piombo. Il tutto con il minimo impatto ambientale dato che le emissioni gassose vengono trattate e trasformate in reagenti da impiegare nuovamente nel processo stesso.

 

 Francesco Malfetano

 




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