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Rassegna del 10 Gennaio 2019
    

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L'anno che verrà


"Avete costruito strade su magnifici prati verdi per i vostri autocarri stracarichi di petrolio. E li costruite grandi e resistenti; loro continuano ad andare e voi non sembrate in grado di fermarvi. So che siamo venuti da lontano, cambiando giorno dopo giorno. Beh, avete spaccato il cielo, e i grattacieli ora riempiono l'aria. Continuerete a costruire fino a che non ci sarà più spazio lassù? Ci farete sorridere, ci farete piangere? Ci direte quando vivere, ci direte quando morire? Ma dite, dove giocheranno i bambini?"

È la traduzione di una parte del testo di "Where do the children play", brano di Cat Stevens, pubblicato nel novembre 1970. Avete capito bene, millenovecentosettanta, esattamente quarantanove anni fa. I cambiamenti, o meglio, il desiderio di cambiamenti, insieme ai problemi coinvolti nella fine degli anni '60, vengono espressi da Steven Demetre Georgiou (alias Jusuf Islam, alias Cat Stevens appunto) in questo brano, così come saranno il leitmotiv di moltissime sue canzoni.

Non spaventatevi, e non spaventiamoci, troppo, ma anche cinquant'anni fa c'erano la guerra, la povertà, l'espansione urbana e il disastro ecologico. E questi problemi che coinvolgono il nostro pianeta, l'unico che abbiamo al momento, non si sono mai risolti, anzi, sono andati peggiorando sempre più fino a raggiungere condizioni (non solo a mio avviso) gravissime negli ultimi anni.

Nessuno poteva immaginare, o meglio, qualcuno aveva paura di immaginare, che, a causa di errori umani per procedure sbagliate, il reattore di Chernobyl, il 26 aprile 1986, potesse esplodere, contaminando una zona vastissima comprendente anche l'Europa nord-orientale. E neppure che l'allagamento dei gruppi elettrogeni che servivano a raffreddare i reattori di Fukushima nel 2011, alimentati da motori diesel, costruiti a pochi metri sul livello del mare, potesse avvenire in seguito ad un (pronosticabile) maremoto.

Non è lontanissimo neppure il giorno in cui i social network misero on-line il filmato sulle isole di plastica, di cui fino a quel momento quasi nessuno era a conoscenza. Agglomerati galleggianti di materie plastiche portate a largo dalle correnti, grandi come la Sardegna o più. La plastica, si sa, non si degrada o, se lo fa, compie il suo ciclo in centinaia di anni... sufficienti abbastanza per annientare la specie umana. Quello che fa lentamente la plastica è di micronizzarsi, finendo nello stomaco e nella carne di molte specie di pesci, quindi nei nostri stomaci e nel nostro sangue (qui sarebbe bene che cominciassimo ad allarmarci tutti).

Ormai (non è certo un dato segreto) ci sono rimasti una ventina d'anni per salvare il pianeta, e con lui i figli dei nostri figli; venti anni che serviranno non a ripristinare una situazione idilliaca, ma ad arrestare il più possibile il problema del degrado, della polluzione e della contaminazione.

L'elezione di Trump alla Casa Bianca, con la nascita di nuovi equilibri, ha rotto il patto internazionale per la difesa dell'atmosfera determinato a Parigi nel 2015. Dalla COP24 di Katowice, in Polonia, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha speso queste parole:

"La lotta al cambiamento climatico è una questione di vita o di morte; non agire sarebbe un suicidio. Eppure i cambiamenti climatici avanzano più velocemente di noi e i problemi politici principali sono ancora irrisolti. Pur riconoscendo la complessità del nostro lavoro, la realtà è che non abbiamo più tempo da perdere (R.it, ndr)".

Vuol dire che se non ci si impegna in tempi brevissimi a seguire i protocolli e i percorsi da attuare nella riconversione a una economia a basso impatto ambientale, non potremo uscire da questa spirale di disfacimento e annientamento del sistema. Di contro, a ogni anno che passa senza che nulla avvenga, le lobby del petrolio registrano ancora profitti estremi.

È per questo (come diceva Enzo Jannacci: "quando si dice che è per principio, è per i soldi") che, alla conferenza di Katowice, il gruppo di Paesi formato da USA, Kuwait, Russia e Arabia Saudita (sempre quella di Bin Laden e degli accordi con il "povero" e idolatrato Bush padre), in un documento presentato dai 190 paesi membri, ha dichiarato di "aver preso atto" del documento e non di "aver apprezzato", cioè di essere d'accordo col documento stesso.

La coscienza popolare sarebbe, ed è, in questo senso fondamentale, e per stimolarla (o obbligarla, promulgando nuove leggi, e facendo rispettare quelle vecchie, in materia di salvaguardia dell'ambiente) c'è la necessità che i nostri governi siano liberi e scevri da compromessi in tal senso.

Intanto, come scriveva il buon Lucio Dalla: "L'anno che sta arrivando tra un anno passerà... io mi sto preparando, è questa la novità!" A tutti "Buon Anno che verrà".

 

Fonte: HUFFPOST, 8 gennaio 2019




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