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La natura rivive, ma è più sola


La natura rivive, ma è più sola

Una ricerca italiana ha indagato sugli effetti del lockdown sulla nostra fauna: se da un lato è vero che alcuni animali hanno beneficiato della nostra assenza, dall’altro il confinamento ha impedito la messa in opera di progetti di conservazione

“La natura si riprende i suoi spazi”. Questa frase dal sapore romantico ci ha accompagnati durante i mesi del lockdown. I social e i media ci parlavano di animali selvatici a passeggio tra le vie di città deserte, contribuendo all’atmosfera surreale di quei giorni. Sensazioni a parte, cos’ è successo al mondo animale durante il lockdown? Un ricerca appena pubblicata su Biological Conservation ha cercato di fare il punto sugli effetti del confinamento sociale sulla fauna italiana, rivelando luci e ombre.

I ricercatori hanno raccolto i post e le news pubblicate dall’inizio del lockdown fino al 23 Aprile sulla presenza di animali selvatici nelle strade di città e paesi. Nel 27% dei casi le specie segnalate erano già presenti nei contesti urbani da prima del lockdown, ma è aumentato il numero di persone che si sono rese conto della loro presenza. Naturalisti e appassionati hanno sfoderato il binocolo per esplorare la natura dietro casa, e questo ad esempio ha portato a un aumento degli avvistamenti di molte specie di uccelli. Senza contare il fatto che, in assenza dei rumori del traffico, i versi degli uccelli erano più facilmente percepibili dal fine udito degli appassionati ornitologi. “C’è stato sicuramente un aumento delle persone che hanno contato gli animali da casa” spiega Emiliano Mori, ricercatore presso l’istituto di ricerca ecosistemi terrestri del Cnr, e coautore dello studio. “Durante il lockdown sono stati promossi molti progetti di citizen science, progetti scientifici che coinvolgono i cittadini per la raccolta dati. Ad esempio, la  piattaforma iNaturalist ha lanciato un bioblitz in cui invitava gli utenti a osservare e identificare le specie di avifauna dalle finestre di casa”.

Complici le strade deserte, le specie già abituate ai contesti urbani hanno aumentato l’intensità delle loro visite. “L’istrice è una specie che già frequentava alcuni contesti urbani, ma nel periodo del lockdown le segnalazioni su iNaturalist sono aumentate in modo significativo” prosegue il ricercatore. Per alcune specie la minore presenza umana ha rappresentato un’opportunità per sfruttare luoghi normalmente affollati. È il caso del fratino, un piccolo uccello che vive negli ambienti costieri, minacciato dall’ingente presenza turistica sui nostri litorali. Nella laguna di Venezia il numero di coppie nidificanti è rimasto lo stesso nel 2020,  ma è aumentata l’area di distribuzione: approfittando dell’assenza delle persone i fratini hanno nidificato anche nella turistica Punta Sabbioni, per la prima volta. In altri casi il lockdown ha avuto effetti positivi sulla riproduzione: “i nidi di rondone hanno ospitato nidiate più numerose, come rivelano i dati di monitoraggio di una colonia nel bresciano- spiega Emiliano Mori- questo potrebbe essere legato a un aumento degli insetti di cui i rondoni si nutrono, dovuto al minore inquinamento atmosferico e all’interruzione degli interventi di disinfestazione con insetticidi”.

M il lockdown ha avuto anche effetti negativi per la biodiversità: “Abbiamo somministrato un sondaggio a 17 Parchi Nazionali e 37 Parchi Regionali di Lombardia e Piemonte, tra le zone maggiormente colpite dal COVID-19”- racconta Mori- “circa il 75% delle aree protette in cui erano condotti interventi di controllo numerico o eradicazione delle specie aliene invasive sono state costrette a interrompere o posticipare le attività. Ciò in molti casi ha vanificato gli sforzi fatti in precedenza: la maggior parte di queste specie si riproduce molto velocemente, si pensi ad esempio ai ratti o alle nutrie”. Il sondaggio ha inoltre confermato che anche circa il 60% delle attività di tutela di specie protette ha subito una pausa o un ritardo nell’applicazione. Senza contare che in alcuni casi il lockdown ha favorito il bracconaggio: in l’Italia c’è stato un aumento di casi ai danni dell’avifauna migratoria.

Insomma, la natura rivive in nostra assenza è un po’ una semplificazione, il fenomeno è decisamente più complesso, e non per forza positivo. Quello che è sicuro è che è fondamentale cogliere questa sorta di esperimento naturale, definito dagli scienziati “antropausa”, per capire in modo approfondito il nostro impatto sulla natura e sviluppare strategie di intervento sul lungo termine, per mettere al primo posto la tutela della biodiversità, che come ha mostrato questa pandemia è anche la nostra tutela.

 Laura Scillitani

 

Foto di <a href="https://pixabay.com/it/users/Splashi-622646/?utm_source=link-attribution&amp;utm_medium=referral&amp;utm_campaign=image&amp;utm_content=1494433">Christian S</a> da <a href="https://pixabay.com/it/?utm_source=link-attribution&amp;utm_medium=referral&amp;utm_campaign=image&amp;utm_content=1494433">Pixabay</a>





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