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Rassegna del 16 Maggio 2019
    

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'Acque del Gran Sasso inquinate, a rischio 700mila persone', ma c'è l'intesa per non chiudere l'autostrada.


L'Osservatorio indipendente sull'Acqua del Gran Sasso ha illustrato in Senato sulle condizioni dell'acquifero dell'area vicino alle gallerie autostradali (presto chiuse) e l'Istituto nazionale di Fisica nucleare.

Un'Italia che non solo rischia di restare "tagliata in due" a causa della chiusura di due tratte autostradali in Abruzzo, ma che dovrà fare i conti anche e soprattutto con un bacino idrico inquinato che "oggi rifornisce oltre 700mila persone". Anche se a fine giornata dal Ministero delle Infrastrutture fanno sapere che la riunione è stata "costruttiva" e si lavora ad un'intesa che sollevi la Strada dei Parchi dalle responsabilità e per trovare le risorse con tutte le amministrazioni pubbliche per intervenire urgentemente e sanare la situazione a rischio di inquinamento delle acque.

L'Osservatorio Indipendente sull'Acqua del Gran Sasso ha riferito in Senato sulle condizioni dell'acquifero che coinvolge una vasta area del centro Italia dove gallerie autostradali e i laboratori sotterranei dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare mettono a rischio uno dei più importanti bacini idrici all'interno di un parco nazionale.  

La questione è relativa all'inchiesta della procura di Teramo sul rischio di inquinamento delle falde acquifere del Gran Sasso aperta dopo uno sversamento avvenuto nel 2002 di materiali tossici fuoriusciti dall'Istituto nazionale di fisica nucleare, i cui laboratori si trovano nel cuore della montagna e sono a stretto contatto con tunnel e il sistema di veicolazione delle acque montane. Pochi anni fa, fra il 2016 e il 2017, fu imposta la chiusura dei rubinetti nell'area proprio a causa di una rilevata presenza di toulene nelle acque.  
A pochi giorni dal 19 maggio, data in cui verranno chiusi due tratti dell'A24 di circa 10 km, l’Osservatorio - promosso da Wwf, Legambiente, Mountain Wilderness, Arci, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia - Gadit, Fiab, Cai e Italia Nostra ha illustrato i dati relativi allo stato di salute delle acque che riforniscono le province di L’Aquila, Teramo e Pescara.
 
Mentre a breve si potrebbe decidere per la dichiarazione dello stato di emergenza e l'eventuale nomina di un commissario straordinario governativo, l'Osservatorio ha raccontato come nel "corso degli anni, per evitare la pressione sulle gallerie e sui laboratori, l’acqua della falda è stata captata e utilizzata per la distribuzione potabile. Circa 100 litri al secondo vengono prelevati dall’area dei Laboratori e circa 700 litri al secondo dall’area delle gallerie". Sostiene che la mancata impermeabilizzazione delle gallerie e dei laboratori "ha determinato negli anni molteplici problemi" sino al maggio  2017, quando per due giorni fu vietato il consumo di acqua in gran parte della provincia di Teramo dopo che la Asl che aveva evidenziato problemi nell’acqua proveniente dal Gran Sasso. A seguito di quest’ultimo incidente, il 13 settembre prossimo inizierà un processo che vede imputati i vertici della Strada dei Parchi SpA, dell’Infn e della Ruzzo Reti.

In questo contesto e in vista di un eventuale commissariamento, l'Osservatorio ha ribadito che "l'accelerazione delle procedure non può essere a scapito del rispetto della normativa posta a difesa dell’ambiente e della salute umana: l’acquifero del Gran Sasso fornisce acqua ad oltre la metà degli abruzzesi e questa volta la messa in sicurezza questa volta deve essere completa e definitiva". E' ancora più esplicito quando sostiene che "non si tratta di superare una situazione d’emergenza per la paventata chiusura delle gallerie autostradali, ma di rendere finalmente impermeabili gallerie e laboratori rispetto all’acquifero".
 
L'unico mondo per rendere veramente sicure le acque, sostiene l'insieme di associazioni, è che lo Stato metta a disposizione i 172 milioni di euro necessari per gestire il rischio idrico e che questi soldi vengano amministrati con "partecipazione e trasparenza", fattore che "mal si concilia con un commissariamento", scrive l'Osservatorio, augurandosi di non dovere arrivare al punto di avere un commissario.
 
"Bisogna intervenire in tempi rapidi - sottolinea Dante Caserta, vicepresidente del Wwf - per mettere in sicurezza il Traforo. Lo stanziamento previsto è di circa 170 milioni di euro; ma, ad oggi, si parla solo di individuare il commissario ma non si dice nulla sugli interventi".
 
Annalisa Mandorino, vice segretaria di Cittadinanza Attiva, aggiunge che "nei laboratori sono state stoccate sostanze pericolose per diverse migliaia di tonnellate (benzene, acqua ragia)  che, in base alla normativa Seveso, non potrebbero essere stoccate lì. Questi laboratori furono già sequestrati dopo l’incidente del 2002. Furono stanziati 80 milioni di euro per l’impermeabilizzazione delle gallerie ma non si capisce che fine abbiamo fatto questi fondi”.
 
Ad oggi, secondo l'Osservatorio, nei laboratori dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare ci sono circa di 1.000 tonnellate di acquaragia e 1.292 tonnellate di trimetilbenzene. L'unico modo per gestire la sicurezza della rete idrica è "garantire l'abbassamento del rischio per l'acqua avviando da subito le azioni necessarie per rimuovere dai laboratori le sostanze pericolose che peraltro già oggi non potrebbero essere stoccate all'interno di un acquifero" chiosa l'Osservatorio.
Fonte: Repubblica, 13 maggio 2019.




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