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Rassegna del 3 Ottobre 2019
    

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Molte parole e pochi fatti


Molte parole e pochi fatti

The Economist, Regno Unito

All’incontro sul clima i leader mondiali non hanno preso misure concrete per fermare l’aumento delle temperature e ridurre le emissioni


Il 23 settembre gli attivisti per l’ambiente hanno inviato un messaggio chiaro ai leader mondiali riuniti al vertice sul clima delle Nazioni Unite, a New York. Greta Thunberg, svedese di 16 anni, ha guidato la protesta chiedendo ai politici d’intervenire per limitare l’aumento delle temperature: “Gli occhi delle generazioni future sono puntati su di voi”, ha detto alla platea. “Se sceglierete di tradirci, non vi perdoneremo mai”.

Le istruzioni del segretario generale dell’Onu, António Guterres, sono state più specifiche. Alla vigilia del vertice Guterres aveva invitato i governi a presentare nuovi progetti in ambiti come il carbon pricing (costo sulle emissioni) e la riforestazione, con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. “Non ho la pretesa di governare il mondo”, ha detto, “ma ho il compito di dire al mondo cosa è necessario fare”.

Il vertice si è concluso con una raffica di nuovi annunci, tra cui l’impegno di 66 governi, 93 aziende e più di cento amministrazioni comunali a raggiungere quell’obiettivo. La Germania e la Slovacchia sono entrate a far parte di un’alleanza di 32 paesi per fermare la costruzione di nuove centrali a carbone. Varie aziende e gruppi industriali hanno annunciato nuove misure per ridurre le emissioni prodotte da edifici e mezzi di trasporto. Il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha fissato l’obiettivo di 450 gigawatt per le energie rinnovabili entro il 2030, ossia cinque volte i livelli attuali. Guterres ha sottolineato il buon esito del vertice. “Oggi, in questa sala, il mondo ha ascoltato ambizioni chiare e iniziative concrete”.


Insoddisfazione

Alcuni annunci sono stati promesse di annunci futuri. I rappresentanti di 59 paesi hanno dichiarato che presto saranno comunicati obiettivi più ambiziosi in base all’accordo di Parigi, il cui scopo è mantenere l’aumento della temperatura globale “ben al di sotto” dei due gradi rispetto all’era preindustriale. Nel 2020 sarà discusso un allargamento globale di questi impegni. “Sono passi importanti”, dice Nathaniel Keohane del Fondo per la difesa dell’ambiente. “Ma saranno utili solo se diventeranno azioni concrete”.

Eppure, anche se tutte le promesse fossero mantenute, resta un divario enorme tra gli impegni presi e quello di cui il pianeta avrebbe davvero bisogno. Stati Uniti, Cina e India, i tre paesi più inquinanti, non hanno chiarito come intendono raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette. L’India investe nelle energie rinnovabili, ma allo stesso tempo le banche statali sostengono lo sviluppo dell’industria del carbone. La Russia ha annunciato di voler ratificare l’accordo di Parigi, ma gli obiettivi fissati da Mosca sono limitati. Donald Trump, che poco dopo la sua elezione aveva annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo, ha fatto una breve apparizione ma non ha parlato.

Gli attivisti sono profondamente insoddisfatti. Thunberg e altri ragazzi hanno depositato una denuncia in cui accusano cinque paesi di aver violato i loro diritti umani ignorando la crisi climatica. I paesi sono Germania, Francia, Brasile, Argentina e Turchia, che permettono questo tipo di denuncia in base alla Convenzione dei diritti dei bambini.

Mentre nella sede delle Nazioni Unite il vertice stava per finire, a pochi chilometri di distanza una riunione delle grandi aziende petrolifere dimostrava alla perfezione il divario tra le intenzioni e la realtà attuale. Alla Morgan library, i capi delle più grandi aziende mondiali hanno partecipato a un incontro organizzato dalla Oil and gas climate initiative, un progetto nato dallo sforzo congiunto per investire nelle tecnologie che potrebbero attenuare il cambiamento climatico. Per più di due ore i capi di aziende come ExxonMobil, Royal Dutch Shell e BP hanno difeso il loro operato nella lotta contro l’aumento delle temperature. I vertici dell’industria petrolifera hanno promesso di limitare le emissioni di metano e sottolineato gli investimenti nella ricerca in ambiti come la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica. Ma hanno difeso la loro decisione di investire in nuovi progetti estrattivi. Nessuna grande azienda ha dichiarato che ridurrà in termini assoluti le emissioni derivate dai propri prodotti. “Capisco la delusione di chi vorrebbe sentirci dire che siamo pronti a dichiarare bancarotta”, ha detto Mike Wirth, amministratore delegato della Chevron. “Ma noi andiamo incontro alla domanda per un prodotto che migliora la qualità della vita nel mondo”.

Le proteste dello scorso 20 settembre non saranno le ultime.

 




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