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Parchi in pericolo, ma abbiamo armi per proteggerli - di Piero Genovesi


Parchi in pericolo, ma abbiamo armi per proteggerli - di Piero Genovesi

Le specie invasive hanno contribuito all'estinzione del 25% delle piante e del 33% degli animali. Per fortuna ora sappiamo come combatterle. Il bilancio di un progetto europeo lungo quattro anni, in un convegno organizzato dall'Ispra

Proteggere quel che resta degli spazi naturali è essenziale per tutelare le specie, gli habitat e i paesaggi minacciati dall’impatto dell’uomo. Edward O. Wilson nel suo libro del 2016 “Metà della terra, salvare il futuro della vita”, chiedeva di salvaguardare metà del pianeta per preservare la biodiversità da cui dipendiamo, ricordando i crescenti pericoli che corrono tutti gli ambienti naturali. Istituire aree protette non è però sufficiente, perché sono molti i pericoli che minacciano anche i parchi, e come ricordava anche Wilson nel suo bellissimo libro, uno dei più subdoli è rappresentato dalle specie aliene invasive, organismi che l’uomo sposta da un capo all’altro del mondo, in alcuni casi causando impatti gravissimi, anche nelle aree più remote. Per esempio il ratto canguro del deserto, un marsupiale grande come un piccolo coniglio che abitava le dune sabbiose dell’Australia nord-orientale, si è estinto a causa dei predatori introdotti dall’uomo in quel continente e lo stesso destino ha colpito decine di specie in tutto il mondo, comprese aree protette isolate come le Galapagos o le isole Hawaii, considerato che le specie invasive hanno contribuito al 25% delle estinzioni di piante e al 33% di quelle animali.

Uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications ha analizzato i possibili effetti su 199.957 aree protette del mondo di 894 specie animali invasive note per essere particolarmente pericolose. I risultati dell’indagine indicano che le specie invasive sono presenti vicinissimo ai confini dell’89% dei parchi, che sono quindi a forte rischio, anche considerato che le specie invasive a più alto impatto troverebbero condizioni ambientali idonee per insediarsi nel 95% dei territori protetti.

Il campanello d’allarme lanciato dallo studio conferma quanto aveva indicato un articolo pubblicato solo tre mesi fa, che analizzando 21 aree protette distribuite in tutti i continenti ha concluso che in queste aree negli ultimi 30 anni il numero di specie invasive è aumentato del 31% e che questa minaccia è ritenuta dai gestori delle aree protette maggiore oggi rispetto al passato, nonostante l’aumento degli sforzi per combatterla.
 
Fortunatamente ci sono anche buone notizie, perché oggi le aree protette riescono a contrastare meglio di un tempo questa minaccia, come nel caso dell’isola di Montecristo, dove fino a pochi anni fa i ratti distruggevano sistematicamente i nidi della berta minore, ma in seguito ad un intervento di rimozione dei roditori il successo di nidificazione di questo raro uccello marino è aumentato esponenzialmente.
 
È quindi essenziale migliorare la capacità di risposta delle aree protette alle specie invasive e per questo sono state pubblicate in questi giorni linee guida tecniche, elaborate nell’ambito di Life ASAP, un progetto cofinanziato dall’Unione Europea durato quattro anni e che si sta concludendo in questi giorni. Questo e altri risultati del progetto sono stati presentati in un convegno diffuso  il 23 giugno, e prosegue con eventi satellite nei due giorni successivi.




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