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Rassegna del 13 Giugno 2019
    

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Vaticano: ambiente e povertà, invertire la rotta seguendo la Laudato si’


Gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile promossi dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sono lì davanti a noi, a distanza di una manciata di anni, e provano a disegnare una strada percorribile per mettere in salvo un pianeta sull’orlo del collasso. Una Terra colpita dal cambiamento climatico, dalla povertà, dalla riduzione delle risorse idriche, mentre è urgente diffondere conoscenze e scolarizzazione, superare i conflitti, costruire città a misura d’uomo e d’ambiente, combattere le diseguaglianze, salvaguardare gli ecosistemi e la biodiversità, vivere non solo e non più secondo l’unica regola del profitto e del consumo ma secondo i principi della condivisione dei beni, della solidarietà di una politica al servizio delle persone.

L’Agenda 2030 dell’Onu e la Laudato si’

Utopie? Forse, ma di certo fuori da questa visione larga e inclusiva s’intravedono i rischi di una progressiva distruzione della vita e dei legami sociali. L’Agenda 2030 dell’Onu (che risale al 2015), d’altro canto, ha molto in comune con l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’ (giugno 2015), nella quale quest’insieme di problemi e di risposte prendono il nome di «ecologia integrale»; ovvero non più solo l’ecologia, la finanza, la povertà come questioni separate l’una dall’altra ma tutte strettamente interconnesse a tracciare quell’interdipendenza che è il segno dell’epoca attuale. Tuttavia a questo quadro Francesco ha aggiunto un elemento: una visione umanistica cristiana che restituisce senso al destino di ogni donna e ogni uomo.

Con quali strumenti costruire l’ecologia integrale

Quest’insieme di temi e di prospettive hanno fatto da sfondo alla conferenza internazionale dal titolo La Dottrina Sociale della Chiesa dalle radici all’era digitale: come vivere la Laudato si’, promossa dalla Fondazione Centesimus Annus dal 6 all’8 giugno nell’Aula del Sinodo in Vaticano. Si tratta di un appuntamento ormai tradizionale che vede confluire Oltretevere studiosi, economisti, rappresentanti della Chiesa e delle istituzioni per provare a tracciare la mappa del mondo di domani e magari dare una mano a cambiare le cose mettendo in comune idee, progetti esperienze. Nello specifico, secondo la Fondazione – guidata dal marzo scorso dalla neopresidente Anna Maria Tarantola ( ex presidente della Rai ed ex vice direttore generale della Banca d’Italia, attualmente nel board della Fondazione Bambin Gesù) - vanno approfonditi alcuni aspetti fondamentali: «Quali modelli di produzione, consumo e finanziari testimoniano l’applicazione concreta dell’ecologia integrale? Quali comportamenti, individuali e collettivi, e quali buone pratiche possono favorire e promuovere lo sviluppo umano integrale e nello stesso tempo proteggere la natura?». E ancora, come è «possibile far emergere e diffondere la cultura della conservazione del capitale naturale e il senso delle responsabilità connesse alle decisioni di ogni giorno che possono avere effetto su questa ricchezza? In che modo l’adozione dell’approccio dell’ecologia integrale può promuovere un nuovo modello di sviluppo sostenibile in tempi rapidi considerando le molte emergenze che il nostro pianeta si trova ad affrontare?». 

Janez Potocnik, responsabile per le politiche ambientali delle Nazioni Unite, ne fa anche una questione di metodo e di scelte che devono essere ben meditate: «Non si raggiunge l’obiettivo – ha detto - camminando più velocemente, se si va nella direzione sbagliata. Se non cambiamo il modello economico in maniera fondamentale, gli obiettivi di sostenibilità ambientale non saranno raggiunti». Fra gli intervenuti anche monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica), per il quale il livello raggiunto dalla povertà a livello globale «suggerisce che è in atto un sistema che inficia la qualità della vita a venire di tutti. La salute del pianeta si verifica misurando l’estendersi progressivo della povertà».

 “Obbligazioni verdi”

Determinante per cambiare strada è la ‘conversione’ dell’economia e in particolare della finanza verso una impostazione che guardi al bene comune e non segua il solo criterio speculativo. Flavia Micilotta, esperta europea di investimenti sostenibili (direttore fra l’altro del Luxembourg Green exchange), ha spiegato cosa sono le «obbligazioni verdi», strumenti finanziari “sostenibili”, il cui giro d’affari sta crescendo e che è importante riuscire a implementare ancora. «Le obbligazioni verdi, sociali e sostenibili – ha detto - sono qualsiasi tipo di strumento obbligazionario in cui i proventi saranno applicati esclusivamente a progetti ambientali e sociali ammissibili o una combinazione di entrambi». Nello specifico, ha precisato l’esperta, «le obbligazioni verdi sono qualsiasi tipo di strumento obbligazionario in cui i proventi saranno esclusivamente utilizzati per finanziare o rifinanziare progetti con chiari vantaggi ambientali». «I social bond (obbligazioni sociali, ndr) – ha aggiunto - finanziano progetti che mirano direttamente ad affrontare o attenuare uno specifico problema sociale e/o cercano di ottenere risultati sociali positivi, specialmente ma non esclusivamente per una o più popolazioni». Infine le obbligazioni di sostenibilità sono qualsiasi tipo «di strumento obbligazionario in cui i proventi saranno esclusivamente utilizzati per finanziare o rifinanziare una combinazione di progetti verdi e sociali» e che rispettano determinati parametri. In generale tutti e tre questi tipi di obbligazioni «sono strumenti regolamentati soggetti allo stesso mercato dei capitali e regolamentazione finanziaria degli altri titoli a reddito fisso quotati», insomma a cambiare sono gli scopi.

Le società aperte favoriscono lo sviluppo sostenibile

Stefano Manservisi, direttore generale per la cooperazione e lo sviluppo della Commissione europea, ha ricordato alcune priorità che è necessario tenere presenti per raggiungere l’obiettivo comune e condiviso di uno sviluppo sostenibile. In primo luogo, ha detto, «dobbiamo rimanere legati al multilateralismo con l’Onu al centro. Si tratta di una cooperazione vera e inclusiva. Sappiamo tutti che i processi multilaterali possono essere dispendiosi in termini di tempo e frustranti e dobbiamo migliorarne l'efficienza e la trasparenza, ma per l’UE non esiste altro modo. Riguarda la sostenibilità a lungo termine». In secondo luogo «dobbiamo essere tutti più umili» perché nessuno ha tutte le soluzioni e bisogna imparare anche dagli altri. Infine, ha detto Manservisi, «non posso concludere senza sottolineare l'importanza delle società aperte (open society). È importante prendersi cura di valori come democrazia, diritti umani, tolleranza reciproca e rispetto. Ad esempio, per l’Europa, questo è uno dei nostri beni più rilevanti. L’Agenda 2030 riguarda la trasformazione e per trasformarsi una società deve essere aperta e plurale nei suoi processi decisionali».




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