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Rassegna del 18 ottobre 2018
    

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7 modi di interpretare l’economia circolare


Dal suo significato odierno agli esempi più virtuosi, dai consigli per tutti fino alla sharing economy, per arrivare alla politica e al mondo della finanza: ecco un po’ di cose da sapere a proposito di circular economy

L’idea della circular economy risale a più di 40 anni fa e, culturalmente, il pensiero sistemico che si porta dietro ha iniziato a imporsi già negli anni Settanta. Oggi il concetto di circolarità è un macro-tema che trova applicazione dal mondo del lavoro alla finanza, dalla politica alla nostra vita quotidiana, e si presta a infinite interpretazioni.

Come mettere un po’ d’ordine? Insieme a Francesco Sacco, economista dell’università Bocconi di Milano, il tema è stato affrontato durante l’ultima diretta del progetto #ProtectYourLife, nella quale si è raccontato che cos’è la circular economy oggi, quali sono i trend emergenti e su quali elementi si creano più spesso malintesi o luoghi comuni poco sensati. Durante l’incontro live si è parlato di come riuscire a pensare circolare e di come applicare alla nostra quotidianità le pratiche virtuose, tanto nel lavoro quanto in ambiente domestico.

Insomma, obiettivi di cambiamento positivo e di empowerment personale e aziendale, che rientrano nell’iniziativa social #ProtectYourLife ideata da Genertel. La compagnia assicurativa online di Generali Italia, infatti, promuove una serie di appuntamenti live – tramite i canali social – con esperti e influencer, disponibili a interagire direttamente online e che si possono seguire sul web attraverso le stories ralative al backstage e tramite il live tweeting, dando vita a una conversazione multi-piattaforma.

1. La circular economy nel dizionario contemporaneo
Come raccontare che cos’è oggi la circolarità? Anzitutto è un sistema in cui le risorse naturali sono mantenute in uso il più a lungo possibile per ottimizzare il loro consumo, e in cui i prodotti usati vengono ulteriormente trasformati quando arrivano alla fine del loro ciclo di vita.

Definizioni come questa evidenziano il cambio di paradigma rispetto al modello economico produzione-consumo-scarto (in inglese take–make–dispose), che ha invece una struttura basata sulla linearità dei processi.

L’altro elemento su cui vale la pena di soffermarsi è il riciclo: anche se è una parte importante dell’economia circolare, non è l’unico aspetto rilevante né il primo a cui pensare. I produttori, infatti, fin dalla fase progettuale dovrebbero considerare l’intero ciclo di vita di un prodotto, o addirittura tenere conto di più cicli di vita. Un prodotto ben ideato può essere infatti utilizzato, riutilizzato più volte e rinnovato, per essere solo alla fine riciclato in un altro prodotto che segua un ciclo analogo.

2. Sharing is caring: i vantaggi del condividere
L’economia della condivisione e i modelli collaborativi creati nell’ottica della sharing economy sono esempi virtuosi, perché estendono la durata dei prodotti o ne massimizzano l’utilizzo durante il periodo di vita utile. Circolarità significa anche pensare al servizio piuttosto che al prodotto: il leasing a breve tempo e i sistemi per la condivisione di strumenti sono esempi eclatanti di sharing economy, un tema su cui abbiamo statistiche capaci di evidenziare i trend di crescita. A livello di vantaggi, un esempio vale più di mille parole: secondo Ernst & Young, una sola automobile condivisa può sostituire tra i 9 e i 13 veicoli di proprietà utilizzati da una sola persona ciascuno.

3. Il modello d’impresa circolare e le sue virtù
Le belle storie di economia circolare non mancano, tanto in Italia quanto fuori dal nostro Paese. Una di queste è Aquafil, che ricicla le reti da pesca abbandonate in mare, ricavandone un filo di nylon, e le trasforma in abiti e tappeti, come ad esempio t-shirt, moquette e altro. Oppure Re-Tek, che ha messo a punto un sistema per il riciclo dell’hardware impiegato nel settore dell’information technology. Si può continuare, tra i tantissimi esempi, con le bottiglie per detergenti per la casa ideate da Splosh, ricaricabili e sostituite gratuitamente quando si rompono. Storie d’impresa come queste raccontano che oggi il modello circolare non è solo un’alternativa al passato, ma è la base per nuovi modi di interpretare l’imprenditoria.

4. La finanza impara a farsi circolare
Quando si tratta di orientarsi tra gli strumenti finanziari, oggi esiste un’offerta crescente di investimenti circolari tra cui scegliere. Il trend della cosiddetta impact financing rappresenta la nuova frontiera della finanza sostenibile, perché ora si possono selezionare investimenti che hanno l’obiettivo non solo del profitto, ma anche di avere un impatto positivo sul nostro mondo. Sempre nell’ottica della sostenibilità, questa volta in senso sociale, c’è poi il fenomeno del peer-to-peer lending, ossia del prestito tra pari, tra individui privati. Questo trend è agevolato dalla tecnologia e dal web, anche se rappresenta contemporaneamente un ritorno alle origini del sistema creditizio. E da ultimi, non certo per importanza, ci sono metodi di pagamento alternativi che sostengono l’economia circolare, spesso tramite sistemi di buoni spesa e sconti riservati ai più virtuosi.

5. Le nuove generazioni penetrano il mondo del lavoro
Possono essere incluse nell’ambito della circular economy anche iniziative come le banche del tempo, che permettono di gestire al meglio l’incrocio tra domanda e offerta per i piccoli lavoretti quotidiani, o le forme di reddito di inclusione o di cittadinanza. A prescindere dalle sfumature politiche che queste iniziative inevitabilmente portano con sé, si tratta di soluzioni potenzialmente capaci di rendere l’economia più circolare. Non va poi scordato il divario generazionale che distingue la generazione Z (ossia i nati dalla metà degli anni Novanta in poi) da tutte le precedenti: l’attenzione alla sostenibilità, il valore morale della mission di un’azienda e l’etica sul lavoro sono aspetti ormai irrinunciabili per i giovani lavoratori.

Per dare qualche numero, secondo una ricerca australiana i giovani sarebbero disposti a rinunciare fino a un quinto del proprio stipendio pur di lavorare per un’impresa che si dimostra virtuosa e attenta ai temi della circolarità. E infine il superamento del modello economico lineare apre anche nuove opportunità lavorative, crea professioni che in passato non sarebbero mai potute esistere.

6. Il buon vivere sostenibile, giorno per giorno
Come si può diventare un po’ più circolari? Può sembrare una frase fatta, ma prima di tutto conviene abituarsi a pensare circolare in tutti i momenti della nostra giornata, lavorativa e non. Per un’impresa questo vuol dire includere l’elemento della circolarità già a livello del modello di business, tra gli elementi essenziali di progettazione dei flussi di lavoro. Ma significa anche abituarsi all’approccio del design thinking, in cui l’iter per la risoluzione dei problemi è ispirato al metodo scientifico e le decisioni vengono prese sfruttando le potenzialità del pensiero creativo, proprio come fanno i designer.

In casa, poi, sta prendendo piede il modello del long lasting design, la scelta di soluzioni stilistiche e qualitative tali da garantire una vita utile dei prodotti che sia più lunga possibile. Parallelamente andrebbe anche ripensato il concetto di manutenzione attraverso la valorizzazione del riuso e del remanufacturing, ossia il portare indietro nel tempo un oggetto alla sua condizione originaria, tramite pulizia, sostituzione delle parti danneggiate e riparazioni.

7. La partita delle istituzioni
Anche la politica può giocare un ruolo determinante nell’orientare i cittadini verso l’economia circolare. Due esempi sono emblematici: uno è il Manifesto for a resource efficient Europe, un memo della Commissione europea che risale al 2012. L’altro è il pacchetto messo a punto dalla stessa Commissione datato 2 dicembre 2015: un ambizioso insieme di misure per aiutare le imprese e i consumatori europei. Un ulteriore pacchetto di misure, con particolare attenzione al tema della plastica, è stato emanato all’inizio di quest’anno.

Insieme alle istituzioni politiche, negli ultimi anni anche associazioni di imprese, organizzazioni e aziende dei più disparati settori hanno pubblicato manifesti a favore dell’economia circolare, facendosi testimoni di una spinta che ormai proviene, forte, da moltissime voci. Ricordando che la circular economy non è (o almeno non è più) un’economia di serie B.

 

FONTE: WIRED, 5 ottobre 2018




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