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Rassegna del 19 Settembre 2019
    

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Drieu La Rochelle pioniere dell’ecologia profonda - di Sandro Marano


Drieu La Rochelle pioniere dell’ecologia profonda - di Sandro Marano

Possiamo senz’altro annoverare Pierre Drieu La Rochelle (1893 – 1945) tra i pensatori ecologisti. Non solo perché è uno degli scrittori francesi del ‘900 che più drammaticamente ha avvertito la crisi dell’uomo moderno e la decadenza d’un’intera civiltà, ma anche perché ha avuto delle vere e proprie intuizioni ecologiche, che sono sparse sia nei suoi saggi sia nelle sue opere più prettamente narrative. A Drieu infatti non sfugge lo stretto rapporto tra l’uomo naturale e l’uomo sociale e sa che “quando l’uomo naturale non esiste più, presto di disgrega anche l’uomo sociale”  (1). Perdere il senso della natura, illudersi che si possa vivere a prescindere dalla terra significa perdere anche il senso della società, significa vedere nell’altro uomo solo un consumatore, un affarista, un competitore, lo specchio opaco dei propri egoismi. Alain, il protagonista del breve struggente romanzo Fuoco fatuo, rappresenta plasticamente l’uomo sradicato, senza un centro di gravità, che ignora i legami naturali ed è incapace di coltivare i legami sociali: “Per lui il mondo era solo una manciata di individui. Non aveva mai pensato che potesse esserci qualcos’altro.  Non si sentiva legato a qualcosa di più vasto, l’universo. Ignorava le piante e le stelle.” (2) La critica alla decadenza, alla massificazione, ad un malinteso progresso è sottesa in vari racconti. Prendiamo ad esempio La donna con il cane. Qui lo sfondo del racconto è una Costa azzurra aborrita dal protagonista, perché “l’immensa massa che si arrampica al di fuori delle città trasporta ancora con sé le sue tare e i suoi vizi… ricostruisce la città a cui ha voluto sfuggire e vi racchiude la sua inerzia. Le spiagge si riempiono di casinò; nel mare vanno a morire le fogne.” (3) E ne I cani di paglia, l’ultimo suo romanzo pubblicato in vita nel 1944, egli nota come agli opifici e alle periferie della civiltà moderna fa da sfondo una terra desolata: “Constant era angustiato da una profonda malinconia quando considerava la vicinanza tra enormi e solitari arnesi, quali il ponte e la fabbrica, e una  natura rimasta primitiva, fatta di sabbia e paludi. Due desolazioni, la naturale e l’artificiale stavano l’una di fronte all’altra, in una sinistra confidenza.” (4) Il mondo moderno ha spezzato il millenario filo tra uomo e natura, che le filosofie ecologiche vogliono riannodare. Filosoficamente questa rottura va riportata all’orgogliosa affermazione dell’io e del progresso propugnata da Bacone e da Cartesio. E’ nel tardo Rinascimento che si rompe il mirabile equilibrio tra Dio uomo e mondo, cui il Medioevo si era attenuto (5) e al quale cercò di porre rimedio per primo Federico Nietzsche proponendo la necessità d’un superamento del nichilismo e di un rinnovato fidanzamento dell’uomo col mondo. 

Il tratto d’unione tra lo scrittore francese e la filosofia ecologica è dato dal romanticismo. L’ecologismo, infatti, nel suo complesso,  come nota Marcello Veneziani, “è un tipo di risposta neoromantica al disagio dell’Occidente.” (6) E proprio il romanticismo testimonia drammaticamente la rottura dell’unità del mondo ad opera dell’industrializzazione.  Non c’è più alcun accordo tra Dio, uomo e natura com’era nella visione antica del mondo. Ma c’è un disperato bisogno di totalità, di riconciliazione tra uomo e natura. Non è un caso se Drieu è stato considerato esponente di punta di quel complesso e affascinante movimento culturale e politico che Paul Serant definì felicemente “romanticismo fascista”(7) 

D’altra parte, la filosofia ecologica, a ben guardare, non è altro che la filosofia tout court, se è vero che, come nota il filosofo spagnolo Ortega y Gasset, la radice della filosofia è in un desiderio di integrità: mentre “l’uomo di scienza è colui che spezza l’integrità del nostro mondo vitale e, isolandone una parte, ne fa il suo problema” (8), “al filosofo non interessa ognuna di quelle cose che esistono per sé, nella loro esistenza particolare, ma invece gli interessa la totalità di quanto esiste…” (9). E “perché non accontentarsi di ciò che senza filosofare troviamo nel mondo, di ciò che è già ed è così chiaro davanti a noi? Per questa semplice ragione: tutto ciò che esiste ed è qui è per sua essenza una parte, un pezzo, un frammento. E non possiamo vederlo senza preavvertire e sentire la mancanza della parte mancante… perché questo è filosofare, dare al mondo la sua integrità.” (10) 

Ma che cosa distingue l’ecologismo dalle altre concezioni della vita e del mondo? Le società industrialmente avanzate nelle quali viviamo sono caratterizzate da una netta separazione tra vita naturale e vita sociale, tra lavoro e capitale, tra cittadino ed istituzioni. L’intera esistenza dell’uomo pare ruotare intorno alla produzione e al consumo e si fa sempre più artificiale e unidimensionale. Il progresso non ha generato solo benessere, ma anche inquinamento e alienazione. Dietro la stessa forma politica della democrazia si celano non di rado oligarchie economico-finanziarie. Contro questo stato di cose insorge l’ecologismo, che si presenta, dunque, come una critica radicale del modello di sviluppo capitalistico. Si distingue dal marxismo e dal liberalismo, che assegnano un ruolo centrale all’economia, esaltano il progresso inteso in senso meramente quantitativo,  cancellano le differenze, le tradizioni, le identità in nome di un malinteso egualitarismo, e soprattutto ignorano che “l’economia umana è racchiusa nell’ecologia della biosfera.”. (11) La grande scoperta, o meglio riscoperta dell’ecologismo, infatti, è il concetto di limite. E naturalmente il concetto vale anche per una abnorme crescita demografica che può rendere drammatici e cronici processi di degrado con buona pace della dignità della persona. L’assenza di limiti, l’esplosione demografica e consumistica, l’inquinamento del suolo, dell’aria, dell’acqua, prima o poi, si ritorcono contro di noi, si pagano con il mutamento del clima, la siccità, il dissesto idrogeologico, i flussi migratori inarrestabili, il disordine e la disperazione crescenti. 

Tutti questi elementi si ritrovano nei saggi di Drieu fino a suggerire una compiuta concezione ecologista. Già nel suo primo saggio politico pubblicato nel 1922, Misura della Francia, con amarezza e lucidità, Drieu aveva fatto una diagnosi della condizione dell’uomo d’oggi, che può considerarsi esemplare: “Non esistono che dei moderni, della gente in affari, della gente con dei benefici o dei salari, i quali non pensano che a questo e non discutono che di questo… Tutti passeggiano soddisfatti nell’incredibile inferno, in quest’enorme illusione, in quest’universo di cianfrusaglie che è il mondo moderno, nel quale ben presto non penetrerà più nessun barlume spirituale …  Non c’è più altro che un unico problema totale. L’uomo che riflette e il cui spirito va oltre le distinzioni che non hanno più vita, non prende coscienza che  di un unico pericolo, ma esso è immenso, fatto di  tutti i mali che può ingenerare la decadenza di tutte le parti dell’essere umano. Dietro a tutte queste piccole questioni politiche o sociali, che cadono nella desuetudine, si vede apparire un grande interrogativo sui fondamenti di tutto, dei nostri costumi, del nostro spirito, e infine della nostra civiltà… Il tempo stringe-“ (12)  Ed ancora: “Ma da cinquant’anni un delirio acceca gli uomini. Col pretesto di un miglioramento cui non si pensa nemmeno più, lo sforzo economico si è esasperato e pervertito. Si produce per produrre, si fabbrica per fabbricare senza più tener conto né dei fini né degli strumenti“. (13) Nel pensiero politico di Drieu che, come ci ricorda lo studioso italiano Moreno Marchi, fu “di notevole spessore esegetico” (14),  si fondono la sua concezione ritmica della storia, l’idea di un’Europa confederata capace di superare i gretti nazionalismi e le sue intuizioni ecologiche. In quello splendido saggio che è  Socialismo fascista, pubblicato nel 1934 e scritto in uno stile elegante e semplice (15), in cui Drieu – ed è questa una caratteristica dei suoi saggi – mescola introspezione ed osservazione critica della società, lucidità di pensiero ed emozioni, è formulata chiaramente la sua visione ecologista fondata sulla nozione di limite, sul senso della misura e della sobrietà e sulla critica della decadenza, che per lui fa tutt’uno col capitalismo liberale. Citiamo spigolando qua e là qualche passo: “In pace come in guerra i progressi della scienza si ritorcono facilmente contro gli uomini” (16);  “La qualità la ritroveremo il giorno in cui la quantità sarà limitata” (17);  “E’ orribile camminare per le strade ed incontrare tanto decadimento, tanta laidezza, tanta imperfezione (…). E questa gente in che cosa crede? Si è fatto in modo che credesse in sé stessa. Che idiozia!” (18). 

Ma, potremmo chiederci, dove coglieva Drieu questa decadenza? Certamente, nella bruttezza della nostra civiltà con le sue case, le sue fabbriche, il suo grigiore, la sua disumanità, la sua entropia. Di contro, nelle architetture, negli affreschi, nelle sculture e nelle miniature medioevali Drieu scorgeva le tracce d’una società organica, spirituale, vitale, in comunione con la natura e la divinità, che garantiva il difficile equilibrio fra corpo ed anima. Si trova, per inciso, in questo raffronto tra due civiltà la radice dell’ecologismo di Drieu, che ce lo rende così attuale e familiare. Lo scrittore francese usa come termine di paragone rispetto alla modernità contro cui si rivolta l’Europa carolingia. Ma, quasi a prevenire la facile accusa di essere un semplice reazionario, un laudator temporis acti, dichiara orgogliosamente “non sono un uomo del passato, sono un uomo della vita”(19). D’altronde, la costruzione dell’avvenire è inclusa nella critica del passato e del presente.  

In Appunti per comprendere il secolo (20), il breve fondamentale saggio scritto nei primi mesi del 1940, Drieu ripercorre il cammino dell’uomo europeo, dalla perdita dell’equilibrio medievale dell’anima e del corpo alla rottura del rapporto tra campagna e città, portato a compimento dell’industrialismo e dal macchinismo, fino alla auspicata rinascita di quell’equilibrio nei vari movimenti nazionalpopolari che si stavano affermando negli anni trenta del ‘900. E’ soprattutto il mito del progresso ad essere messo in discussione: “Durante questo vostro progresso non ha perduto l’uomo la metà di sé stesso? Ciò che ha guadagnato non è stato profumatamente pagato con ciò che ha perduto? L’Europa è legata al Medioevo come l’uomo maturo alla giovinezza. L’Europa deve riannodare i legami con le sue origini e con le cause del suo genio più autentico. Il Medioevo non ha ignorato il corpo. Sono stati i secoli razionalisti, seguiti al medioevo, a dimenticare il corpo e a distruggerlo, arrecando un grave danno allo spirito.” (21). E poco più oltre, critica l’industrialismo: “Per mezzo della macchina l’uomo si allontana sempre più dal corpo e dalla natura… La macchina genera la macchina e la moltiplicazione degli oggetti considerati  utili procura una inutilità enorme, tetra e smorta, senza luce, un ingombro distruttore.”(22). Né manca di cogliere l’importanza dei primi spontanei movimenti sociali nel segno di una riscoperta della natura: “Cari signori della Borsa o del Parlamento, gli Scouts o i Wandervogel, che riscoprivano la marcia nel sole o nella pioggia, la notte allo scoperto, gli alberi, i ruscelli, il gioco, il coltello, non erano materialisti. Trascendevano la grande città, la fabbrica, il laboratorio, preparavano nei corpi il vaso spirituale della collera contro la schiavitù di una scienza e di una industria ancora ferme alle prime forme di applicazione sociale dei loro prodotti.” (23) All’idea di progresso Drieu oppone la filosofia più comprensiva della stagioni, una concezione ritmica della storia, che permette di scorgere che laddove una cosa muore un’altra rinasce (24). 

Si è osservato che non aveva torto Drieu a scrivere, prima di morire, che le generazioni future si sarebbero chinate incuriosite sui suoi libri per cogliere un suono diverso da quello solito: infatti,  “nessuno dei problemi posti da Drieu è stato risolto… il meccanismo della produzione non è stato né limitato né regolato, anzi ha moltiplicato i suoi ingranaggi senza ordine, senza alcuna cura per la persona umana. Molti intellettuali stanno scoprendo oggi questa alienazione spirituale della civiltà moderna, di cui aveva parlato lo scrittore francese; i giovani più avvertiti vivono in uno stato di insoddisfazione spesso inconsapevole, rifiutano l’inserimento, oppure si perdono in ribellioni velleitarie incapaci di liberarli. Drieu parla a tutti costoro; la sua interrogazione appassionata, colma di dolore e di speranza, di generosità e di virilità, risuona estremamente attuale.” (25). 

Potremmo, in definitiva, ripetere per Drieu quel che egli scrisse di D.H. Lawrence, e cioè che  “vuole che l’uomo ascolti tutte le proprie voci e ne ricomponga il coro.”  (26) Ecologista ante litteram così lo scrittore francese riassume poeticamente la sua visione: “L’uomo oggi ha bisogno di ben altro che di inventare macchine. Ha bisogno di raccogliersi, di cantare e danzare, di una grande danza meditata, di una discesa nel profondo” (27).

Note

  1. (1)Pierre Drieu La Rochelle, Prefazione a “L’uomo che era morto” di D. H. Lawrence, in Confessioni, Società editrice Barbartossa, 1995, 132;
  2. (2)Pierre Drieu La Rochelle, Fuoco fatuo, Sugarco, 1979, p. 118; 
  3. (3)Pierre Drieu La Rochelle, La donna col cane, in Niente da fare, Via del Vento, 2007, p. 17;
  4. (4)Pierre Drieu La Rochelle, I cani di paglia, edizioni di AR, 2015, p.26; 
  5. (5)“Nell’Europa medievale le teorie greche della natura, le tecnologie romane, le tradizioni paleocristiane locali e la religione cristiana vennero a creare un insieme sorprendente che trova la sua manifestazione più importante nelle grandi cattedrali gotiche”,  Rupert Sheldrake, La rinascita della natura, Corbaccio, 1993, p. 48;
  6. (6)Marcello Veneziani, Processo all’Occidente, Sugarco, 1990, p.118;
  7. (7)cfr. Paul Serant, Romanticismo fascista, Ciarrapico, 1985;
  8. (8)Josè Ortega y Gasset, Che cos’è filosofia, Mimesis, 2013, p. 63;
  9. (9)ibidem, p. 71;
  10. (10)ibidem, p. 84;
  11. (11)Rupert Sheldrake, op. cit., p. 147;
  12. (12)Pierre Drieu La Rochelle, Misura della Francia, Idrovolante, 2017, pp. 106-107;
  13. (13)Ibidem, p.122;
  14. (14)Moreno Marchi, Con il sangue e con l’inchiostro, Settimo sigillo, 1993, p. 49;
  15. (15)“Il testo che mette insieme articoli e saggi di notevole spessore dottrinale, apparve nel 1934, un anno cruciale per questo scrittore, in quanto segna la sua meditata e tormentata adesione al fascismo dopo gli avvenimenti del febbraio in cui erano scoppiate sanguinose rivolte contro il governo inetto e corrotto dei radicali e dei socialisti. Drieu aveva maturato la consapevolezza che le vecchie ideologie, liberale e marxista, non fossero più all’altezza dei tempi, che le vecchie categorie di destra e sinistra non potevano più servire ad interpretare la complessità del mondo moderno.” Sandro Marano, Pierre Drieu La Rochelle pellegrino del sogno, Pellegrini, 2016, pp. 65-66;
  16. (16)Pierre Drieu La Rochelle, Socialismo fascista, EGE, 1973, p. 84;
  17. (17)Pierre Drieu La Rochelle, op. cit., p. 119;
  18. (18)Pierre Drieu La Rochelle, op. cit., p. 124;
  19. (19)Pierre Drieu La Rochelle, Appunti per comprendere il secolo, all’insegna del Veltro, 1985, p. 22;
  20. (20) Appunti per comprendere il secolo rappresenta una magistrale sintesi di storia europea a partire dal Medioevo. Nell’apparente disordine del quaderno di appunti, in pagine scritte di getto, passionalmente, ricche di intuizioni felici, alternando considerazioni storico-politiche ad annotazioni di storia letteraria, si esprime compiutamente il Drieu scrittore politico ed ecologista.
  21. (21)Pierre Drieu La Rochelle, Appunti per comprendere il secolo, all’insegna del Veltro, 1985, pp.21-22;
  22. (22)Pierre Drieu La Rochelle, op. cit., p. 44;
  23. (23)Pierre Drieu La Rochelle, op. cit., p. 75;
  24. (24)“Il pensatore non si stupisce di nulla. Conosce le leggi della vita, aspetta il ritorno delle stagioni e le saluta con sguardo immutato. Sa che ognuna nutre amorevolmente nel segreto del proprio seno il suo contrario che fiorirà in superficie alla successiva. Il duro inverno cova le gentilezze e le dolcezze della primavera e l’estate è gravida delle immense distruzioni dell’autunno (…). Queste epoche di crollo e di restaurazione, di corruzione che abbatte e di energia che fa risorgere hanno lati magnifici. Il pensatore non rifiuta nulla.” Pierre Drieu La Rochelle,  La violenza in Europa,  in Confessioni, Società editrice Barbarossa, 1995, p. 67;
  25. (25)Alfredo Cattabiani, Drieu La Rochelle e la generazione del dopoguerra,  prefazione a Socialismo, Fascismo, Europa. Scritti politici scelti e presentati da Jean Mabire, Volpe, Roma 1964;
  26. (26)Pierre Drieu La Rochelle, Prefazione a “L’uomo che era morto” di D.H. Lawrence, in Confessioni,  Società editrice Barbarossa, 1995 pp. 127;
  27. (27)Pierre Drieu La Rochelle, Socialismo fascista, EGE, 1973, op. cit., p. 118.




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