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Rassegna del 10 Agosto 2017
    

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Entro il 2050 serviranno 600 milioni di tonnellate di metalli per lo sviluppo delle rinnovabili


Anche nel migliore dei mondi possibili l’impatto zero delle attività umane sul mondo che ci circonda rimane un’utopia, pericolosa nella misura che ci allontana dal raggiungimento di obiettivi concreti. È indispensabile dunque sapere da subito che la lotta ai cambiamenti climatici, pur indispensabile, comporterà dei costi significativi in termini di risorse naturali prelevate (e relativi impatti). A metterlo chiaramente in evidenza è l’International resource panel (Irp), un gruppo di eminenti esperti in fatto di gestione delle risorse naturali che opera all’interno del Programma Onu per l’ambiente (Unep).

Secondo i dati elaborati dai ricercatori all’interno del rapporto Green technology choices: the environmental and resource implications of low-carbon technologies, il contributo di efficienza energetica ed energie rinnovabili è e rimarrà indispensabile per centrare l’obiettivo individuato con l’Accordo di Parigi, ovvero contenere il riscaldamento globale entro +2 °C rispetto all’era preindustriale.

Grazie ad esse l’umanità potrebbe riuscire ad evitare l’immissione in atmosfera di qualcosa come 25 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno da qui al 2050, 3 miliardi di tonnellate/anno di emissioni tossiche per l’uomo, 17 milioni di ton/anno di particolato atmosferico; potremmo inoltre risparmiare 200 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, oltre 150mila kmq di territorio dal cemento al 2050.

Risultati d’importanza capitale, ma che chiedono una contropartita in cambio. Non solo in fatto di investimenti economici, ma anche – cosa più importante – in termini di risorse naturali non rinnovabili.

“Siamo sulla buona strada – spiga Erik Solheim, al vertice dell’Unep – Sappiamo che rendere l’aria che respiriamo più pulita genera enormi vantaggi sia per la salute umana sia per quella dell’ambiente, e sappiamo anche che le tecnologie a basso tenore di carbonio ed energeticamente efficienti possono aiutarci a ridurre i danni del cambiamento climatico. Ma dobbiamo anche essere chiari circa la necessità di una forte azione per realizzare un’economia circolare che tagli i rifiuti e produca innovazione che possa a sua volta creare nuovi lavori verdi”.

Il perché è presto detto. Non esiste lotta ai cambiamenti climatici senza un’economia circolare, visto che lo sviluppo delle energie pulite necessarie per centrare l’obiettivo dei 2 °C ci porterà a consumare altre 600 milioni di tonnellate di metalli, necessarie per industria, infrastrutture, cablaggi. Si tratta di risorse non rinnovabili che, se non è possibile preservare, sarà necessario prelevare per quanto più possibile dalle nostre miniere urbane, ovvero grazie al riciclo: o lo sviluppo sostenibile sarà integrato, agendo in contemporanea per rendere più efficienti i flussi di materia metabolizzati all’energia dalla nostra economia, o non sarà.

Fonte: Greenreport.it, 28 Luglio 2017

 






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