La Newsletter di ESO
ISSUE 332

A come ambiente, S come sostenibilità

Produrre in maniera più sostenibile, rispettando l'ambiente, riducendo le emissioni in atmosfera e contenendo l'utilizzo di fertilizzanti e prodotti chimici. Il piano d'azione dell'Unione Europea contenuto nel Green Deal

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A come ambiente, S come sostenibilità

Vi sarà sicuramente capitato di andare a fare la spesa. Che cosa vi attira di più della confezione? Controllate l'etichetta? Guardate la data di scadenza o leggete anche altro? Vi colpisce di più la parola "biologico" oppure il logo che l'Unione Europea ha identificato per contrassegnare con un simbolo i prodotti ottenuti da agricoltura biologica certificata? E cosa mi dite della frase "Da agricoltura sostenibile" oppure "Prodotto in modo sostenibile"? Ancora: avete mai sentito l'espressione "Residuo zero"?

 

Partiamo da concetti immediati per comprendere gli sforzi che gli agricoltori fanno per produrre in maniera più sostenibile, rispettando l'ambiente, riducendo le emissioni in atmosfera, contenendo l'utilizzo di fertilizzanti e prodotti chimici. Una nuova sensibilità nel metodo di produzione, sulla spinta da un lato delle richieste del consumatore, dall'altro dalle linee guida che la stessa Unione Europea si è data.

 

La riforma della Politica Agricola Comune che nei giorni scorsi è stata approvata nella sua stesura definitiva dal Parlamento Europeo in seduta plenaria, invita alla riduzione della chimica, in linea con quanto indicato nella Strategia Farm to Fork all'interno del Green Deal (che non è ancora stata tradotta a livello normativo) e che prevede entro il 2030 la riduzione di fitofarmaci, agrofarmaci, per preservare il più possibile il suolo, l'aria, l'ambiente.

 

Ma come è possibile fare in modo che le piante riescano a resistere agli attacchi di patogeni esterni, senza il contrasto della chimica?

 

Un aiuto può arrivare dalle Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea), completamente diverse dagli Ogm. Infatti, spiega Paolo De Castro, parlamentare europeo e coordinatore S&D in Commissione Agricoltura, "sono processi che non spostano geni da una pianta all'altra, bensì agiscono all'interno del codice genetico della pianta. È solo una accelerazione di un processo naturale il cui utilizzo diminuirebbe di molto l'utilizzo dei trattamenti chimici per combattere le malattie".

 

Anche la chimica negli anni ha saputo ridurre il proprio impatto ed essere sempre più verde. Al punto che oggi si trovano in commercio sugli scaffali prodotti presentati come "a residuo zero". Che cosa significa? Si ha un prodotto a residuo zero quando "i residui di prodotti fitosanitari di sintesi chimica sono inferiori o uguali a 0,01milligrammi/chilogrammo (10 ppb) e tale soglia è intesa come il limite di quantificazione analitica attualmente proposto dai laboratori di prova più qualificati per buona parte delle prove per la ricerca dei fitofarmaci".

 

Significa, in buona sostanza, che si utilizzano sostanze in grado di degradarsi naturalmente e senza alcun impatto negativo per l'ambiente.

 

Attenzione, però, a non demonizzare la chimica, che è fondamentale per la vita stessa e per garantire produzioni sane e sicure in campo. In particolare, è bene ricordarlo, la chimica negli anni ha saputo essere sempre più verde, migliorando i formulati e i composti, talvolta volontariamente, perché si individuavano molecole più efficaci, talaltra perché interveniva una normativa che di fatto vietava l'uso di determinate sostanze (ed è per questo che è essenziale richiedere controlli alle frontiere nelle fasi di importazioni di prodotti extra Ue).

 

Lo rimarca Enrica Gentile, amministratore delegato di Areté, Società Indipendente di Ricerca, Analisi e Consulenza Economica Specializzata nei Settori dell'Agricoltura, del Food e dei Mercati Connessi. "L'attività agricola è diventata più efficiente" afferma. "I dati sono molto chiari, perché si parla di riduzioni, se ci concentriamo sull'utilizzo degli agrofarmaci. Negli ultimi 15-16 anni, abbiamo visto una riduzione del 56% nell'utilizzo dei fungicidi, del 60% dei prodotti insetticidi e del 26% degli erbicidi".

 

La strada che raccomanda la Politica Agricola Comune è quella di aumentare l'agricoltura biologica, assegnando maggiori risorse a chi sceglie di adottare tale modello produttivo, visto che fra gli obiettivi della Strategia From Farm to Fork c'è quello di raggiungere la superficie agricola utile del 25% in conduzione a biologico entro il 2030.

 

Un'altra curiosità. Si parla sempre più spesso anche di agroecologia, un termine che nel giro di alcuni anni potrebbe diventare di uso comune. Di che cosa si tratta? L'agroecologia per l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) è "lo studio del rapporto fra coltivazioni agricole e ambiente". Si preoccupa, dunque, di mettere in relazione l'agricoltura e la produzione con l'ecologia, l'ambiente, le condizioni del suolo, dell'acqua e dell'aria, la flora, la fauna, l'ambiente, il paesaggio.

 

Una nuova agricoltura, non necessariamente biologica, ma più attenta all'ambiente, al territorio, agli equilibri.

 

Il futuro andrà in questa direzione? Molto probabilmente sì. Questo spiega la scelta della Politica Agricola Comune di promuovere pratiche più verdi, lasciando anche agli Stati membri la possibilità di adottare azioni specifiche all'interno di linee guida più ampie, codificate dall'Unione Europea. Sono i cosiddetti "ecoschemi", che saranno applicati dalla prossima riforma, che entrerà in vigore nel 2023 (e fino al 2027).

 

Nel frattempo, leggete le etichette, informatevi, migliorate la vostra dieta alimentare. Quello che mangiate può fare meglio all'ambiente, ridurre le emissioni nell'ambiente. Così, diventerete alleati degli agricoltori, che producono il cibo per tutti noi.

 

Matteo Bernardelli

 

 

Photo: anncapictures

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