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L’autunno caldo che ci aspetta potrebbe farci andare a gambe all’aria?


L’autunno caldo che ci aspetta potrebbe farci andare a gambe all’aria?

Prepararsi alla ripartenza Green vuol dire conoscere e comprendere i problemi che abbiamo di fronte, fatti di crisi climatica e di emergenza Covid. I margini di manovra ci sono. A partire dalla formazione

Sarà un autunno caldo. In tutti i sensi. E quello che continuiamo a ribadire è che dobbiamo prepararci a gestire tutto al meglio: Covid certo, ma anche clima. Entrambi i fattori stanno cambiando i nostri orizzonti. Le bombe d’acqua da anomalie stanno diventando abitudine: ma sappiamo gestirle al meglio?

Le isole di calore le teniamo a bada con l’aria condizionata, ma fino a quando terremo botta? La siccità, per ora, riguarda per lo più il mondo agricolo che si organizza ogni anno come meglio può: ma quando diverrà standard quello che facciamo?

Ci sono poi altri temi che è bene seguire: a cominciare dal fatto che il tutto subito non è più così scontato.

Prendiamo come esempio le forniture: come fa osservare Rainer Baumann, head of investments di RobecoSam (realtà specializzata in investimenti sostenibili): “Molte aziende con attività internazionali hanno recentemente sperimentato la sfida di una grave mancanza di forniture.

La chiusura dei siti produttivi e l’impossibilità di trasportare le merci ha impedito loro lo svolgimento dell’attività. La globalizzazione delle supply chain e la produzione just-in-time hanno diminuito i costi di produzione in modo sostanziale per decenni, per poi mostrare improvvisamente il loro lato negativo.

Le vulnerabilità del sistema, così come le interdipendenze tra aziende situate in diversi continenti, sono state un fattore chiave che farà riconsiderare a molte realtà il proprio portafoglio fornitori e i siti di produzione.

Per mitigare il rischio della supply chain, le società accelereranno gli sforzi per diversificare meglio i loro subappaltatori e per rilocalizzare una parte della produzione nel loro Paese d’origine“.

Questo fenomeno prende il nome di il tema del reshoring della produzione e – come continua Baumann – “richiede anche maggiori investimenti nell’automazione e nella robotica. Tecnologie come la stampa 3D, l’intelligenza artificiale, la connettività dei dispositivi (IoT) e i robot che lavorano fianco a fianco degli gli esseri umani (Industria 4.0) possono sbloccare nuovi guadagni in quanto riducono la dipendenza da una produzione poco qualificata.

Inoltre, tutto ciò ha anche implicazioni per il panorama produttivo globale, poiché parti più ampie di esso si avvicinano ai principali mercati di consumo finale. L’automazione consente una maggiore flessibilità nell’adattarsi al cambiamento della domanda, attenuando così i rischi per le aziende in caso di shock“.

Quindi la prima parola chiave è investire: su noi stessi, sulle comunità, sull’ambiente. Ma proprio qui sta un’altra anomalia: Andy Howard, global head of Sustainable Investment e Simon Webber, global and international equities di Schroders hanno fatto notare che “la sfida posta dal clima non ha avuto una risposta di dimensioni simili a quella generata dal Covid-19. Le principali economie mondiali hanno annunciato pacchetti di stimoli per un totale che supera i 15.000 miliardi di dollari. La portata delle misure fiscali è circa doppia rispetto a quella adottata dagli stessi Paesi in risposta alla crisi finanziaria globale“.

Si tratta di una risposta che supera di 10 volte la spesa annuale globale destinata agli sforzi per mitigare il cambiamento climatico.

Perché questa anomalia verso un tema altrettanto delicato? L’attenzione alla crisi climatica deve rimanere alta e forse se ci si preparasse un po’ meglio tutti non sarebbe male.

Le occasioni non mancano e ce le fornisce anche la seconda edizione della Scuola sul benessere e la sostenibilità delle città 2020, organizzata dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) in collaborazione con Milano 2046 (Laboratorio sul futuro della città promosso dalla Presidenza del Consiglio comunale), con la partecipazione di otto università del territorio milanese (Bicocca, Bocconi, Cattolica del Sacro Cuore, Humanitas, Iulm, La Statale, Politecnico, San Raffaele), Fondazione Eni Enrico Mattei (Feem).

La Summer School accoglie 50 partecipanti, tra amministratori pubblici locali, docenti delle scuole di ogni ordine e grado e delle università, dottorandi e rappresentanti di organizzazioni e associazioni che si occupano di politiche territoriali.

La scuola sarà avviata attraverso un percorso ibrido, che comprenderà lezioni asincrone, webinar e lavori di gruppo, mentre la fase residenziale in presenza si svolgerà dal 10 al 12 febbraio 2021 presso le aule del Comune di Milano e della Fondazione Eni Enrico Mattei.

L’inizio del percorso attraverso webinar dedicati è previsto per la fine di ottobre.

C’è tempo fino al 20 settembre per inviare le domande di iscrizione attraverso il sito di Milano 2046 o quello dell’ASviS, utilizzando l’apposito modulo, corredato dal curriculum e dalla lettera motivazionale. La quota di partecipazione è di 250 euro e comprende l’alloggio e il materiale didattico.

M. Cristina Ceresa

 

Foto di <a href="https://pixabay.com/it/users/eugeniu-1246207/?utm_source=link-attribution&amp;utm_medium=referral&amp;utm_campaign=image&amp;utm_content=4620230">Eugen Visan</a> da <a href="https://pixabay.com/it/?utm_source=link-attribution&amp;utm_medium=referral&amp;utm_campaign=image&amp;utm_content=4620230">Pixabay</a>





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