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Rassegna del 18 Maggio 2017
    

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La casa del futuro è di canapa.


Case che producono smog con il riscaldamento? Nel futuro prossimo saranno solo un ricordo. Perché al loro posto, al contrario, ci saranno case mangiasmog che non avranno bisogno di essere riscaldate. Il miracolo si realizza grazie alla canapa. Un materiale versatile che sta conquistando ampie fette di business. Oggi Equilibrium, nata come start up in provincia di Lecco,  fattura un milione l'anno grazie a un prodotto innovativo di bioedilizia, a base di calce e canapa, con il quale ha già costruito circa 400 abitazioni in Italia. «La casa del futuro, ma direi del presente, è in canapa» dice l'amministratore della società, Paolo Ronchetti, 39 anni.

 Come nasce questo business?

«Facciamo case in canapa dal 2011. Siamo nati come start up in quell'anno grazie a un mio progetto, vengo da un'esperienza post universitaria di ricerca su questi sistemi, cui ha aderito una socia finanziatrice, Barbara Ceschi. Poi sono entrati altri soci operativi. Quest'anno puntiamo al milione di euro di fatturato». 

 Cosa significa realizzare case in canapa?

«Significa realizzare l'intero involucro dell'edificio con un biocomposito fatto di canapa e di calce. Il beneficio principale è l'estrema performance igrotermica. All'interno dell'edificio le variazioni di temperatura e umidità relativa restano costanti al variare di quelle esterne. Il comfort abitativo è molto elevato  grazie alla capacità della canapa di regolare l'umidità e bloccare il passaggio del caldo e del freddo».

 Che costi in più ci sono a costruire una casa in canapa e che vantaggi economici si hanno?

«Se ci riferiamo solo alla muratura perimetrale, il costo è un 5 per cento in più del valore della casa. Parliamo di edifici a energia quasi zero (Nzeb). Dal 2018 tutti i nuovi edifici dovranno avere questa caratteristica. Regione Lombardia ha anticipato questa normativa  di un anno. Costruire un edificio con involucro in canapa e calce consente di raggiungere questi target. L'edificio non ha più bisogno di installare un impianto di riscaldamento o raffreddamento dell'edificio. Parlo del top, la "casa passiva". Per una classe energetica A4 si spendono mediamente 200 o 300 euro all'anno per riscaldarlo o rinfrescarlo».

 Dove prendete il materiale?

«Prendiamo il canapulo, il truciolato della parte legnosa dello stelo, quasi tutto dalla Francia. Quello francese è standardizzato per l'edilizia. In Italia, non essendoci ancora una filiera completa e impianti industriali in grado di trasformarla, non si riesce ad avere un prodotto costante ed è meno competitivo come prezzo».

Quante case in canapa avete costruito?

«Circa 400 case in Italia: prevalentemente nel Centro-Nord, Toscana, Emilia, Lombardia, Veneto, Piemonte. È aperto il primo cantiere anche in Sardegna. In Puglia, a Bisceglie, il nostro partner Pedone Working ha realizzato l'edificio in canapa più grande d'Europa. Si tratta di una palazzina residenziale Nzeb di sei piani con venti appartamenti. Il progetto ha vinto il Green Building Solutions Awards 2016».

Come nasce questa tecnologia?

«Noi siamo stati i primi in Italia, nel 2011, a utilizzare la canapa in bioedilizia. Oggi sono nate altre realtà ma abbiamo la fetta principale del mercato. All'estero questa tecnologia era già sviluppata in Francia dalla fine degli anni 80, anche se era solo una nicchia. Noi facciamo due cose: realizziamo e commercializziamo il biomattone (marchio registrato), e poi con le nostre squadre (impieghiamo quindici persone) utilizziamo sul cantiere il biocomposito per la muratura perimetrale, isolamento della copertura e del sottofondo.  Negli ultimi due anni abbiamo cominciato a fornire soluzioni anche all'estero, Francia, Inghilterra, Paesi dell'Est».

 

 




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