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Rassegna del 11 Gennaio 2018
    

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Sacchetti ortofrutta: 20 domande e risposte per capire come funziona il sistema e come risparmiare


Roberto La Pira

La questione dei sacchetti per l’ortofrutta, che dal 1° gennaio 2018 devono essere compostabili e i supermercati devono far pagare al consumatore, ha occupato molto spazio nei giornali e anche nei social, ed è diventata oggetto di dibattito politico. La vicenda è stata caratterizzata dalla totale assenza delle istituzioni che non hanno diramato comunicati se non per confondere le idee (come la dichiarazione sulla possibilità di usare sacchetti portati da casa). Anche i supermercati hanno la loro parte di responsabilità, visto che non hanno informato i consumatori con un adeguato anticipo, anche se la questione è nota da 5 mesi. Le catene hanno appeso dei cartelli nei punti vendita solo il 2 e 3 gennaio, spiegando cosa stava succedendo e questo ha lasciato sbigottiti i consumatori. Nei giorni successivi sono stati pubblicati centinaia di articoli e sono apparsi servizi in tv e in radio con troppe notizie farlocche. Certo l’argomento non è semplicissimo, per questo abbiamo cercato di rispondere alle 20 domande più frequenti che sono arrivate in redazione.

I sacchetti per la frutta e la verdura di plastica si devono pagare?

Sì.  La normativa obbliga i negozianti e le catene di supermercati a vendere questi sacchetti realizzati con materiale compostabile e biodegradabile, con uno spessore inferiore ai 15 micron, indicando l’importo sullo scontrino.

Sono previste sanzioni?

Sì. Chi non applica la normativa rischia sanzioni da 2.500 a 25.000 €, fino a 100.000 in caso di ingenti quantitativi.

Quanto costano?

Il prezzo di vendita al pubblico viene stabilito liberamente da ogni punto catena. Fonti accreditate ci hanno confermato  che i supermercati pagano i nuovi sacchetti 2 centesimi circa. Una recentissima circolare varata nel mese di dicembre 2017 dal Ministero dello sviluppo economico dà però la possibilità  di rivenderli sottocosto a 1 centesimo.

Ci sono dati sul prezzo di vendita  delle varie insegne?

Secondo la  rilevazione realizzata da Il Fatto Alimentare con l’aiuto dei lettori in 46 insegne, il 50% circa dei negozi vende  i sacchetti sottocosto a 1 centesimo, mentre l’altra metà li propone a 2 centesimi, riversando così l’intero prezzo di acquisto sulla clientela.

È vero che alcuni supermercati il 2 gennaio hanno annunciato un prezzo superiore ai 2 centesimi e poi lo hanno ridotto?

Sì. Diverse catene si sono adeguate ai prezzi della concorrenza e hanno abbassato il prezzo annunciato per non fare brutte figure con la clientela

A quanto ammonta la spesa annuale di una famiglia di 3 persone?

Il valore oscilla da 4 a 8 euro circa. Si arriva a 12 se si fa la spesa nei pochi supermercati che vendono i sacchetti a 3 centesimi

Si pagano anche quelli usati nel banco pesce e gastronomia o carne?

Sì. Il prezzo a volte lievita perché i sacchetti hanno uno spessore e una resistenza maggiore e costano di più.

Perché i consumatori non sono stati avvisati?

Non è dato saperlo. Le istituzioni avrebbero dovuto avvisare i consumatori spiegando loro le motivazioni che stanno dietro alla scelta di far pagare anche i sacchetti ultraleggeri, ma nulla è stato fatto.

Prima si pagavano?

No, i vecchi sacchetti di plastica non riciclabile costavano circa 1 centesimo di euro e venivano distribuiti gratis come i guanti.

Si possono usare i sacchetti di carta?

Certamente. Il problema è che costano molto di più, ma il supermercato può decidere di distribuirli gratis. Alcune realtà  hanno optato per questa soluzione. Così facendo la spesa per l’acquisto rientra nelle spese generali, come quella per i guanti di plastica del reparto ortofrutta.

Si possono portare da casa borse a rete o altre buste?

No, per un problema di ordine igienico. È buona regola evitare che borse o buste sporche venano introdotte  all’interno del supermercato contaminando bilance e altra frutta. Per maggiori approfondimenti  su questo aspetto che ha destato anche un certo scalpore tra i nostri lettori rimandiamo alla lettura  dell’articolo pubblicato sul sito con le motivazioni del microbiologo alimentare Antonello Paparella.

Ma il Ministero della salute ha detto il contrario?

Il Ministero della salute il 4 gennaio 2018 ha dichiarato che sarà possibile portare da casa i sacchetti, ma solo se si tratta di buste monouso biodegradabili e per alimenti. C’è da chiedersi quale sia la convenienza per un consumatore nel portare da casa  sacchetti monouso per alimenti quando al supermercato costano 1 o 2 centesimi. I sacchetti si possono anche acquistare su Amazon o Ebay o da un grossista ma ad un prezzo decisamente superiore.

Ci sono altri motivi?

Sì, nel caso di contaminazioni serie o di eventi avversi sarebbe problematico stabilire la responsabilità dell’eventuale contaminazione. Ipotizzando una grave contaminazione rilevata nell’insalata conservata nel frigorifero di casa, diventa difficile stabilire le responsabilità se il sacchetto non è quello del punto vendita . Se invece il contenitore (ancora integro e non aperto) è quello del supermercato la soluzione è più semplice.

C’è anche una questione di tara?

Sì. Le bilance dei supermercati sono tarate in modo da sottrarre dal peso di frutta e verdura la tara del sacchetto (4 -6 g circa). La scelta di usare contenitori portati da casa impedirebbe il calcolo corretto della tara.

Si può pesare la frutta di piccolo calibro e la verdura  senza usare il sacchetto?

La scelta di pesare frutta e verdura senza sacchetto pone qualche problema. Quando si mettono arance, mele o pere… sul piatto della bilancia il visore sottrae automaticamente dal peso totale i 4-6 g della tara, e quindi se non si usa il sacchetto l’importo da pagare risulta inferiore al dovuto. L’altro motivo è che in alcune catene di supermercati la bilancia è preimpostata in modo da aggiungere ad ogni pesata il prezzo del sacchetto (1-2 centesimi).

Lo stesso problema si pone anche per ananas, manghi, avocado o piccoli meloni?

Sì perché le bilance elettroniche sono programmate per sottrarre la tara (4-6 g) ad ogni pesata. Diverso è il caso se su banane e meloni compare l’etichetta del prezzo appiccicata dal supermercato e  non bisogna pesare la frutta o la verdura.

I nuovi sacchetti si possono utilizzare per il rifiuto organico e umido di casa?

Sì. L’unico problema sollevato a diversi  consumatori è che i sacchetti a volte sono delicati e si rompono facilmente. La resistenza non dipende dalla materia prima ma dallo spessore. Alcune catene per spendere meno riducono i micron e le buste risultano più delicate. Basterebbe pagare qualche frazione di centesimo in più al produttore per ottenere buste più resistenti facili da riutilizzare anche per l’umido domestico.

Ma allora posso fare a meno di comprare i sacchetti per l’umido?

Sì. Nelle città dove si pratica la raccolta differenziata dell’organico le famiglie comprano le buste al supermercato pagandole circa 10 centesimi. D’ora in poi si potranno usare i sacchetti dell’ortofrutta che costano 1-2 centesimi. Facendo bene i conti l’operazione potrebbe risolversi anche con un vantaggio economico.

Ma le etichette del prezzo sono biodegradabili?

Tranne Esselunga, che dichiara di utilizzare materiali biodegradabili, negli altri casi  bisogna avere l’accortezza di appiccicare l’etichetta nella parte apicale del manico, salvo poi tagliare questo pezzetto prima di usare il sacchetto per l’umido di casa. Altre catene si stanno attrezzando per inserire al più presto nelle bilance etichette biodegradabili.

Anche i guanti devono essere biodegradabili?

No. La legge non dice nulla e al momento si usano guanti in plastica monouso e sono distribuiti gratuitamente.

 

Fonte: il fatto alimentare, 9 gennaio 2018




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