Le prossime missioni Artemis della NASA promettono di riportare l’uomo sulla Luna, allungandone la permanenza sul satellite per moltissimo tempo: mesi o addirittura anni. Un via vai continuo di razzi e di “materiale" può compromettere l’ambiente lunare?
È questo uno degli ulteriori – gravi – problemi che gli scienziati e astronauti del futuro dovranno affrontare prima di poter godersi in totale sicurezza una eventuale colonia o avamposto lunare. Già dal 1967, con il Trattato sullo Spazio Extra-atmosferico, gli sforzi per impedire la “privatizzazione” e l’inquinamento del cosmo son stati presi molto seriamente ma ora, con la presunta nuova corsa allo spazio dell’epoca moderna, potrebbero non bastare. Gli scienziati NASA hanno affermato che le parti della Luna più sensibili ad un “contatto” umano sono senz’altro i poli, dove sotto i primi strati di regolite e materiale lunare si trovano strati di ghiaccio e acqua.
Il cratere Shackleton per esempio, posto a soltanto 10km dal Polo Sud Lunare, è un luogo ideale per futuri siti di allunaggio: nel bacino è costantemente in ombra e con temperature intorno ai -183°C (quindi vi è un’alta possibilità di trovare giacimenti di ghiaccio), mentre le creste crateriche sono abbastanza illuminate dai raggi solari da permettere l’uso di pannelli fotovoltaici. Gli addetti ai lavori delle missioni Artemis si stanno domandando come utilizzare tale risorsa (estremamente preziosa per un insediamento umano) senza intaccarne il potenziale scientifico.
A tal proposito è intervenuto Chris Bennett, assistente professore presso il Dipartimento di Fisica e Scienza Planetaria presso l'Università della Florida Centrale a Orlando, affermando: “Credo che la Luna fornisca un obiettivo fondamentale per l'astrobiologia, in quanto può potenzialmente aiutare gli scienziati a colmare le lacune su quali siano state le condizioni della Terra primordiale, e approfondire la conoscenza di quali elementi organici erano disponibili a quel tempo”.
L’importanza del ghiaccio lunare è direttamente proporzionale alla sua fragilità: Parvathy Prem, scienziato presso il Laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University di Laurel, nel Maryland, ha evidenziato i rischi che persino i gas di scarico dei razzi potrebbero provocare: “La contaminazione delle regioni permanentemente ombreggiate dei crateri potrebbe essere potenzialmente ridotta al minimo pianificando di conseguenza le traiettorie e l'uso di propellenti. Tuttavia, quando lo visiteremo, lo altereremo inevitabilmente, che sia temporaneamente o permanentemente. Direi che la comprensione e la pianificazione dell'impatto dei sistemi di veicoli spaziali sull'ambiente lunare è fondamentale per portare avanti una scienza significativa e responsabile”.
Ha concluso Pern che, purtroppo, non siamo ancora in grado di stabilire come i nostri nuovi propellenti, i gas e razzi possano interagire con l’ambiente polare lunare, e occorreranno studi più approfonditi per evitare danni irreversibili.
Giulio Marciello
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