A Milano l'incontro nell'ambito del Festival voluto dall'Asvis: le principali confederazioni firmeranno un patto per il rispetto dei 17 obiettivi indicati dall'Onu. Giovannini: 'Ormai la sostenibilità incrocia l'economia'
Il caos climatico che cancella il valore di intere aree. La grande finanza che fugge dal carbone perché sa che un livello di emissioni serra troppo alto non è più tollerabile e investire oggi in un settore così a rischio è un azzardo. Interi comparti agricoli minacciati ormai strutturalmente dall’alternarsi di siccità e alluvioni. Sono tre segnali che mostrano come si faccia fatica a distinguere tra economia ed ecologia perché le due discipline sono ormai intrecciate così strettamente che è impossibile parlare di una senza tener conto dell’altra.
E’ questo il messaggio che arriva dal convegno “Aziende e finanza 2030: il motore dello sviluppo sostenibile”, organizzato il primo giugno a Milano nel quadro del Festival per lo sviluppo sostenibile. Dove le più importanti confederazioni economiche italiane firmeranno un patto per una crescita rispettosa delle risorse.
“Ormai il tema della sostenibilità si incrocia con quello dell’economia sia a livello macro che a livello micro”, spiega Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile. “Per rendersi conto del primo aspetto di questa realtà basta pensare che in molte zone le case a rischio alluvionale o a rischio uragano non vengono più coperte da assicurazione. E ora, con la siccità crescente, anche i raccolti agricoli in Italia spesso non possono essere assicurati”.
Inoltre i grandi fondi di investimento – a cominciare dal maggiore, il Fondo sovrano norvegese - sfuggono le attività e i paesi a rischio perché preferiscono collocare i loro capitali in forme e in luoghi più sicuri: dunque essere poco sostenibili significa far crollare l’appeal economico di un Paese.
Dal punto di vista delle singole imprese invece i vantaggi della sostenibilità si colgono misurando i benefici economici che vengono dal passaggio all’economia circolare: rifiuti che cessano di essere una voce passiva per trasformarsi in materiali reimpiegati nei cicli produttivi, maggiore sicurezza di approvvigionamento, aumento dell’occupazione.
“Il punto più critico, prosegue Giovannini, “non sono comunque gli errori in politica economica ma la mancata comprensione dei nessi tra l’indebolimento economico e quello sociale. Anzi c’è chi arriva al paradosso di proporre tagli all’educazione come stimolo per l’economia. E’ vero esattamente il contrario: in questo modo non si ottengono risparmi ma danni economici. Cosa di cui abbiamo una certa esperienza visto che investiamo in ricerca un terzo delle cifre che spendono i Paesi di punta. Inoltre il gap educativo pesa anche sulla salute e sul benessere. In Italia l’attesa di vita è di 77 anni per chi ha la licenza elementare e di 82 per chi ha la laurea. E l’82% dei bambini che non hanno fatto l’asilo non raggiunge le competenze minime di lettura, mentre la percentuale scende al 34% tra quelli che sono stati due anni all’asilo”.
Fonte: Repubblica.it, 31 maggio 2017