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Anche il vinile inquina: il revival degli LP romantici minaccia l’ambiente, ma arrivano i dischi verdi - di Giuseppe Cucinotta e Sabina D’Oro


Anche il vinile inquina: il revival degli LP romantici minaccia l’ambiente, ma arrivano i dischi verdi - di Giuseppe Cucinotta e Sabina D’Oro

Romantici, ricercati e da intenditori. I dischi in vinile, oggetti che sono stati considerati per moltissimo tempo feticci da cultori della buona musica e da appassionati, riscoprono il grande pubblico grazie alla cura delle copertine, dei booklet interni e alla necessità di ricreare spazi meno compulsivi per ascoltare i propri artisti preferiti. La rinnovata necessità della lentezza e della riflessività nell’ascolto della musica ha portato gli LP in vinile a conquistare una rilevante fetta di mercato: soltanto nel primo semestre del 2019 le entrate delle vendite sul mercato americano sono aumentate del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo un recente report della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) 33 e 45 giri rappresentano attualmente quasi il 10% del mercato, con una crescita annuale del 44%. Con un problema: le conseguenze di questo revival rischiano di creare un allarme a livello ambientale. Le conseguenze nocive per l’ambiente del ritorno in voga dell’LP vengono denunciate nel libro Decomposed, di Kyle Devine, docente di musicologia all’Università di Oslo.

Restano vecchie e anti ecologiche le modalità di produzione degli LP. Un caso gli scarti di lavorazione non filtrati. 33 e 45 giri vengono realizzati con PVC, polimero plastico considerato cancerogeno. Un libro denuncia i rischi del «mercato della nostalgia». Greenpeace e il dossier che accusa i fabbricanti di PVC in Thailandia

Il libro-inchiesta di Devine mette in evidenza come le modalità di produzione dei dischi non abbiano subito alcun processo di modifica rispetto al passato, sia per quanto riguarda i macchinari utilizzati, sia per quanto concerne i materiali impiegati. 33 e 45 giri, infatti, sono realizzati attraverso l’uso del PVC (cloruro di polivinile), un polimero plastico ottenuto dal petrolio – considerato cancerogeno - che viene sciolto con l’aggiunta di additivi e pressato per assumere la classica forma “disco”. Oltre la metà del PVC utilizzato a livello mondiale per la produzione di dischi viene prodotto dalla Thai Plastic and Chemical Public Company Limited, una delle più grandi aziende a livello mondiale nella produzione di plastica. Secondo un’indagine realizzata da Greenpeace l’azienda con sede a Bangkok da anni continua a scaricare gli scarti tossici della produzione nelle fiume Chao Phraya. Anche dall’altra parte del globo la situazione non cambia. La Keysor-Century Corporation di Los Angeles, un altro colosso nella produzione dei dischi, è stata più volte sottoposta ad indagini e multata con l’accusa di aver esposto gli operai ad esalazioni tossiche e di aver inquinato con materiali di scarto le falde acquifere.

 

L’impatto del vinile in termini di CO2

In media un singolo disco contiene 135 grammi di PVC che originerebbero una quantità di 0,5 kg di CO2. Quattro milioni di copie vendute nel solo Regno Unito nel 2017, hanno prodotto 1,9 tonnellate di CO2, senza tener conto del trasporto e dell’imballaggio. Inoltre, pur essendo un materiale plastico riutilizzabile, il PVC viene recuperato soltanto in piccolissima parte per via degli elevatissimi costi necessari ai fini del riciclo. Il PVC scartato potrebbe richiedere oltre 100 anni per decomporsi.

Una nuova strada? Il Green Vinyl Records Una nuova frontiera, ecosostenibile, nell’ascolto della musica in 33 e 45 giri potrebbe essere aperta da Green Vinyl Records, un collettivo di otto aziende olandesi impegnate a sviluppare congiuntamente un processo di produzione sostenibile ed alternativo per gli LP. L’idea è di sostituire la plastica con materiali ecologici, ottenere un risparmio energetico del 60% e un processo di produzione che generi meno rifiuti. Il progetto green si basa su «un’innovazione aperta» che comporta la condivisione delle esperienze e dei risultati anche al di fuori del team produttivo, per la diffusione a livello globale dell’idea di un «vinile verde». Il nuovo processo è fondato sulla tecnica di stampaggio a iniezione invece che su quella a pressatura — una tecnica che abolisce anche l’uso di getti di vapore della lavorazione tradizionale — e sull’utilizzo di nuovi materiali ecologici sostituiti alla plastica da PVC. Questo permette un risparmio energetico di oltre il 70%, una produzione più rapida e un minor impatto ambientale.

La qualità da migliorare, per convincere i puristi

Le sperimentazioni per produrre “dischi sostenibili” iniziano anche oltreoceano. In Canada la Viryl Technologies ha progettato e prodotto una macchina altamente innovativa per la stampa dei dischi, che comprende sensori, materiali d’avanguardia e metodologie di funzionamento al passo con i tempi, racconta uno speciale della sezione low carbon sul sito Eni. Certo secondo gli esperti, dal punto di vista acustico il “green vinyl” non raggiunge ancora i livelli dei dischi realizzati con le tecniche tradizionali. Ed è questa la scommessa per il futuro delle otto imprese accomunate nel progetto: raggiungere un livello qualitativo in grado di spingere gli appassionati a rinunciare ai dischi in PVC — senza rinunciare alla forma dei vecchi LP — ed abbracciare una nuova frontiera ecosostenibile della musica.

 




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