L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con la nota "Approccio metodologico per la valutazione della caratteristica di pericolo HP14 - Ecotossico" fornisce indicazioni di portata più generale sull’annosa questione dei codici a specchio. L’ente richiama i recenti "Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti" della Commissione europea, in attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea risponda alle domande poste dalla Corte di Cassazione
di Paolo Pipere, consulente giuridico ambientale, Segretario nazionale Associazione italiana esperti ambientali
La questione, pur essendo dibattuta da anni, è ancora irrisolta. In estrema sintesi: se in fase di attribuzione del codice al rifiuto si individua come adeguato un codice a specchio, per esempio: 16 10 01* rifiuti liquidi acquosi, contenenti sostanze pericolose oppure 16 10 02 rifiuti liquidi acquosi, diversi da quelli di cui alla voce 16 10 01, per classificare correttamente il rifiuto è indispensabile giungere ad individuare al 100% le sostanze che lo compongono o è sufficiente determinare la presenza delle sostanze pericolose che ragionevolmente, considerato il processo produttivo o il contesto di generazione del rifiuto, potrebbero essere presenti e verificare se la concentrazione delle stesse è tale da condurre ad attribuire al rifiuto una o più caratteristiche di pericolo?
I dubbi della giurisprudenza
La questione, secondo la Corte di Cassazione, non è sufficientemente chiara. La Terza Sezione della Corte di Cassazione, infatti, con ordinanza n. 37460 depositata il 27 luglio 2017 ha rimesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché si pronunci sui seguenti quesiti:
«a) Se l’allegato alla Decisione 2014/955/UE ed il Regolamento UE n. 1357/2014 vadano o meno interpretati, con riferimento alla classificazione dei rifiuti con voci speculari, nel senso che il produttore del rifiuto, quando non ne è nota la composizione, debba procedere alla previa caratterizzazione ed in quali eventuali limiti;
b) Se la ricerca delle sostanze pericolose debba essere fatta in base a metodiche uniformi predeterminate;
c) Se la ricerca delle sostanze pericolose debba basarsi su una verifica accurata e rappresentativa che tenga conto della composizione del rifiuto, se già nota o individuata in fase di caratterizzazione, o se invece la ricerca delle sostanze pericolose possa essere effettuata secondo criteri probabilistici considerando quelle che potrebbero essere ragionevolmente presenti nel rifiuto;
d) Se, nel dubbio o nell’impossibilità di provvedere con certezza all’individuazione della presenza o meno delle sostanze pericolose nel rifiuto, questo debba o meno essere comunque classificato e trattato come rifiuto pericoloso in applicazione del principio di precauzione».
Le indicazioni di ISPRA
Con il recente documento "Approccio metodologico per la valutazione della caratteristica di pericolo HP14 - Ecotossico”, ISPRA fornisce anche indicazioni di carattere generale sulla controversa questione.
Secondo l’agenzia tecnica del ministero dell’Ambiente devono essere seguite le indicazioni contenute nell’allegato 4, paragrafo 4.2.1, degli “Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti” della Commissione europea. Questi ultimi affermano che nel: «caso in cui il detentore del rifiuto disponga di qualche conoscenza in merito agli elementi del rifiuto ma non alle sostanze presenti nello stesso, si suggerisce di utilizzare il concetto di determinazione delle sostanze secondo uno scenario realistico corrispondente allo “scenario realistico più sfavorevole” per ciascun elemento identificato. Tali sostanze relative allo scenario realistico più sfavorevole dovrebbero essere determinate per ciascuna caratteristica di pericolo e successivamente dovrebbero essere utilizzate per la valutazione delle caratteristiche di pericolo. Le sostanze relative allo scenario realistico più sfavorevole dovrebbero essere determinate tenendo conto delle sostanze che potrebbero essere ragionevolmente presenti nei rifiuti (ad esempio in base alle sostanze utilizzate nel processo di generazione dei rifiuti in esame e alla chimica associata)».
Il termine “ragionevolmente”, secondo la nota 4 dell’allegato 4 degli “Orientamenti tecnici sulla
classificazione” dei rifiuti (che a sua volta cita un documento tecnico predisposto dalle Agenzie per la protezione dell’ambiente del Regno Unito), significa che: «le sostanze non possono essere presenti all'interno dei rifiuti perché, ad esempio, possono essere escluse le loro proprietà fisiche e chimiche».
Il “criterio probabilistico”, secondo la definizione della Corte di Cassazione, sembra quindi prevalere, in attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si pronunci mettendo fine a questo lungo periodo di incertezza.
Di Paolo Pipere, consulente giuridico ambientale, Segretario nazionale Associazione italiana esperti ambientali