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lanuovaecologia.it
Le associazioni ambientaliste chiedono di passare dall’obiettivo di 25.000 a 187.000 chilometri di corsi d’acqua riconnessi nell’Ue. Quasi duecento i rappresentanti di 29 Paesi, europei e non, che ne hanno discusso a Bruxelles durante il Summit dedicato
Gli ecosistemi d’acqua dolce sono tra i più minacciati in Europa. La situazione, ora, si è aggravata ulteriormente a causa della siccità. Dal desiderio di agire per difendere gli ultimi ambienti fluviali di buona qualità e ripristinare quelli degradati è nato il terzo vertice sui fiumi europei: l’European Rivers Summit, a Bruxelles dal 28 settembre al 1° ottobre. Circa cinquanta i relatori e 170 gli attivisti, studiosi, avvocati, giornalisti, tecnici, provenienti da 29 Paesi, per lo più dell’Unione europea ma anche dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e da alcuni Stati balcanici come Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro. Gli organizzatori dell’evento, Wetlands International Europe, EuroNatur, GEOTA, Riverwatch e WWF Adria, hanno messo a disposizione tutte le presentazioni sul sito dedicato.
A luglio 2022 la Commissione europea ha elaborato una nuova proposta di regolamento UE per il ripristino degli ecosistemi: la Nature Restoration Law, con obiettivi di qualità più ambiziosi e, soprattutto, obbligatori, per gli ecosistemi d’acqua dolce. Al vertice di Bruxelles ne ha parlato Sergiy Moroz, dell’European Environmental Bureau, ricordando che la proposta, nata in corrispondenza con l’approvazione della Strategia europea per la biodiversità al 2030, ha affrontato un percorso tortuoso. «A farla passare in secondo piano, – ha ricordato Moroz, – ci si sono messe prima la pandemia, poi la guerra. Se la proposta è stata approvata dalla Commissione Ue, è stato grazie alla forte spinta della società civile e delle associazioni ambientaliste. Ora, prima che diventi legge, possiamo ancora chiedere miglioramenti, come l’aumento dei tratti fluviali da riconnettere, rispetto a quanto stabilisce già la Strategia per la biodiversità».
La proposta degli ambientalisti, in particolare, è di passare dall’obiettivo di 25.000 chilometri di corsi d’acqua riconnessi nell’Ue stabilito dalla Strategia a 187.000 chilometri, ossia il 15% della lunghezza totale dei fiumi. Il primo passo dovrebbe essere fare l’inventario degli sbarramenti presenti, individuando quelli obsoleti per la rimozione. «Riqualificazione fluviale non significa solo riparare i danni agli ecosistemi, ma anche combattere la crisi climatica e dare lavoro, nell’ambito del Green deal», ha concluso Moroz.
Claire Baffert, dell’European Policy Office del WWF, ha sottolineato l’urgenza di prepararsi a una possibile revisione della Direttiva Acque 60/2000, con l’orizzonte del 2027, anno in cui – già si sa – non verranno raggiunti gli obiettivi di qualità fissati dall’Ue. Il rischio è che la direttiva venga indebolita, visto che meno della metà dei fiumi raggiunge lo stato buono o elevato e, dopo il 2027, gli Stati membri non potranno più ricorrere alle deroghe.
Per il Centro Italiano Riqualificazione Fluviale (CIRF) è intervenuto il direttore Andrea Goltara, che ha ricordato come la connettività vada intesa non solo in senso longitudinale, considerando dighe e sbarramenti, ma anche in direzione laterale. Ricavare spazio intorno ai fiumi va considerata una misura fondamentale per l’adattamento climatico, per evitare o ridurre i danni delle alluvioni. In molti casi, inoltre, è necessario ripristinare il trasporto di sedimenti, la cui interruzione è responsabile dell’erosione costiera.
Al vertice si è parlato anche delle possibilità di reperire fondi per i progetti di rinaturalizzazione: il programma Endangered Landscapes dell’iniziativa Cambridge Conservation finanzia grandi interventi per il ripristino di ambienti estesi, mentre Patagonia supporta anche piccole iniziative locali. Una risorsa importante sono i progetti LIFE dell’Ue. Tra il 2021 e il 2027 sono stati stanziati in tutto 5.400 milioni di Euro, una parte dei quali possono essere stanziati per il ripristino della naturalità di almeno 3.000 chilometri di fiumi.
Tra le minacce che incombono sui corsi d’acqua, specialmente del centro e nord Europa, come Reno e Danubio, ma anche la Vistola, in Polonia, c’è la navigazione fluviale, che nel 2020 rappresentava il 5,5% del trasporto nell’Unione, in calo rispetto agli anni precedenti. Per essere resi navigabili, i fiumi vengono pesantemente modificati con dighe e argini. Un destino che riguarda anche il nostro Po.
Ci sono molti luoghi, anche in Europa, dove gli attivisti in difesa dell’ambiente sono a rischio, sottoposti a minacce e isolati: ne hanno parlato a Bruxelles Bonnie Barclay, di International Rivers, le avvocate Ewa Dabrowska e Maja Pravuljac di ClientEarth, Justyna Choroś, della Società polacca per la protezione degli uccelli, e Neža Posnjak, della Slovenian Native Fish Society. Per limitare le azioni legali vessatorie che mirano a intimidire e mettere a tacere le voci critiche di giornalisti e attivisti ambientali, esiste una proposta di Direttiva “anti SLAPP” (Strategic lawsuits against public participation https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/13192-Azione-dellUE-contro-labuso-del-contenzioso-nei-confronti-di-giornalisti-e-difensori-dei-diritti-umani-SLAPP-_it). A dimostrazione, ancora una volta, che la libertà di espressione e la difesa dei diritti umani e ambientali vanno sempre insieme.
Elisa Cozzarini
Rassegna del 14 Ottobre, 2022 |
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