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ISSUE
352
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greenplanner.it
Sostenibilità e attenzione agli Esg rendono le aziende più solide e profittevoli: lo mostra un’analisi di Cerved per la quale le società con valutazione Esg bassa hanno in media una probabilità di default dalle 2 alle 5 volte superiore a quella delle più virtuose.
Oltre tre milioni di dati analizzati per più di 18.000 società italiane e straniere per confermare il legame, positivo, esistente tra Sostenibilità e rischio di credito.
È questo il risultato della ricerca Esg Connect, appena presentata da Cerved Rating Agency, l’agenzia di rating italiana del gruppo Cerved specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie e del grado di sostenibilità degli operatori economici.
L’analisi dei dati ha inoltre dimostrato che questa relazione vale ancora di più nel caso di aziende di piccole dimensioni; adottare pratiche sostenibili performanti, quindi, permette alle Pmi di ridurre il rischio di credito fino a cinque volte di più rispetto ad aziende che operano scelte differenti.
I dati utilizzati nella ricerca, aggiornati a settembre 2022, hanno messo a confronto le differenti probabilità di default medie associate ai vari profili di sostenibilità.
Il risultato mostra un trend che si conferma per tutte le aziende, anche per le Corporate internazionali che sono state incluse nel campione analizzato; le società con valutazione Esg bassa hanno in media una probabilità di default dalle 2 alle 5 volte superiore a quella delle più virtuose.
Per quanto riguarda le piccole imprese si va dal 7,25% di probabilità di fallire per chi non è sostenibile all’1,55% di chi invece lo è, mentre per le aziende medie e grandi che hanno un rating Esg la forbice va dal 3% allo 0,9%.
Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency sostiene che “la transizione verso un’economia sostenibile si basa su investimenti in progetti e iniziative in grado di ridurre l’impatto ambientale, facilitare i rapporti tra gli stakeholder e migliorare il governo di impresa. Oggi però non ci si può più limitare ai proclami, occorre verificare se le scelte adottate hanno prodotto risultati positivi“.
La necessità di misurare i risultati ottenuti dalle strategie e dalle iniziative di investimento è infatti un aspetto fondamentale non solo nel monitorare il percorso verso gli obiettivi dell’agenda climatica ma anche per contenere i fenomeni di greenwashing.
Cerved Rating Agency, nell’ambito dei propri progetti di ricerca, ha inoltre definito una heatmap dei fattori di rischio Esg sui principali macrosettori industriali; rispetto alla dimensione ambientale, la gestione dei materiali e rifiuti pericolosi, le elevate emissioni di CO2 e l’inquinamento dei suoli e dell’aria sono risultati particolarmente significativi nel settore chimico, edilizio, dell’estrazione dei minerali, della produzione metallurgica e dell’Oil & Gas.
Rispetto a quella sociale, i rischi di salute e le condizioni lavorative per le maestranze, l’impatto sulla comunità di riferimento e la sicurezza dei prodotti trasportati incidono sulle performance del settore logistico/shipping, retail, tessile, estrattivo e dell’Oil & Gas.
La variabile governance è invece più rilevante nei settori maggiormente influenzati dal rispetto di leggi e regolamenti, licenze e permessi quali l’estrattivo, il real estate e le costruzioni ma anche il mondo bancario e finanziario, soggetto inoltre a fenomeni fraudolenti quali corruzione e riciclaggio.
Anche la tassonomia green, adottata dall’Unione europea per definire in modo univoco quali siano gli investimenti sostenibili, è stata oggetto della ricerca di Cerved Rating Agency.
Idati raccolti hanno dimostrato che poco meno del 30% delle aziende italiane può essere considerata ammissibile con tale Regolamento europeo, riducendo di fatto il numero delle imprese o segmenti di business che possano beneficiare dell’accesso agli strumenti di finanza sostenibile.
L’analisi ha permesso di identificare due estremi di categorie di imprese:
leader: imprese che offrono beni e servizi funzionali al raggiungimento degli obiettivi di Parigi in tema di surriscaldamento globale (produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, batterie, efficientamento edilizio, soluzioni data-driven per la riduzione di emissioni). Queste aziende avranno minore rischio di default (stimato:-16% al 2025 e -23% al 2030) e maggiore accesso ai finanziamenti
laggard: settori che avranno ricadute negative (trasporti marittimi, produzione di cemento, plastica, ferro, acciaio, energia da fonti fossili). La probabilità di default stimata per questi settori dovrebbe aumentare del 10% nel 2025 e del 16,4% nel 2030
Come dimostra la ricerca, la transizione verso un’economia sostenibile sta richiedendo sempre di più dati e indicatori per poter informare in maniera oggettiva gli stakeholder e per permettere una misurazione più oggettiva dei risultati generati dalle imprese e dalle loro strategie.
Chiara Guizzetti
Rassegna del 14 Ottobre, 2022 |
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