La Newsletter di ESO
ISSUE 365

3 progetti per generare energia dal mare

Dalle maree in Scozia alla piattaforma di Eni a largo di Pantelleria fino al piano dell'Università Federico II di Napoli per sfruttare le correnti dello stretto di Messina

wired.it

3 progetti per generare energia dal mare

Un aforisma un po’ beffardo di un famoso giocatore di baseball americano dice che “in teoria non c’è differenza tra teoria e pratica, ma in pratica c’è”. In teoria, si potrebbe fornire elettricità all’intera popolazione della Terra – e ne avanzerebbe pure tanta – sfruttando l’energia racchiusa nei mari e negli oceani: un’energia abbondante, continua, rinnovabile, prevedibile e anche pulita. In pratica, però, gli sforzi fatti finora per estrarre l’energia delle maree e del moto ondoso non hanno quasi mai dato i risultati sperati: gli impianti vengono erosi dalla salsedine e danneggiati dagli impatti continui, e i costi di mantenimento elevati convincono gli operatori a rinunciare. L’episodio più infelice fu quello di Pelamis, un’azienda britannica che nel 2008 installò nelle acque del Portogallo un generatore di elettricità dalle onde – una struttura lunga cinque chilometri e paragonata a un serpente marino, dal costo di 9 milioni di euro – solo per smantellare tutto dopo un paio di settimane a causa dei malfunzionamenti.

 

L’Agenzia internazionale dell’energia stima che dall’energia oceanica si potrebbero produrre 80.000 terawattora di elettricità, tre volte tanto il fabbisogno mondiale. Secondo l’Irena, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, tra onde e flussi di maree il potenziale teorico è di 30.700 TWh all’anno. Nel pratico la situazione non è altrettanto esaltante. In un rapporto pubblicato un anno fa da Ocean Energy Europe, un’associazione di categoria, si legge che dei 30,2 megawatt di capacità da flusso di marea installata in Europa dal 2010, nel 2021 risultavano attivi soltanto 11,5 MW; nello stesso periodo, la capacità da moto ondoso è passata da 12,7 MW a 1,4 MW. Ma alcune nuove tecnologie promettono di rivoluzionare il quadro.

 

La Scozia vuole sfruttare le maree

 

Lo stretto del Pentland Firth, che separa il nord della Scozia dalle isole Orcadi, possiede tra le più forti correnti di marea del pianeta. Qui Sae Renewables ha installato nel 2017 un progetto chiamato MeyGen, che lo scorso febbraio è stato il primo al mondo a generare 50 gigawattora di elettricità (in Italia una famiglia di quattro persone consuma mediamente 3300-3600 kilowattora all’anno). MeyGen è composto da quattro turbine da 1,5 MW, simili nella forma a quelle eoliche, posizionate una ventina di metri sott’acqua per sfruttare i movimenti di masse tra il mare del Nord e l’oceano Atlantico settentrionale. Il progetto si articola in quattro fasi: la prima, da 6 MW, è operativa; la seconda e la terza (rispettivamente 28 MW e 52 MW) sono in sviluppo; l’ultima, da ulteriori 312 MW, è in stato di pianificazione.

 

Il governo scozzese ha partecipato al finanziamento di MeyGen e di un’altra soluzione innovativa: O2 di Orbital Marine Power, l’autoproclamata turbina mareomotrice più potente e tecnologicamente avanzata al mondo. Si trova ancorata al largo delle Orcadi, alle quali fornisce energia grazie a un cavo sottomarino che la collega alla rete.

 

Il progetto di Eni a Pantelleria

 

Molto più a sud della Scozia, nei pressi dell’isola di Pantelleria, a marzo Eni ha terminato l’installazione di Iswec, un dispositivo per la produzione di elettricità (fino a 260 kilowatt) dal moto delle onde: lo ha sviluppato assieme al Politecnico di Torino e a Wave for Energy, una società spin-off dell’università.

 

L’energia del moto ondoso offre qualche vantaggio rispetto all’eolico e al solare: è più prevedibile e costante, è disponibile tanto di giorno quanto di notte, ha una densità maggiore e un impatto paesaggistico contenuto (gli impianti emergono dall’acqua solo per una piccola parte). Ma è molto più complicato domare le onde piuttosto che il vento o il sole. Per ovviare al problema della corruzione da salsedine, le parti più delicate di Iswec sono allora state posizionate all’interno dello scafo in acciaio, in modo da isolarle dall’acqua. Tutto il sistema è stato poi ottimizzato per rispondere meglio – grazie alle capacità di calcolo dei supercomputer di Eni Hpc4 e Hpc5 – alle condizioni esterne, come la variazione del meteo e dell’intensità delle onde.

 

Iswec è connesso all’infrastruttura elettrica di Pantelleria e potrebbe rappresentare una soluzione per l’alimentazione pulita di altre piccole isole non allacciate alla rete principale, oltre che delle installazioni marine, come le piattaforme per l’estrazione di idrocarburi.

 

L’aquilone di SeaPower

 

La Sicilia ha un alto potenziale energetico marino. Nello stretto di Messina le correnti di marea raggiungono velocità superiori ai 2,5 metri al secondo che, se sfruttate, potrebbero produrre 125 gigawattora di elettricità all’anno: quanto serve per soddisfare il fabbisogno della città di Messina. SeaPower, società legata all’Università di Napoli Federico II, vuole provare a farlo: ha intenzione di installare nello stretto un sistema per convertire l’energetica cinetica delle maree in energia elettrica. Gemstar – questo il nome – ha una capacità di 300 kW e funziona come un aquilone sottomarino: è formato da due turbine collegate a un galleggiante e vincolate al fondale con un cavo; in presenza di correnti, il sistema si allinea ai flussi “galleggiando” a mezz’acqua e seguendone la direzione.

 

Gemstar è un prototipo e deve ancora raggiungere la fase di industrializzazione. SeaPower ha sviluppato anche un’altra tecnologia per la generazione elettrica dal moto ondoso, Pivot, simile a una boa e già testata a Civitavecchia.

 

Le idee insomma non mancano, sia in Italia che all’estero. Per realizzarsi, però, è necessario che i progetti abbiano costi contenuti, altrimenti non riusciranno a reggere la concorrenza con i parchi eolici e fotovoltaici: il mercato tende a premiare le soluzioni più economiche e più semplici. Ma, d’altra parte, l’energia marina non ha bisogno di diventare la next big thing. Può benissimo limitarsi a occupare delle nicchie specifiche, dando risposte a situazioni particolari in cui sole e vento non funzionano, e lasciare la parte del leone alle rinnovabili affermate. La transizione ecologica non è un percorso esclusivo ma un’addizione: ogni fonte di energia pulita può dare un contributo.

 

Marco dell'Aguzzo

 

Photo: C Morrison

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