È in vigore dal 18 giugno la nuova versione del terzo comma dell’art. 184- ter, D.L.vo 152/2006, come modificato dall’art. 1, c. 19, del decreto “Sblocca cantieri” (D.L. 32/2019), convertito nella L. 55/2019. Su tale intervento gravavano enormi aspettative per un’appropriata risoluzione della drammatica situazione creatasi a seguito della nota sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2018 sull’End of Waste.
Ormai da tempo balzati tristemente agli onori della cronaca, difatti, sono i tanti (troppi) roghi scoppiati all’interno di diversi siti di stoccaggio rifiuti, tanto da far parlare dell’intera penisola come della Terra dei Fuochi.
Nei primi mesi del nuovo anno per il legislatore nazionale la parola d’ordine è stata una sola: prevenzione!
Attraverso l’elaborazione di nuove linee guida e l’obbligo di adozione di piani di emergenza per gli impianti di stoccaggio presenti sul territorio, si è cercato di mettere una pezza alla funesta situazione che si è recentemente venuta a creare nel settore della gestione dei rifiuti.
Difatti, mentre in Europa si galoppa all’insegna della Circular Economy con la revisione delle direttive più importanti in tema di rifiuti, in Italia vengono di fatto bloccati gli strumenti per addivenire all’obiettivo principale di questo nuovo modello economico - fare del rifiuto una risorsa - attraverso uno dei suoi strumenti principali - il recupero.
Proprio a seguito dei diffusi e frequenti episodi di incendio che hanno colpito molti impianti di trattamento di rifiuti, nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018 è stata pubblicata la Legge di conversione n. 132/ 2018 del D.L. n. 113/2018, il c.d. Decreto Sicurezza, il quale – tra le tante novità – ha introdotto nuovi obblighi in capo agli impianti di stoccaggio e di lavorazione.
Il quadro normativo si è completato da ultimo con la Circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019 “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, adottata in sostituzione della precedente n. 4064 del 2018, con lo scopo di aggiornarne i contenuti, ossia il contesto autorizzativo, le garanzie finanziarie ma soprattutto – e per quanto qui interessa – la prevenzione del rischio da assicurare presso ogni impianto.
Oltre alle sempre necessarie politiche di prevenzione, tuttavia, ci si aspettava che a livello ministeriale si optasse per agevolare lo sblocco dell’attuale paralisi dei processi di recupero che ingolfano irrimediabilmente da mesi e mesi gli impianti nazionali, soprattutto alla luce delle modifiche che andranno apportate all’art. 184-ter, D.L.vo 152/2006, attraverso il recepimento della Direttiva 851/2018.
E, invece, la strada intrapresa è quella opposta ed è quella che esclude perentoriamente che gli Enti territoriali possano procedere al rilascio di autorizzazioni al recupero caso per caso.
Il nuovo dettato, in particolare, così dispone “«Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto per il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorità competenti sulla base dei criteri indicati nell’allegato 1, suballegato 1, al citato decreto 5 febbraio 1998, nell’allegato 1, suballegato 1, al citato regolamento di cui al decreto 12 giugno 2002, n. 161, e nell’allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività».”.
Non sorprende come l’analisi della nuova lettera della norma lasci perplessa anche autorevole dottrina: di fatto, sia per i processi di recupero che è possibile autorizzare in semplificata sia per quelli da autorizzare in ordinaria, vengono parimenti indicati come criteri di riferimento quelli contenuti negli ormai obsoleti decreti 5 febbraio 1998 (per i rifiuti non pericolosi), 12 giugno 2002, n. 161 (per i rifiuti pericolosi), e 17 novembre 2005, n. 269 (per i rifiuti pericolosi provenienti dalle navi), escludendo, quindi, la possibilità che impianti con differenti, e molto più complesse e articolate, procedure di recupero possano vedersi rilasciare apposita autorizzazione dagli Enti territoriali.
Lontani dalla risoluzione del problema, i roghi continuano a divampare – l’ultimo a Frosinone meno di 48 ore dal momento in cui si scrive - benché la nostra normativa di riferimento sanzioni penalmente la combustione illecita di rifiuti all’art. 256-bis, D.L.vo 152/2006.
Si veda S.SUARDI, Economia Circolare in Italia? Per ora solo utopia, in www.eso.it.