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Rassegna del 27 Giugno 2019
    

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LO “SBLOCCA CANTIERI” È LEGGE. FERMO IL RECUPERO DEI RIFIUTI.


È in vigore dal 18 giugno la nuova versione del terzo comma dell’art. 184- ter, D.L.vo 152/2006, come modificato dall’art. 1, c. 19, del decreto “Sblocca cantieri” (D.L. 32/2019), convertito nella L. 55/2019. Su tale intervento gravavano enormi aspettative per un’appropriata risoluzione della drammatica situazione creatasi a seguito della nota sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2018 sull’End of Waste.

Ormai da tempo balzati tristemente agli onori della cronaca, difatti, sono i tanti (troppi) roghi scoppiati all’interno di diversi siti di stoccaggio rifiuti, tanto da far parlare dell’intera penisola come della Terra dei Fuochi.

Nei primi mesi del nuovo anno per il legislatore nazionale la parola d’ordine è stata una sola: prevenzione!

Attraverso l’elaborazione di nuove linee guida e l’obbligo di adozione di piani di emergenza per gli impianti di stoccaggio presenti sul territorio, si è cercato di mettere una pezza alla funesta situazione che si è recentemente venuta a creare nel settore della gestione dei rifiuti.

Difatti, mentre in Europa si galoppa all’insegna della Circular Economy con la revisione delle direttive più importanti in tema di rifiuti, in Italia vengono di fatto bloccati gli strumenti per addivenire all’obiettivo principale di questo nuovo modello economico - fare del rifiuto una risorsa - attraverso uno dei suoi strumenti principali - il recupero.

Proprio a seguito dei diffusi e frequenti episodi di incendio che hanno colpito molti impianti di trattamento di rifiuti, nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018 è stata pubblicata la Legge di conversione n. 132/ 2018 del D.L. n. 113/2018, il c.d. Decreto Sicurezza, il quale – tra le tante novità – ha introdotto nuovi obblighi in capo agli impianti di stoccaggio e di lavorazione.

Il quadro normativo si è completato da ultimo con la Circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, adottata in sostituzione della precedente n. 4064 del 2018, con lo scopo di aggiornarne i contenuti, ossia il contesto autorizzativo, le garanzie finanziarie ma soprattutto – e per quanto qui interessa – la prevenzione del rischio da assicurare presso ogni impianto.

Oltre alle sempre necessarie politiche di prevenzione, tuttavia, ci si aspettava che a livello ministeriale si optasse per agevolare lo sblocco dell’attuale paralisi dei processi di recupero che ingolfano irrimediabilmente da mesi e mesi gli impianti nazionali, soprattutto alla luce delle modifiche che andranno apportate all’art. 184-ter, D.L.vo 152/2006, attraverso il recepimento della Direttiva 851/2018.

E, invece, la strada intrapresa è quella opposta ed è quella che esclude perentoriamente che gli Enti territoriali possano procedere al rilascio di autorizzazioni al recupero caso per caso.

Il nuovo dettato, in particolare, così dispone “«Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e  di  cui al titolo III-bis della parte seconda del  presente  decreto  per  il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorità  competenti  sulla base dei criteri indicati nell’allegato 1, suballegato 1,  al  citato decreto 5 febbraio 1998, nell’allegato 1, suballegato  1,  al  citato regolamento di cui al decreto 12 giugno 2002, n. 161, e nell’allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto 17 novembre 2005,  n.  269, per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività».”.

Non sorprende come l’analisi della nuova lettera della norma lasci perplessa anche autorevole dottrina: di fatto, sia per i processi di recupero che è possibile autorizzare in semplificata sia per quelli da autorizzare in ordinaria, vengono parimenti indicati come criteri di riferimento quelli contenuti negli ormai obsoleti decreti 5 febbraio 1998 (per i rifiuti non pericolosi), 12 giugno 2002, n. 161 (per i rifiuti pericolosi), e 17 novembre 2005, n. 269 (per i rifiuti pericolosi provenienti dalle navi), escludendo, quindi, la possibilità che impianti con differenti, e molto più complesse e articolate, procedure di recupero possano vedersi rilasciare apposita autorizzazione dagli Enti territoriali.

Lontani dalla risoluzione del problema, i roghi continuano a divampare – l’ultimo a Frosinone meno di 48 ore dal momento in cui si scrive - benché la nostra normativa di riferimento sanzioni penalmente la combustione illecita di rifiuti all’art. 256-bis, D.L.vo 152/2006.


Di Sabrina Suardi

Environmental Consultant

 

[1]Dal 4 luglio 2018 sono entrate in vigore in Europa le quattro direttive (tutte datate 30 maggio 2018) “Circular Economy”, pubblicate sulla GUUE L. 150 del 14 giugno 2018. La direttiva 851, in particolare, modifica in modo ampio e sostanziale la stessa direttiva madre sui rifiuti, ovvero la direttiva 98/2008/CE.

[2] Si veda S.SUARDI, Economia Circolare in Italia? Per ora solo utopia, in www.eso.it.

[3] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

[4] Disposizioni urgenti per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

[5] In ottica cautelativa e preventiva la norma ricomprende, indistintamente, tutti gli impianti esistenti o di nuova costruzione all’interno dei quali siano gestiti rifiuti. L’unica esclusione dal presente campo di applicazione è stata chiarita dal Ministero dell’Ambiente, il quale, con la Circolare n. 2730 del 13 febbraio 2019 “Disposizioni attuative dell’art. 26-bis, inserito dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132 – prime indicazioni per i gestori degli impianti”, ha precisato che l’art. 26-bis, D.L. 113/2018, non si applica agli impianti a rischio di incidente rilevante sottoposti alla più dettagliata normativa Seveso.

Ci si riferisce in particolare al D.L.vo 105/2015 “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”, c.d. Direttiva Seveso III.

[6] Art. 6, c. 4: “Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità della direttiva (UE) 2015/1535”.

[7] Si veda:

-          E. RONCHI, End of waste: lo Sblocca cantieri blocca lo sviluppo del riciclo dei rifiuti.

-          S. MAGLIA, In vigore la “riforma” End of waste: brutta lex, sed lex (per ora)!

-          P.PIPERE, Lo “sblocca cantieri” blocca la trasformazione dei rifiuti in prodotti.

 

 

 




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Rassegna del 27 Giugno 2019
 
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