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Ambiente: il lato positivo del lockdown e un modello per il futuro in 4 punti - di Alessandra Sessa


Ambiente: il lato positivo del lockdown e un modello per il futuro in 4 punti - di Alessandra Sessa

Cosa dobbiamo fare ora? Evitare di tornare indietro. Alessandro Giannì, direttore delle Campagne Greenpeace Italia, ci ha dato quattro punti dai quali ripartire per un futuro migliore

Dagli animali selvatici tornati un po’ ovunque, al crollo della Co2. L’impatto positivo del lockdown sull’ambiente è sotto gli occhi di tutti. Ma allora, come far fruttare questo «vantaggio» per ripartire con una rinnovata coscienza ecologica? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Giannì, direttore delle Campagne Greenpeace Italia, che ci ha aiutato a tracciare un modello di sviluppo sostenibile in quattro punti per ripartire con il piede giusto e non vanificare la preziosa e spietata lezione che il virus ci ha dato.

«Secondo alcune stime, le emissioni globali di Co2 si sarebbero ridotte dell’8% rispetto all’anno scorso. Tuttavia non si può sperare in una pandemia per raggiungere risultati di questo tipo. – spiega Alessandro Giannì – Molti anni fa, ad esempio, ci fu un momento in cui nell’Adriatico le risorse di pesca avevano recuperato perché era in corso una guerra nell’ex Jugoslavia. Non può essere questo il modo per uscire dalle crisi, per poi comunque ritornare indietro. Se un “vantaggio” c’è stato in questa crisi, è forse quello di aver fatto capire a molte più persone, governanti compresi, quanto dipendiamo dalla natura. Ora c’è bisogno di risposte tempestive, efficaci e globali. Questa è la grande lezione che non possiamo perdere».

«Oggi – continua Giannì – piangiamo trentamila vittime per covid, ma non dimentichiamoci che i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente stimano in oltre 75mila le morti premature all’anno per problemi collegati alla qualità dell’aria. Il Covid relativizza gli altri problemi, ma non li cancella. Greenpeace, insieme a molte altre associazioni e organizzazioni, ha chiesto ai governanti una visione chiara e globale per capire in che direzione andare. E ci sono già oltre 17 ministri europei dell’ambiente che hanno chiesto di uscire dalla crisi applicando e amplificando gli obiettivi del Green Deal (l’accordo comunitario per investimenti sostenibili). Perché il legame tra la distruzione dell’ambiente naturale e lo sviluppo di pandemie è ormai stranoto».

Quali sono i punti sui quali insistere per stabilire un armonico patto col pianeta?

«Tra le misure urgenti da prendere c’è innanzitutto la salvaguardia della diversità biologica. Noi abbiamo aree marine e terrestri protette sulle quali dovremmo iniziare a investire dando occupazione e lavoro. Dalla sorveglianza, all’educazione ambientale, perché non investire in tutele del nostro patrimonio ambientale? Questa è l’occasione per creare un’occupazione sana».

Un secondo punto riguarda la mobilità a basso impatto, perché la qualità dell’aria è un diritto di tutti. Oggi più che mai evidente se si considerano gli studi sulla relazione tra inquinamento e incidenza del virus. «In questa fase di transizione è fondamentale garantire sicurezza al cittadino che ha paura a prendere i mezzi pubblici, rendendoli più efficienti. Di certo la proposta di far entrare più auto nel centro storico non è gestibile in termini di traffico, rumore e qualità dell’aria. E poi c’è anche un problema di equità: non tutti posso permettersi la macchina. Piuttosto si dovrebbero incentivare le alternative come il noleggio delle biciclette».

Il terzo punto da considerare valutando nuove strategie di ripartenza sono gli aspetti economici legati all’ambiente. «Secondo alcuni conti economici se il coronavirus causerà a livello globale un trilione di dollari di perdite, la crisi climatica potrebbe generarne decine di volte superiori, da 25 a 65 trilioni di dollari», dice Giannì «Non possiamo più perdere tempo continuando a sponsorizzare fonti fossili, a cominciare dal gas, spacciato come un amico del clima. Basta con i sussidi ambientalmente dannosi, che incentivano le fonti fossili! Ogni anno in Italia spendiamo circa 19 miliardi di euro in questi affari sporchi. Dovremmo invece cominciare a spostare gradualmente i soldi sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica» continua Giannì.

Infine, un altro punto cruciale per un modello di sviluppo armonico è l’approvvigionamento sostenibile di cibo. Come siamo messi? «Oggi l’80% della deforestazione planetaria ha a che fare in qualche modo con le attività agricole. Non possiamo continuare a deforestare per produrre soia per gli allevamenti, olio di palma, cacao o quant’altro, mettendo a rischio la nostra diversità biologica. Ripensare il modo in cui produciamo e sprechiamo il cibo è una necessità. In pratica, sarà importante minimizzare l’uso di carne e pesce o di prodotti che hanno un impatto, in favore di una dieta vegetariana. Cambiare la lista della spesa forse non salverà il pianeta, ma sapere che noi possiamo fare la nostra parte è già qualcosa». «Insomma, conclude Giannì «dobbiamo evitare di tornare indietro: sappiamo come fare, cosa aspettiamo a farlo? Il nostro pianeta ci dà messaggi sempre più chiari, sta a noi scegliere come agire».

 

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