Le imprese e gli enti sono tenuti a garantire la corretta gestione dei propri rifiuti, e perciò devono:
- conoscere la composizione e le eventuali caratteristiche di pericolo dei propri rifiuti;
- organizzare il “deposito temporaneo” nel luogo di produzione dei rifiuti che in seguito saranno avviati al recupero o allo smaltimento;
- scegliere fornitori di servizi di trasporto, di intermediazione, di commercio senza detenzione dei rifiuti, di recupero e di smaltimento dotati di specifiche autorizzazioni;
- adempiere a una serie di adempimenti documentali per dimostrare di aver rispettato le prescrizioni contenute nelle leggi applicabili.
In particolare, l’art. 188 del decreto legislativo n. 152/2006 (la norma quadro che disciplina la gestione dei rifiuti) chiarisce l’estensione e i limiti della responsabilità del produttore del rifiuto, individuando nello specifico documento di trasporto dei rifiuti, il “formulario identificativo del rifiuto”, il mezzo di prova dell’avvenuto conferimento del rifiuto all’impianto autorizzato a gestirlo.
La norma citata dispone che:
«3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:
a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;
b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario».
La consegna del rifiuto a terzi implica per il produttore o il detentore l’obbligo di un accurato controllo preventivo dei titoli abilitativi (iscrizioni al’Albo nazionale gestori ambientali, autorizzazioni) di tutti i soggetti coinvolti nella filiera di gestione del rifiuto: trasportatore, intermediario o commerciante senza detenzione, gestore dell’impianto di recupero o di smaltimento.
Una sentenza della Corte di Cassazione (Sez. III, n. 19884 del 14/05/2014) ha sintetizzato efficacemente gli obblighi di verifica del produttore o del detentore di “rifiuti speciali” (i residui originati dall’esercizio di un’attività economica o istituzionale) diversi da quelli che è possibile conferire al servizio pubblico di raccolta:
«colui che conferisce i propri rifiuti a soggetti terzi per il recupero o lo smaltimento ha il dovere di accertare che questi ultimi siano debitamente autorizzati allo svolgimento delle operazioni, con la conseguenza che l'inosservanza di tale regola di cautela imprenditoriale è idonea a configurare la responsabilità per il reato di illecita gestione di rifiuti in concorso con coloro che li hanno ricevuti in assenza del prescritto titolo abilitativo».
I principi fondamentali della legislazione ambientale europea, inoltre, prevedono che tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti rispondano solidalmente della corretta gestione degli stessi. Il produttore del rifiuto deve quindi aver cura di conferirlo a un soggetto che sia autorizzato a gestire quel particolare tipo di rifiuto, perché l’assenza di autorizzazione per lo specifico rifiuto equivale a mancanza di autorizzazione. Anche per questo motivo la corretta attribuzione del codice identificativo del rifiuto desunto dall’elenco armonizzato europeo (il cosiddetto Catalogo Europeo dei Rifiuti – CER o EER), dato che nel nostro Paese i titoli abilitativi sono rilasciati agli operatori del settore sulla base di tali codici, e la corretta classificazione del rifiuto sia in base all’origine sia alla pericolosità, sono entrambi elementi imprescindibili al fine di assicurare la corretta gestione del rifiuto e di limitare la responsabilità del produttore dello stesso. Infatti, adempimenti amministrativi, modalità di deposito temporaneo dei rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti, scelta dei fornitori di servizi di trasporto, recupero e smaltimento, oltre che sanzioni variano in relazione alla codifica e alla classificazione del rifiuto.
di Paolo Pipere, consulente giuridico ambientale