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Rassegna del 11 Gennaio 2018
    

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Si chiama Paguro il jeans sostenibile e su misura


Ilaria Vesentini

Un jeans sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, con un fit perfetto a misura del singolo cliente (grazie a un algoritmo che riproduce in digitale la forma dei vecchi jeans preferiti), con un denim di cotone riciclato al 40% e lavorato lungo una filiera corta ed etica. È il progetto Pagurojeans, start-up di Parma fondata da due giovani amici, un ingegnere messicano e un fisico romano, che hanno vinto il programma Greenhouse di Climate Kic, il più importante club europeo pubblico-privato per contrastare il cambiamento climatico, e sono ora in dirittura d’arrivo con la campagna di crowdfunding sulla piattaforma Ginger, spalleggiati da Aster, società per l’innovazione dell’Emilia-Romagna.

«Siamo partiti da un tema di sostenibilità, non di moda. Abbiamo iniziato circa un anno fa a studiare progetti di green economy, quando siamo rimasti colpiti dall’impatto clamoroso del jeans, il capo di abbigliamento più indossato e venduto al mondo, sull’ambiente: per produrne un paio ci vogliono oltre 8mila litri di acqua, senza considerare la quantità di agenti chimici e di energia necessari per fabbricazione e trasporto», afferma Andrea Scaparro, Cto e co-fondatore, assieme a Guillermo Hernandez, della iniziativa nata a Parma, dove i due neoimprenditori vivono (e dove Scaparro insegna Informatica e programmazione in un liceo scientifico).

Il jeans del futuro che prende il nome del crostaceo “riciclone” per antonomasia (visto che il paguro fa di conchiglie vuote la propria casa) è creato con almeno il 40% di denim riciclato, di cotone al 100% o, nella versione elasticizzata, con un massimo di 2% di elastam, senza altre fibre sintetiche per essere resistente e nel contempo pronto al riuso una volta terminato il primo ciclo di vita. Già così si riducono del 60% i consumi di acqua e di prodotti chimici e del 40% i consumi di energia rispetto al processo tradizionale. Se poi il cliente cede il vecchio jeans usurato si arriva a un riciclo totale.

«Il nostro jeans sarà una seconda pelle naturale, confortevole, funzionale e su misura e grazie al connubio tra innovazione digitale e qualità artigianale sarà un prodotto che rispetta l’ambiente e le persone - spiega Scaparro –. Il cliente ci può mandare non solo le misure, ma il suo jeans preferito e noi creiamo una copia digitale, grazie a un algoritmo proprietario, per avere il minimo spreco nel taglio del tessuto e vestibilità perfetta del nuovo jeans Paguro, che non sarà una copia del vecchio». Il design Paguro infatti è classico, minimalista, adatto tanto per il lavoro quanto per il trekking.

Qualità ed ecosostenibilità sono assicurati da una filiera non solo corta ma etica: inizia a Inveruno, vicino Milano, dove ha sede Italdenim, azienda da 40 anni leader nel denim e primo produttore al mondo ad aver aderito al protocollo Detox di Greenpeace, passa per Parma per personalizzare il taglio del capo e finisce a Reggio Emilia, alla sartoria sociale Filo Rosa che offre un riscatto professionale a donne in difficoltà (www.ideaginger.it/progetti/pagurojeans.html).

 

Fonte: Il Sole 24 ORE, 8 gennaio 2018




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