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Rassegna del 14 Dicembre 2017
    

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Sottoprodotti, non rifiuti. Un'opportunità per le imprese.


Sottoprodotti, non rifiuti. Un'opportunità per le imprese.

Alcuni residui di produzione, a condizione che siano oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in un altro processo produttivo senza arrecare danno all’ambiente e alla salute, possono essere considerati “sottoprodotti”, quindi merci e non rifiuti.

di Paolo Pipere, Esperto di Diritto dell’Ambiente, Consulente giuridico ambientale

Il processo di progressiva transizione a un modello di economia circolare - un’economia che, invece di ricorrere alle materie prime convenzionali non rinnovabili o rinnovabili solo nel lungo periodo, si alimenta dei residui di produzione e di consumo - può essere realizzato solo se si considerano con attenzione le nozioni di sottoprodotto e di cessazione della qualifica di rifiuto. Quest’ultima si realizza quando un impianto autorizzato a trattare rifiuti riesce a trasformarli in veri e propri nuovi prodotti. Il sottoprodotto, invece, è un residuo di produzione che, fin dal momento in cui viene generato, ha caratteristiche tali da consentirne il reimpiego in processi produttivi o in altre attività economiche senza dover essere preventivamente sottoposti a trattamenti diversi da quelli che costituiscono la "normale pratica industriale".
Il D.Lgs. 152/2006 definisce come "sottoprodotto":
"qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184- bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2".
Il D.M. 264/2016, come si preciserà in seguito, stabilisce alcuni di questi criteri.
L’articolo 184-bis, comma 1, definisce le “condizioni” che devono essere tutte al contempo soddisfatte affinché un determinato scarto di produzione possa essere qualificato come sottoprodotto:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana».
In altri termini, il sottoprodotto deve essere in tutto e per tutto un prodotto, pertanto deve rispettare tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente.
È necessario verificare, ed essere in grado di dimostrare con un’appropriata e completa documentazione, che lo scarto di produzione qualificato come sottoprodotto sia conforme a tutte le norme cogenti applicabili a quel genere di prodotti, non solo a quelle volte e proteggere l’ambiente e la salute.
La completezza della documentazione è essenziale, perché è l’impresa che decide di avvalersi di questo regime di favore a dovere dimostrare di non avere gestito come prodotto ciò che invece rispondeva alla definizione di rifiuto.
La documentazione deve comprendere un’adeguata valutazione della corrispondenza del sottoprodotto alle norme tecniche nazionali o internazionali, alle norme di settore, alle caratteristiche merceologiche dei prodotti usualmente commercializzati o alle specifiche merceologiche dei prodotti dei quali vengono ufficialmente rilevati i prezzi all’ingrosso.
È necessario, inoltre, dimostrare che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi, pertanto è necessario poter esibire:

  • contratti che dimostrano che il sottoprodotto viene ceduto ad un utilizzatore, naturalmente non come rifiuto o materia secondaria, ma come vero e proprio prodotto;
  • fatture di vendita;
  • documentazione relativa alla funzione che il sottoprodotto svolgerà nel processo produttivo o di utilizzo al quale è destinato (ad esempio, sostituzione di materie prime "tradizionali").

Infine, si deve essere in grado di dimostrare che la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale, pertanto:

  • è necessario acquisire documentazione sui processi produttivi o di utilizzo che impiegheranno i sottoprodotti ed essere certi che questi ultimi possano essere impiegati come input di questi processi senza che sia necessario sottoporli a trattamenti diversi da quelli previsti per le materie prime "tradizionali";
  • è opportuno verificare se esistono norme tecniche o di settore che possano essere utilizzate per dimostrare qual è la “normale pratica industriale” in quel settore di attività.


Criteri per dimostrare che un residuo è un sotoprodotto
Con il Decreto ministeriale 13 ottobre 2016, n. 264 - Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti. (GU n.38 del 15-2-2017) –  sono stati forniti criteri generali, indicativi e non vincolanti, per dimostrare il rispetto delle condizioni che consentono la gestione di uno scarto di produzione come sottoprodotto e criteri specifici per le biomasse residuali destinate all'impiego per la produzione di biogas e le biomasse residuali destinate all'impiego per la produzione di energia mediante combustione.
Come anticipato, la condizione essenziale affinché un residuo di produzione possa essere qualificato come sottoprodotto è la certezza dell’utilizzo dello scarto nel medesimo ciclo di produzione che lo ha generato o in altri processi produttivi o attività economiche: per esempio, uno scarto di produzione di in processo di produzione di prodotti chimici deve essere impiegato o come materia prima in un altro ciclo produttivo oppure come sostanza utile per effettuare un trattamento di depurazione delle acque reflue.
Il decreto ministeriale dispone che il requisito della certezza dell'utilizzo debba essere: "dimostrato dal momento della produzione del residuo fino al momento dell'impiego dello stesso. A tali fini il produttore e il detentore assicurano, ciascuno per quanto di propria competenza, l'organizzazione e la continuità di un sistema di gestione, ivi incluse le fasi di deposito e trasporto, che, per tempi e per modalità, consente l'identificazione e l'utilizzazione effettiva del sottoprodotto".

Riprogettare i processi produttivi per non generare rifiuti
Una delle novità più rilevanti introdotte dal Decreto 264/2016 è costituita dalla possibilità di evitare la formazione di rifiuti con interventi volti a far sì che il processo produttivo generi sottoprodotti.
"Rientrano, in ogni caso, nella normale pratica industriale le attività e le operazioni che costituiscono parte integrante del ciclo di produzione del residuo, anche se progettate e realizzate allo specifico fine di rendere le caratteristiche ambientali o sanitarie della sostanza o dell'oggetto idonee a consentire e favorire, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e a non portare ad impatti complessivi negativi sull'ambiente".
Questo significa che è possibile, senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione, riprogettare il layout dell’impianto di produzione industriale o artigianale affinché includa le attività e le operazioni necessarie a far sì che il residuo abbia, fin dal momento in cui viene generato, le caratteristiche atte a consentire di qualificarlo come sottoprodotto.




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Rassegna del 14 Dicembre 2017
 
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