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Città resilienti, l’agricoltura urbana può produrre il 10% del cibo mondiale


Una ricerca svela che, se implementata, l’agricoltura urbana può arrivare a produrre il 10% del cibo mondiale, causando allo stesso tempo una serie di altri benefici collaterali.

Città: agglomerati brulicanti di edifici, persone, attività. Un bacino che concentra problematiche, sfide, ma anche risorse per approcciare il futuro in un modo differente. In quest’ottica, per la prima volta sono stati mappati i benefici, attuali e potenziali, dell’agricoltura urbana.

Ad occuparsene un team internazionale di studiosi, coordinati dall’Arizona State University, che ha condotto una ricerca, pubblicata sulla rivista Earth’s Future. L’analisi ha indagato il potenziale globale dell’agricoltura urbana stilando una mappatura a partire dalle immagini satellitari di Google Earth, incrociate con dati demografici e meteorologici. Gli esperti hanno concluso che, messa in pratica nelle città di tutto il mondo, l’agricoltura urbana potrebbe produrre fino a 180 milioni di tonnellate di cibo all’anno, pari a circa il 10% della produzione globale di ortaggi, legumi, radici e tuberi.

I ricercatori hanno valutato, inoltre, i servizi ecosistemici che fornirebbero le coltivazioni nelle aree cittadine: riduzione dell’effetto isola di calore, deflusso delle acque piovane, fissazione dell’azoto, controllo dei parassiti e risparmio energetico. Una serie di effetti collaterali virtuosi, che possono rendere l’agricoltura urbana un comparto che vale 160 miliardi di dollari all’anno su scala globale.

“Non solo l’agricoltura urbana può rappresentare una quota importante della produzione alimentare globale, ma presenta una serie di benefici collaterali, a partire dagli impatti sociali”, ha affermato a questo proposito Matei Georgescu, professore di scienze geografiche e urbanistica presso l’Arizona State University. Gli stessi accademici spiegano che l’agricoltura urbana non sfamerà mai il mondo, ma la ricerca dimostra comunque un punto fondamentale: il capitale naturale nelle città può essere enormemente migliorato incentivando questo tipo di agricoltura, con benefici per i cittadini che vanno al di là dell’alimentazione in senso stretto.

Non a caso si parla di città resilienti, connubio che è insieme un obiettivo, una speranza e una necessità. Essere resilienti significa, infatti, avere gli strumenti necessari a superare con successo le difficoltà che si presentano. Una è -lo sottolinea l’UNEP– il riscaldamento globale. La questione alimentare, con milioni di persone che soffrono la fame da un lato, e tonnellate e tonnellate di cibo sprecato dall’altro, non è certo un problema di secondaria importanza.

Se si pensa, poi, che si sta assistendo una fase di urbanizzazione tale per cui entro il 2050 la percentuale di abitanti delle metropoli nel mondo lieviterà al 65%, diventa ancora più necessario puntare i riflettori sui grandi agglomerati, che devono diventare luogo privilegiato di trasformazione e avanguardistico veicolo di cambiamento.

Nell’ottica di avere città davvero resilienti, è giunta l’ora di implementare l’agricoltura urbana che, secondo una recente ricerca, può arrivare a produrre il 10% del cibo mondiale.

 

Fonte: nonsoloambiente.it, 29 marzo 2018




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