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Rassegna del 25 Gennaio 2018
    

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Ecco come la plastica finisce negli Oceani


Secondo alcuni studi i responsabili sono i fiumi. Dieci di loro, tra i più lunghi del mondo, porterebbero oltre il 90% di tutta la plastica. Per dimezzare l'inquinamento basterebbe migliorare la gestione dei corsi d’acqua

I dati sulla produzione e il consumo della plastica nel pianeta sono in continua ascesa. Secondo alcuni calcoli se ne producono 240 milioni di tonnellate l’anno e la sua fabbricazione assorbe l’8% della produzione mondiale di petrolio per un consumo pro capite stimato in 100 chilogrammi solo nei paesi della UE e in Nord America. Per rendersi conto della portata del fenomeno basta considerare che ogni minuto nel mondo vengono acquistate 1 milione di bottiglie di plastica. Un’invasione che come è facile pensare comporta dei rischi enormi.

Ma dove va a finire tutta questa plastica considerando che meno del 5% viene riciclata? Una parte cospicua (secondo l’UNEP pari a 8 milioni di tonnellate) negli oceani dove si calcola che dagli anni ’50 ad oggi sia finita la metà di tutta la plastica prodotta in oltre 60 anni e dove esistono diverse isole galleggianti enormi, come la Pacific Trash Vortex, un’isola di plastica grande varie volte l’Italia. Secondo uno studio tedesco pubblicato sulla rivista internazionale di ambiente Environmental Science & Technology dell’American Chemical Society e realizzato dai ricercatori dell’Helmholtz Centre for Environmental Research e della Weihenstephan-Triesdorf University of Applied Science analizzando e studiando decine di studi sull’inquinamento della plastica raccogliendo campioni da 79 siti lungo 57 fiumi in tutto il mondo, responsabili del trasporto verso il mare di una gran massa di plastica sono i fiumi. Alcuni molto di più in ragione anche della loro portata e della lunghezza, del territorio che attraversano e del numero di persone che vivono attorno alle sue sponde. 10 di loro (Yangtze, Xi e Huanpu in Cina, Gange in India, Oyono in Nigeria, Brantas e Solo in Indonesia, Rio delle Amazzoni in Brasile, Pasig nelle Filippine e Irrawaddy in Birmania) trasporterebbero oltre il 90% di tutta la plastica che finisce in mare.

I ricercatori sono convinti che basterebbe migliorare la gestione dei corsi d’acqua per ridurre drasticamente (addirittura del 50%) l’inquinamento. Anche perché la plastica è un materiale che non si degrada mai completamente riducendosi in microframmenti sempre più piccoli. Che poi finiscono per essere preda di pesci e crostacei entrando nella nostra catena alimentare. Si calcola che mangiamo ogni anno fino a 11mila frammenti di plastica attraverso pesci e altre specie marine. Un boccone non solo amaro, ma soprattutto indigesto.

 

Fonte: WISE SOCIETY, 17 gennaio 2018




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