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ISSUE 314

Dall'olio ai detersivi: come evitare di avvelenare l'ambiente

Composti chimici non biodegradabili, microplastiche, olii, grassi e saponi: questo è ciò che diamo da mangiare a pesci e alghe praticamente tutti i giorni tramite i nostri scarichi. Ecco cosa possiamo fare per evitarlo

repubblica.it

Dall'olio ai detersivi: come evitare di avvelenare l'ambiente

Alcuni prodotti di uso quotidiano rischiano di essere letali per l’ambiente, in particolare per l’ecosistema marino, se non smaltiti correttamente. L’inquinamento delle falde acquifere e degli specchi d’acqua dolce o salata ha molte cause. I principali indiziati sono pesticidi e agenti chimici di cui industrie e settore agricolo fanno largo uso. Esiste però anche l’inquinamento civile, prodotto dai nostri scarti domestici. Questi trovano il loro sbocco nel mare e a volte riescono a penetrare le falde acquifere, alterando la composizione dell’acqua. È vero, l’ecosistema marino è in grado di autodepurarsi, ma entro certi limiti: concentrazioni troppo alte di agenti chimici o inquinanti rendono l’ambiente invivibile per flora e fauna marine, e mettono in pericolo la salute dell’ambiente e la nostra. Composti chimici non biodegradabili, microplastiche, olii, grassi e saponi: questo è ciò che diamo da mangiare a pesci e alghe praticamente tutti i giorni tramite i nostri scarichi. L’Agenzia Europea dell’Ambiente afferma chiaramente che le acque reflue urbane hanno un peso nell’inquinamento marino, accanto alle acque di scarto industriali e agricole e al traffico marittimo. La colpa è di ciò che buttiamo nello scarico del lavandino, nel water o nella vasca da bagno senza starci troppo a pensare. Dobbiamo farlo, invece, per la nostra salute e per il pianeta.

 

OLIO DA CUCINA. Il più classico dei prodotti inquinanti per l’ambiente non è chimico ma naturale: l’olio vegetale che utilizziamo per cucinare. È liquido, quindi che danno potrà fare se lo butto nello scarico? I danni sono enormi, invece. Un litro d’olio può inquinare circa 1000 m2 di acqua. Come? Formando una pellicola sottile sulla superficie dell’acqua e impedendo in questo modo l’ossigenazione di flora e fauna marine. Quindi, anche se è liquido e naturale non significa che faccia bene all’ambiente.

 

Soluzione: Non lasciamo vincere la pigrizia. Raccogliamo l’olio in barattoli ermetici; una volta che ne abbiamo accumulati un po’, li consegniamo alla più vicina isola ecologica oppure ai raccoglitori per olio esausto posti davanti ai supermercati. Di buono c’è che l’olio alimentare è riciclabile al 100% e può produrre biodiesel, bio-lubrificanti e altri prodotti a base di olio.

 

DETERSIVI CHIMICI CON TENSIONATTIVI. Detersivi per la lavatrice, sapone per i piatti, prodotti per il pavimento: la maggior parte dei detergenti che usiamo ogni giorno per la pulizia della casa contengono tensioattivi, sostanze che derivano dalla raffinazione del petrolio. Alcuni tensioattivi servono a creare la schiuma, spesso sono anche nello shampoo: i famosi SLES e SLS. Il problema è che alterano in modo negativo l’ambiente in cui vengono rilasciati: danneggiano uova e organismi viventi e oltre certe concentrazioni uccidono flora e fauna. Soluzione: cerchiamo di utilizzare il meno possibile prodotti contenenti tensioattivi di origine chimica, occhio all’etichetta.

 

AMMONIACA. L’ammoniaca, un composto dell’azoto, viene utilizzata nelle pulizie domestiche come sgrassatore. Risulta però tossica per gli organismi acquatici e per tutto l’ecosistema marino, e anche per noi: irrita le vie respiratorie se inalata e può provocare asma. Meglio ridurne il consumo e utilizzare al suo posto bicarbonato o amido di mais, dallo stesso potere sgrassante.

 

CANDEGGINA. Non c’è da scherzare con la candeggina. Ancor prima che per l’ambiente, è tossica per noi – soprattutto per i bambini. Molto aggressiva, basti pensare che non deterge come i saponi ma “distrugge” tramite ossidazione ciò che trova sul suo cammino, compreso acciaio, pelle, organismi viventi. Forma composti che durano molto tempo. Soluzione: utilizzarla il meno possibile. Non è necessario uccidere ogni forma di vita esistente.

 

MICROFIBRE. Dobbiamo prestare la massima attenzione alla lavatrice. Oltre ai detersivi chimici che contengono tensioattivi e rovinano l’ambiente, in mare finiscono anche le micro-fibre di tessuto sintetico. La soluzione non è smettere di lavare i panni, ma farlo con oculatezza, solo quando serve davvero. Possiamo acquistare un filtro capace di bloccare le micro-particelle, in commercio ce ne sono molti. Infine, è preferibile acquistare capi in fibre naturali come cotone, canapa, lino, che si degradano facilmente in natura.

 

COSMETICI. Ecco un’altra galassia di prodotti a cui stare bene attenti. Che non vi venga in mente di gettare il contenuto liquido (o solido) di qualche vecchio cosmetico nel lavandino! Innanzitutto, prima di gettare via tutto si può puntare sul riutilizzo. Un latte detergente scaduto può funzionare come lucido per scarpe; una vecchia crema per il viso può diventare uno scrub se unita al sale grosso o a un cucchiaio di caffè. E per lo smaltimento? In linea di massima si tratta di prodotti non riciclabili, quindi sarebbe meglio fare scelte green in fase di acquisto: anche qui occorre fare attenzione all’etichetta e alle marche. Tinte per capelli e smalti vanno gettati insieme ai farmaci scaduti. Lacca, spuma per capelli, acqua ossigenato e tutto ciò che riporta la dicitura “tossico” va consegnato all’isola ecologica.

 

PILE ESAUSTE. La pila va trattata con estrema accortezza. Una normale pila contiene molti materiali altamente inquinanti, come cromo, cadmio, rame, zinco, mercurio: un grammo di quest’ultimo, contenuto in una sola pila, può inquinare 1000 litri d’acqua. Non a caso le pile sono inserite tra i “rifiuti speciali pericolosi”. In generale, più della metà dei materiali vengono riciclati: da nichel e manganese si ricavano utensili, dal rame cavi elettrici. Tuttavia lo spreco è grande, ed è preferibile scegliere oggetti che vadano ad elettricità anziché a batterie. Si smaltiscono soltanto presso le isole ecologiche o negli appositi raccoglitori.

 

Flavia Carlorecchio

 

 

Foto: Willfried Wende

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