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ISSUE 343

Ciclabili e trasporto collettivo, a che punto siamo con la mobilità sostenibile in Italia

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Ciclabili e trasporto collettivo, a che punto siamo con la mobilità sostenibile in Italia

Quello di una mobilità sostenibile è ancora un sogno per molte città italiane. Il rapporto MobilitAria 2022 del Kyoto Club fa il punto su trasporto pubblico, piste ciclabili e servizi di sharing, anche in riferimento ad altre città europee. In un'ottica ambientale, di salute e qualità della vita

 

Le città italiane sono pronte per una mobilità a zero emissioni? A delineare un quadro completo sul tema è il rapporto MobilitAria 2022, realizzato dal gruppo di lavoro “Mobilità sostenibile” di Kyoto Club e dagli esperti di CNR-IIA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto sull’Inquinamento Atmosferico).

 

L’edizione 2022 fa il punto sui provvedimenti di mobilità ai tempi della pandemia in 14 grandi città ed aree metropolitane italiane nel 2021, anche in riferimento alle altre città dell’Unione europea, e analizza i provvedimenti inerenti contenuti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano. Il rapporto prende in esame, inoltre, la composizione del parco circolante e le emissioni di gas serra che ciascun tipo di veicolo comporta nel totale in ognuna delle 14 città: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Reggio Calabria, Torino e Venezia.

 

Mobilità sostenibile e dipendenza energetica

 

“Ridurre l’uso e il numero di spostamenti in auto a diesel e benzina, – scrivono nel report – potenziare l’offerta di trasporto pubblico e servizi di sharing mobility, e soprattutto dare un vero e forte impulso alla ciclabilità: sono tutte scelte che contribuirebbero grandemente a ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di petrolio, ad accelerare la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e a salvaguardare la salute umana, riducendo l’inquinamento dell’aria che, solo in Italia, causa oltre 65mila morti l’anno“.

 

Il report fa notare come diverse amministrazioni si siano impegnate negli ultimi anni per garantire spostamenti che mantenessero un alto livello di sicurezza sanitaria. Sono aumentati dunque, a differenza del 2020, i servizi in sharing in termini di operatori che erogano il servizio o del numero di mezzi messi a disposizione.

 

In tutte le città analizzate, le autovetture alimentate a gasolio sono in diminuzione, a questo corrisponde una crescita significativa delle autovetture alimentate elettricamente o ibride. Anche se in Italia si continua a incentivare l’acquisto anche di veicoli a combustione: il 16 maggio sono infatti entrati in vigore i nuovi incentivi previsti dal ministero dello Sviluppo economico per l’acquisto di veicoli, auto e moto, elettrici, ibridi e a “basse emissioni”, per un totale di risorse stanziate che ammontano a 650 milioni di euro per ogni anno, dal 2022 al 2024.

 

36 città europee, la classifica della Clean Cities Campaign 

 

Secondo il rapporto Pan-European City Rating and Ranking on Urban Mobility for Liveable Cities, lanciato nel Febbraio 2022 dalla Clean Cities Campaign (CCC) – una coalizione europea di associazioni ambientaliste e movimenti di base, promossa da Transport&Environment (T&E) e da European Climate Foundation (ECF), che chiede ai sindaci europei impegni concreti per una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030 – mentre per alcune città europee dalla pandemia si è iniziata a ripensare la mobilità urbana e si è imposta un’accelerazione alla transizione ecologica a livello urbano, in Italia si sono fatti anche passi indietro.

 

Il rapporto analizza e compara tra loro 36 città europee (tra cui le quattro italiane, Milano, Torino, Roma e Napoli) in 16 Paesi, valutandone le performance sui temi della mobilità sostenibile, dello spazio urbano e della qualità dell’aria.

 

Nonostante molte città abbiano intensificato ed accelerato un rinnovamento della mobilità, nessuna ha conseguito il punteggio massimo, cioè la classe A. In testa c’è Oslo, seguita da Amsterdam, Helsinki, Copenhagen e Parigi, tutte in classe B. Le città italiane si trovano tutte nella metà bassa della classifica: Milano è 20esima, classe C, Torino è 23esima, classe D, Roma è 32esima, classe D e Napoli è 36esima, classe E.

 

“Le città italiane – denunciano nel rapporto MobilitAria – scontano la mancanza di una visione forte e di coraggio politico. Gli interventi per trasformare la mobilità sono stati finora raramente sistematici: molti progetti pilota, molti slanci ai quali non ha fatto seguito un’attenta pianificazione, cambiamenti a passo di gambero. Un esempio di questa incoerenza amministrativa è la sospensione della ZTL (zona a traffico limitato, ndr) di Torino per tutta la durata dello stato di emergenza causa covid-19, una ZTL già attiva per sole tre ore al giorno su un’area tutto sommato ridotta del centro urbano di Torino”.

 

Il rapporto analizza nel dettaglio come si sono posizionate le città italiane nelle diverse categorie analizzate.

 

Trasporto pubblico: bene per Milano e Torino, Napoli una delle più costose

 

È evidente come un trasporto pubblico efficiente, capillare ed accessibile sia la basa da cui partire per dirigersi verso una mobilità a zero emissioni, eppure in ancora molte, troppe città, vi sono pesanti carenze.

 

Le tre città europee con il trasporto pubblico più accessibile e conveniente – dove cioè ci sono più opportunità di prendere bus, tram e metro, pesando meno sul bilancio familiare – sono Parigi, Lisbona e Barcellona. In Italia si delinea uno scenario più complesso.

 

Torino e Milano sono tra le città europee con maggior numero di stazioni e fermate di trasporto pubblico per chilometro quadrato, rispettivamente 10,7 e 9,4. Roma è invece tra le dieci città con minore accesso ad una rete di trasporto pubblico, con 3,3 stazioni e fermate per chilometro quadrato. Come messo in luce anche da uno studio di Greenpeace Italia, in molte zone della capitale la rete di trasporto pubblico locale e i servizi di sharing mobility sono carenti se non assenti.

 

Napoli è tra le cinque città con il trasporto pubblico più costoso d’Europa, in sostanza anche a causa di periferie nelle quali il reddito medio è tra i più bassi tra le grandi città italiane.

 

Quello del costo del trasporto è un tasto dolente: secondo lo studio, è invece fondamentale portare avanti politiche per assicurare l’accesso e l’uso del trasporto pubblico anche alle categorie economicamente svantaggiate, introducendo strumenti come le esenzioni, i bonus o le politiche tariffarie differenziate. Inoltre, visto anche il costo di mantenimento di un’automobile, adeguate politiche di rottamazione cittadine potrebbero consentire di abbandonare definitivamente l’uso dell’auto privata in favore di un accesso gratuito a trasporto pubblico e sharing mobility o di altri mezzi di trasporto alternativi all’auto ma più economici.

 

A Napoli e a Roma non si pedala

 

In quasi tutte le città italiane prese in esame dal Kyoto Club, si è registrato un aumento di chilometri di piste ciclabili: forse spinte dalle rinnovate esigenze dei cittadini che nel corso della pandemia hanno sperimentato un modo diverso di vivere le aree urbane. Tuttavia, non è stato sufficiente per stare al passo con le metropoli europee. Eppure, incentivare la mobilità attiva, spiegano dallo studio, non serve solo da un punto di vista pratico a scoraggiare l’uso delle auto per brevi distanze ma anche a migliorare la salute pubblica e a permettere alle persone di riappropriarsi dello spazio pubblico.

 

Torino, Roma e Napoli sono tra le cinque città europee, secondo la classifica di Clean Cities Campaign, con meno spazio dedicato esclusivamente ai pedoni e alle bici. Napoli, in particolare, registra le percentuali minori di strade pedonali e ciclabili: solo il 10,9% sono destinate ai pedoni, contro il 57,6% di Granada, prima in classifica in questa categoria; solo l’1,5% sono invece dedicate alle biciclette, cioè meno di 30 chilometri di piste ciclabili, un bel gap, ad esempio, da Amsterdam, in top con il 26% della rete stradale dedicata alle due ruote, ben 1200 chilometri di ciclabili.

 

Anche Roma rientra tra le cinque città con meno opportunità di andare in bici, con solo il 2,6% della rete viaria dedicata. Milano e Torino, nonostante gli investimenti fatti durante la pandemia, hanno ancora una rete ciclabile relativamente poco estesa (tra il 6% e il 7% del totale in entrambi i casi) e soprattutto discontinua.

 

Le strade di Roma, le meno sicure d’Europa

 

Un aspetto da non sottovalutare quando si parla di mobilità, anche solo da una prospettiva ambientale, è la sicurezza stradale. Una città poco sicura è infatti il disincentivo maggiore per scegliere mezzi alternativi all’auto.

 

In questo il triste primato spetta a Roma, che è la città europea con il maggior numero di pedoni e ciclisti vittime di incidenti stradali mortali: ogni anno muoiono sulle strade romane quasi 50 persone. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone travolte da automobili che non rispettano il codice della strada, non si fermano alle strisce pedonali oppure superano i limiti di velocità. Anche Milano e Torino registrano dati non incoraggianti, con oltre un morto per 100.000 abitanti all’anno.

 

“L’unico modo per fermare questa strage silenziosa – scrivono nel report – è disarticolare la centralità dell’automobile e restituire le strade delle città italiane ai pedoni e ai ciclisti. Soprattutto, serve una rivoluzione copernicana nella nostra idea di spazio urbano: le automobili devono essere delle ospiti, talvolta necessarie, ma mai le padrone di strade e piazze”.

 

E a fare la differenza potrebbe essere la velocità dell’auto: secondo dati della Transformative Urban Mobility Initiative, spiegano ancora nel report, la probabilità che un pedone muoia a seguito dell’impatto con un’auto aumenta dal 5% all’80% quando la velocità del veicolo passa da 30 a 50 chilometri e arriva al 100% quando l’impatto avviene a velocità anche di poco più elevate. Per questo sempre più città in Europa è nel mondo scelgono di normalizzare i 30 chilometri orari come limite di velocità nelle aree urbane.

 

Secondo la la campagna Bologna30, si tratterebbe di una misura in grado di cambiare la vita di molte persone: oltre alla riduzione degli incidenti stradali del 25% e, in particolare degli investimenti dei pedoni del 50%, diminuirebbe anche il rumore percepito, i livelli di inquinamento mentre ci sarebbe un aumento del valore degli immobili, della redditività dei negozi e degli spostamenti a piedi e in bicicletta.

 

L’aria peggiore a Milano e Torino

 

Torino (52.7 NO2 e 34.4 PM10) e Milano (47,2 NO2 e 34,6 PM10) sono tra le tre città europee dello studio con la peggiore qualità dell’aria.

 

L’Italia, d’altronde, ha tre procedure d’infrazione europee per ciascuno dei principali inquinanti dell’aria. E come sappiamo le restrizioni d’emergenza al traffico dovute agli sforamenti dei limiti di legge sono all’ordine del giorno in moltissime città, soprattutto del bacino padano.

 

Al di là delle misure di emergenza della pandemia che nel 2020 hanno reso le città italiane tra le migliori per la qualità dell’aria, facilitare il lavoro da casa, quando possibile, potrebbe essere una delle soluzioni da mettere in campo per combattere il problema dello smog nel nostro Paese.

 

Bolzano, apripista europea per le strade scolastiche

 

La strada scolastica è una strada o un piazzale adiacente a una scuola in cui viene vietato, temporaneamente o in modo permanente, il traffico degli autoveicoli, in modo che tutti possano raggiungere la scuola in sicurezza. Il transito viene sempre consentito a pedoni e bici, e può essere consentito, se necessario, ai mezzi per il trasporto dei disabili e scuolabus.

 

Si tratta di interventi a basso costo che, in un primo momento, possono essere sperimentati anche con delle semplici fioriere. I benefici però sono tanti: garantiscono la salute, la sicurezza e migliorano la qualità dell’aria, riducendo sensibilmente il traffico nei dintorni delle scuole e incoraggiando soluzioni alternative alle auto.

 

In Europa, Bolzano è stata la prima sperimentazione di cui si ha notizia nel 1989: solo una decina di anni dopo sono arrivate in Belgio, e poi in forma diversa in Danimarca e nel Regno Unito, dove oggi è Londra la città che ha implementato più strade scolastiche in un relativo breve tempo. Sebbene l’Italia sia stata una pioniera in Europa, oggi non vi sono molte strade scolastiche: a seguire sono arrivate le esperienze di Milano con il progetto delle scuole car free del 2012 e poi Parma, Olbia, Monza e più recentemente le nuove sperimentazioni di Milano e Roma.

 

 

Photo: Alessandro Leuci

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