La Newsletter di ESO
ISSUE 346

Non solo Marmolada: a che punto è l’avanzata della crisi climatica in Italia

Entro il 2100 potremmo avere una temperatura media fino a +5,4°C rispetto agli anni 1971-2000, e una riduzione delle piogge al 2080 pari al -40%

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Non solo Marmolada: a che punto è l’avanzata della crisi climatica in Italia

La tragedia ancora in corso sul Marmolada, dove ieri un’enorme massa di ghiaccio è crollata uccidendo (almeno) sei persone, è solo l’ultima e dolorosa testimonianza della crisi climatica in corso: un problema che ci accompagna ogni giorno, anche quando non la cronaca sceglie di non ricordarcelo.

 

L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), in un focus analizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, informa infatti che nel nostro Paese «la temperatura media annuale è aumentata a un tasso di 1 grado centigrado negli ultimi 100 anni, con il tasso di riscaldamento che ha accelerato negli ultimi 50 anni. Negli ultimi due decenni la temperatura dell’Italia è salita leggermente di più della media mondiale».

 

Un quadro che diventa ancora più fosco osservando il trend del surriscaldamento a partire dal 1880: in questo caso la stessa Fondazione – sulla base di dati Noaa, Ispra e Cnr – evidenzia che in Italia «la temperatura media è aumentata di 2,4°C, molto più velocemente della media mondiale intorno a +1°C». E continuerà a salire velocemente, senza una rapida riduzione nelle emissioni di gas serra.

 

Secondo le proiezioni elaborate dal Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa) incorporate nel focus Iea, la temperatura media annuale in Italia a fine secolo sarà più alta (rispetto al periodo 1971-2000) tra gli 1,8-3,1°C e i 3,5-5,4°C.

 

Allo stesso tempo, aggiunge la Iea, la piovosità media annua «è leggermente diminuita. Dal 1800 al 2011 Sebbene gli eventi di precipitazioni basse e medie siano diventati meno frequenti, il numero di episodi le precipitazioni nelle regioni settentrionali italiane sono diminuite del 19% in estate e del 25% in autunno, mentre nelle regioni meridionali i cali maggiori si sono registrati in primavera (-22%) e in inverno (-12%)».

 

In prospettiva, l’aumento della temperatura media, l’evapotraspirazione e la scarsa piovosità contribuiranno «a una diminuzione del 40% del flusso d’acqua entro il 2080», col concreto rischio dunque che la siccità in corso rappresenti un semplice antipasto del prossimo futuro.

 

Al contempo, quando le piogge arriveranno saranno sempre più difficili da contenere: «Le forti precipitazioni sempre più frequenti potrebbero, inoltre, rappresentare una minaccia per la rete elettrica e il funzionamento delle centrali elettriche».

 

Basti osservare, come argomentano ancora dalla Fondazione, che si tratta di fenomeni con cui già oggi siamo chiamati a fare i conti in maniera crescente: «Dal 2008 si sono moltiplicati otto volte e sono cresciute tutte le tipologie di eventi estremi: +480% i tornado, +580% le piogge intense e le bombe d’acqua, +1.100% le grandinate e +1.200% le raffiche di vento».

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