La Newsletter di ESO
ISSUE 362

Cosa prevede il Green deal industrial plan dell’Unione europea

Quattro i pilastri del piano industriale europeo per la neutralità climatica, presentato dalla Commissione europea, che punta a stimolare uno sviluppo sostenibile. Scopriamoli insieme

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Cosa prevede il Green deal industrial plan dell’Unione europea

Non si è fatta attendere. La Commissione europea ha pubblicato il Green deal industrial plan for the Net-zero age, annunciato dalla sua presidente, Ursula von der Leyen, in occasione del World Economic Forum lo scorso gennaio. Il piano conferma la volontà di sostenere la crescita di un’industria europea attenta all’adozione di tecnologie a ridotto impatto ambientale e all’efficientamento delle proprie attività per contribuire al raggiungimento della neutralità climatica al 2050.

 

Una semplificazione del quadro normativo

 

Sono quattro i pilastri della proposta, come si legge sulla pagina dedicata. Processi autorizzativi più veloci per iniziative legate alle fonti rinnovabili, promozione di progetti strategici su suolo comunitario e sviluppo di standard che supportino la diffusione di tecnologie a ridotto impatto ambientale nel mercato unico europeo, spazio di libera circolazione di merci e persone.

 

A favorire il raggiungimento di questi obiettivi sarà il quadro normativo disegnato dalla Commissione europea con il Net-zero industry act, di prossima proposta. Una cornice che sarà costruita insieme ad altri due pilastri della transizione energetica: il Critical raw materials act, che mira a normare l’accesso a materie prime preziose, come le terre rare impiegate in moltissimi prodotti high-tech, e la riforma del mercato elettrico, ancora più urgente alla luce degli effetti speculativi sul prezzo del gas indotti dall’esplosione del conflitto in Ucraina.

 

Radice di questa posizione è la politica politica americana dell’Inflation Reduction Act, nota come IRA, che sostiene le tecnologie dal maggiore potenziale di crescita per creare filiere industriali nazionali ed europee che siano sostenibili e capaci di competere con l’economia cinese.

 

Accesso più snello e rapido ai finanziamenti

 

Per destinare gli investimenti e i finanziamenti all’industria sostenibile in maniera sempre più rapida e mirata, la Commissione europea ha preparato e inviato agli stati membri una bozza del Temporary state aid crisis and transition framework, in adattamento allo State aid temporary crisis framework.

 

Si tratta di uno strumento pensato per sbloccare con maggiore rapidità i finanziamenti pubblici e, di conseguenze, fare leva su quelli privati. Difatti, l’esecutivo europeo vuole facilitare la concessione degli aiuti di stato all’interno dei paesi membri, ferma restando la volontà di garantire la leale concorrenza tra le mura del mercato unico e di evitare la frammentazione nazionale legata alle diverse tipologie di sostegno in tempo di pandemia. La Commissione europea ha inviato la bozza del framework ai singoli stati membri e, dopo loro riscontro, intende adottarle nell’arco delle prossime settimane.

 

Coltivazione di nuove competenze

 

Il 35-40 per cento dei nuovi posti di lavoro potrebbe ricadere – si spera, con dovuta cautela – nell’ambito della transizione energetica. Sviluppare le giuste competenze è fondamentale ed è il terzo pilastro del Green deal industrial plan: lo European year of skills.

 

L’esecutivo prevede di istituire le Net-zero industry academies per avviare programmi di aggiornamento e di apprendimento utili sia al posizionamento delle nuove leve in settori strategici sia alla convergenza di finanziamenti pubblici e privati nello.

 

Libera concorrenza per catene di approvvigionamento resilienti

 

Pandemia, difficoltà di reperimento di materie prime, conflitto in Ucraina: questi avvenimenti hanno mostrato i punti di debolezza della logistica e delle catene di approvvigionamento su scala globale. Per garantire il pieno sviluppo delle tecnologie a ridotto impatto ambientale, la Commissione europea evidenzia l’importanza di promuovere la propria attività nel pieno rispetto dei principi della concorrenza leale e del libero scambio e di lavorare in collaborazione con la World trade organisation, l’Organizzazione mondiale del commercio.

 

Alla base degli accordi di libero scambio, che saranno siglati all’interno della cornice del Free trade agreements o di altre forme di cooperazione, c’è la volontà di proteggere il mercato unico da distorsioni nella concorrenza sleale provocate da sovvenzioni estere, Cina e Stati Uniti in particolare.

 

Possibili modifiche e auspici futuri

 

Il piano non è definitivo. Nell’ottica di facilitare ulteriormente la decarbonizzazione del comparto industriale, la Commissione europea prevede di concedere aiuti alle tecnologie “meno mature”, come l‘idrogeno rinnovabile, senza una gara d’appalto nel caso di aiuti statali, a condizione che ci siano delle salvaguardie garanzia del principio di proporzionalità del sostegno pubblico.

 

Inoltre, vuole colmare con più decisione la mancanza di investimenti nei settori strategici per la transizione verde per contenere le possibili derive di nuovi investimenti a favore di Paesi terzi al di là dei confini comunitari. Per i progetti che si promuovono in aree più svantaggiate, dove il prodotto interno lordo pro capite è inferiore al 75 per cento della media europea, o che comportano un investimento in diversi Stati Membri e un sostegno da un Paese terzo, la proposta è di consentire un ulteriore aiuto proporzionale a quest’ultimo.

 

L’intenzione è di coltivare e mantenere una leadership nella produzione di batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori e cattura e stoccaggio di CO2, nonché all’approvvigionamento delle materie prime critiche necessarie alla produzione di tali apparecchiature. Insomma, la tutela di quelli che sono i campi sui quali si gioca la partita della leadership mondiale sostenibile.

 

Le posizioni sul tema

 

Per sua natura, il piano solleva posizioni opposte all’interno dell’opinione pubblica. C’è il centro di ricerca indipendente con sede nei Paesi Bassi The Hague Centre for Strategic Studies, ad esempio, che lo considera “un buon passo nella giusta direzione”, anche se manca di chiarezza su quelle che sono le tecnologie pulite, neutre e su come lavoreranno nel concreto.

 

La mancanza di chiarezza del piano sulle tecnologie specifiche che aiuteranno a centrare l’obiettivo di neutralità climatica al 2050 è invocata anche dall’associazione SolarPower Europe, che raccoglie le imprese europee della filiera fotovoltaica. Direttamente collegata, la posizione dei produttori europei di grafite naturale che, come riporta il sito d’informazione Euractiv, chiedono l’attuazione di politiche d’importazione diversificate che evitino un’eccessiva dipendenza da singoli fornitori ed evitino una concorrenza sleale provocata da sovvenzioni più “attraenti” da parte dei paesi asiatici, Cina in primo piano.

 

Importante evidenziare, poi, che tra gli stessi politici europei ci sono dei malumori: il massiccio ricorso agli aiuti di Stato del Green deal industrial plan potrebbero svantaggiare i Paesi con minori capacità finanziarie, sostengono il commissario al Commercio di orientamento liberista Valdis Dombrovskis e la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager. Dietro al tema della salvaguardia del mercato interno, dunque, potrebbe celarsi il rischio di un’ulteriore disparità economica e sociale tra i membri dell’Unione Europea.

 

Tra le ong, solista la voce del think tank italiano per il clima ECCO: “Se l’obiettivo è competere nei nuovi mercati, creare catene del valore resilienti a shock e monopoli, dare impulso all’innovazione e ridurre le emissioni, sarà necessario sostenere in sede europea l’impianto proposto dalla Presidente Von der Leyen ma supportato da alcuni elementi cruciali aggiuntivi”, evidenzia in una comunicazione. “A livello nazionale – prosegue – sarà necessario fare scelte coraggiose su determinate tecnologie verdi per non rimanere indietro ed evitare di sostituire la dipendenza dal gas russo con la dipendenza dal gas di altri paesi fornitori”.

 

Inoltre, “il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano avrebbe bisogno di una revisione nel senso verde delineata nel nuovo Piano industriale europeo, visto il basso impatto stimato per il clima. Revisione che dovrebbe mirare a supportare lo sviluppo di filiere industriali nei settori delle tecnologie abilitanti la riduzione delle emissioni, come l’auto elettrica, esattamente come fa l’IRA statunitense”.

 

Ivonne Carpinelli

 

 

Photo: Shutterstock

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