La Newsletter di ESO
ISSUE 364

Benefit, avanguardia italiana delle società in buona salute

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Benefit, avanguardia italiana delle società in buona salute

Negli ultimi due anni il sistema economico ha registrato un incremento significativo delle società benefit, realtà che perseguono un capitalismo responsabile, capace di creare un beneficio comune per la comunità e gli stakeholder, andando oltre al profitto fine a sé stesso.

 

Se c’è un futuro per le aziende italiane, questo collima molto con le direttive intraprese dalle Società Benefit che per loro natura sono resilienti, quanto meno perché sperimentano l’avanguardia e hanno “un assetto più avanzato con cui reggere all’urto delle pressioni, con una forza che deriva dall’assumere dentro di sé gli obiettivi di beneficio comune, sociali e ambientali, al pari di quelli del profitto“.

 

Sono queste le parole dell’onorevole Mauro Del Barba (in forza ad Azione – Italia Viva) che è anche presidente di Assobenefit, che sottolinea: “le società Benefit sono imprese che vogliono andare oltre ciò che la legge prevede e che il regolatore a livello europeo sta indicando in termini di innovazione“.

 

Ecco l’avanguardia. Che vuol dire sperimentare, anche nuovi progetti di bene sociale e ambiantale.

 

“Adesso, proprio perché si passa dalle parole ai fatti – precisa Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS con una parentesi come Ministro delle Infrastrutture – il mercato selezionerà chi è più avanti e crescerà in un’ottica di sostenibilità, e chi invece resiste“.

 

Applaudono in sala Del Barba e Giovannini oltre 200 imprenditori, in occasione della Quarta Giornata Nazionale delle Società Benefit, organizzata da Assobenefit e tenutasi lo scorso 14 marzo a Milano.

 

Tra loro anche liberi professionisti, esperti e accademici che si sono incontrati per valutarsi (è un importante momento di networking) e valutare e come lo strumento della Società Benefit permetta di interpretare l’attività imprenditoriale in modo innovativo, sostenibile e conforme alle nuove aspettative del mercato e alla normativa attuale e futura.

 

Perché diventare Benefit

 

Intanto anche Nedcommunity – associazione degli amministratori non esecutivi e indipendenti, componenti degli organi di governo e controllo delle imprese – si è interrogata sulle Benefit come modello da adottare o meno.

 

Il momento di confronto è avvenuto nel corso di un seminario dedicato ai suoi associati, Quale evoluzione delle Società Benefit nel nuovo Framework per la Sostenibilità, tenutosi lo scorso 15 marzo.

 

Una domanda che nasce lontano nel tempo e che oggi, con gli aggiornamenti riguardanti gli standard di reporting Esg e la direttiva sulla Sostenibilità, è più attuale che mai.

 

La Legge del 28 dicembre 2015 numero 208 introdusse, accanto alle società di profitto, un modello nuovo, quello delle corporation for benefit, dando così vita a un’idea di capitalismo responsabile in cui il senso di impresa va oltre al profitto e vuole creare un beneficio comune per la comunità e gli stakeholder.

 

Per questo motivo, la normativa tutt’ora prevede che l’impegno assunto dalle imprese sia essere formalmente indicato all’interno dello statuto societario. Un passaggio importante, che porta a coniare l’espressione governance for purpose, ovvero un andare oltre il mero scopo del profitto.

 

Ma è davvero una novità? E bisogna effettuare un cambiamento nella forma societaria per diventare una società che persegue il beneficio comune? Quali sono i profili di responsabilità degli amministratori nei confronti dell’oggetto sociale for benefit?

 

E quali sono gli impatti sul modello operativo dell’azienda? Non tutti i quesiti, oggi, hanno una risposta univoca.

 

Se pensiamo alla storia del capitalismo italiano, a un modello di economia civile nel senso etimologico del termine, quanto proposto da Olivetti e da Mattei nel periodo del rilancio economico aveva l’ambizione di integrare gli obiettivi di redditività delle aziende con la creazione di esternalità positive per la comunità e il territorio, con un’idea di crescita per l’intero sistema economico-sociale.

 

Questo approccio oggi è spesso presente nelle aziende a conduzione familiare, che hanno a cuore tematiche sociali come la creazione e il mantenimento dei posti di lavoro dei propri dipendenti, in una logica di benessere distribuito.

 

Guardando i numeri, negli ultimi due anni il sistema economico ha registrato un incremento significativo delle società benefit: oggi in Italia si contano poco meno di 3.000 società benefit (ben fotografate da uno strumento messo a punto dalla Camera di Commercio di Taranto).

 

Sono tante o sono poche? L’obbligatorietà della modifica formale all’oggetto sociale per mettere nero su bianco l’obiettivo di beneficio comune pone due considerazioni, che possono rappresentare un freno allo sviluppo del modello:

 

  1. il diritto di recesso, da parte del socio in disaccordo

  2. l’iter burocratico sottostante le modifiche stesse

 

A questo si aggiunge la mancanza di criteri di premialità, come crediti di imposta o altri riconoscimenti, che possano fungere da incentivo per attivare questo processo trasformativo.

 

Al momento, però, non ci sono elementi oggettivi per confermare o per smentire queste ipotesi. Al tempo stesso, non esiste un modello di riferimento definito e riconosciuto per misurare gli impatti relativi alla creazione del bene comune.

 

Addirittura – e questo è il paradosso – alcune Società Benefit hanno elaborato le proprie modalità di rendicontazione, rendendo così ardua la comparazione delle performance economiche e sociali.

 

Il reporting e la misurazione dei risultati raggiunti possono quindi giocare un ruolo importante nelle scelte decisionali, soprattutto in una logica di armonizzazione, trasparenza e  coerenza tra le scelte strategiche, gli obiettivi Esg e le metriche di misurazione.

 

Se per i consiglieri indipendenti, che, per il ruolo che ricoprono, non possono vivere la quotidianità dell’azienda, sono questi i temi di interesse principale; il punto di vista degli imprenditori che hanno scelto consapevolmente di intraprendere un percorso orientato alla creazione del bene comune ai fini del raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 è, invece, differente.

 

Rimane importante – ma non solo per le Benefit – comunicare, in modo autentico e originale, preservando la qualità, l’accuratezza e la trasparenza delle informazioni.

 

È questa una questione fondante per le società benefit e rappresenta un obiettivo da perseguire con costanza, allo stesso livello di quanto formalmente dichiarato nell’oggetto sociale.

 

Secondo Nedcommunity sarà, comunque, importante attendere i prossimi aggiornamenti normativi e i relativi impatti.

 

M.Cristina Ceresa
(ha collaborato Chiara Guizzetti)

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