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Come noto una parte importante dei rifiuti tessili è destinata all’esportazione. Secondo dati della Commissione UE le esportazioni di rifiuti tessili al di fuori dell’Unione sono in costante crescita e hanno raggiunto 1,4 milioni di tonnellate nel 2020 [1].
Un’analisi dettagliata è fornita dal rapporto di ETC/CE – European Topic Centre on Circular Economy “Le esportazioni dell’UE di tessuti usati nell’economia circolare europea” [2] che ci informa che
la quantità di tessili usati esportati dall’UE è triplicata negli ultimi due decenni, passando da poco più di 550 mila tonnellate nel 2000 a quasi 1,7 milioni di tonnellate nel 2019;
il 25% dei 15 kg di prodotti tessili mediamente usati all’anno da un cittadino europeo, una volta diventati rifiuti è destinato all’esportazione. Nel 2019 quasi la metà (il 46%) è inviato in Africa dove soddisfa la domanda di vestiti usati a buon mercato dall’Europa ma la parte prevalente, non idonea al riutilizzo, finisce per lo più in discariche abusive. Il 41% è invece destinato all’ Asia dove la filiera sembra più attrezzata per il riciclo con aree dedicate allo smistamento e alla rigenerazione degli stracci È probabile che i tessuti che non possono essere riciclati o riesportati finiscano anch’essi nelle discariche;
la Germania è il principale Paese esportatore UE di rifiuti tessili (36% dei volumi totali esportati) seguito da Olanda (14%) mentre l’Italia contribuisce nella misura del 10%.
E’ inoltre opinione diffusa che in assenza di regolamentazione sulle modalità di gestione, i volumi esportati saranno destinati ad aumentare dopo l’applicazione della direttiva UE sull’obbligo della raccolta separata della frazione tessile dei rifiuti urbani in vigore dal 2025 (direttiva 851/2018) attualmente in fase di recepimento da parte degli stati membri. Questo scenario sembrerebbe inevitabile viste le attuali limitate capacità di riutilizzo e riciclaggio del sistema industriale europeo.
L’iter legislativo che si è concluso con la pubblicazione in gazzetta ufficiale del Regolamento UE 2024/1157 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 aprile 2024 [3] modificando il Regolamento CE 1013/2006 sulla spedizione dei rifiuti (REFIT) rappresenta una svolta importante e punta a rafforzare e armonizzare le norme che regolano l’esportazione.
In particolare si stabilisce che le esportazione dall’EU di rifiuti non pericolosi potranno essere consentite solo per quei Paesi non OCSE a condizione che gli stessi diano esplicitamente il consenso a riceverli e siano in grado di dimostrare la loro capacità nel trattare questi materiali in modo sostenibile. Nel contempo tanto le istituzioni quanto le imprese esportatrici dovranno controllare che queste condizioni siano realistiche e che lo scambio avvenga correttamente. In particolare le aziende sono tenute a condurre audit indipendenti presso le aziende destinatarie dei carichi al fine di garantirne la corretta gestione.
Il nuovo approccio può rappresentare quindi una svolta importante ma non punta solo a ridimensionare il fenomeno descritto e i suoi impatti ambientali e sociali, ma riconosce il valore intrinseco nel rifiuto stesso (la componente fibrosa e polimerica) e si sollecitano scambi di materia prima seconda tra i Paesi europei e con logiche di prossimità. In altre parole: meno esportazioni selvagge e più gestione efficiente dei rifiuti grazie alla diffusione di sistemi di recupero, riuso e riciclo per implementare nuove filiere europee circolari.
Aurora Magni
(1) https://ec.europa.eu/eurostat/fr/web/products-eurostat-news/-/ddn-20210420-1
(2) https://www.eea.europa.eu/publications/eu-exports-of-used-textiles
(3) https://eur-lex.europa.eu/eli/reg/2024/1157/oj
Photo: Hermes Rivera
Rassegna del 30 Agosto, 2024 |
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