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Ha lasciato il suo piccolo l'orca che ha commosso il mondo
Dopo 17 giorni di lutto, durante i quali ha sempre tenuto a galla il suo neonato morto 30 minuti dopo il parto, l'orca J35 lo ha finalmente lasciato andare. Una manifestazione d'affetto materno senza precedenti
Dopo averlo tenuto a galla con la testa per almeno 17 giorni, percorrendo circa 1600 chilometri di Oceano Pacifico nordoccidentale, un'orca chiamata J35 ha finalmente lasciato andare il suo piccolo morto, mettendo fine a quella che è stata una dimostrazione di lutto senza precedenti, capace di attrarre l'attenzione di tutto il mondo.
Il triste spettacolo secondo gli esperti è stato un efficace esempio e una conferma della complessa vita emotiva di questi cetacei.
Altre orche e animai simili come i delfini hanno manifestato comportamenti associabili al lutto per i loro consanguinei, ma quest'ultimo episodio è stato sicuramente portato avanti per un periodo molto più a lungo.
J35, soprannominata anche Tahlequah, ha 20 anni e fa parte del J Pod of Southern Resident Killer Whales, a lungo studiato dai biologi marini.
Queste orche, insieme con la loro famiglia allargata di altre orche in pericolo appartenenti ai pod K e L, vivono in un vasto territorio di oceano che comprende le acque che vanno da Seattle a Vancouver, fino a Victoria, nella British Columbia canadese.
I ricercatori erano preoccupati dal fatto che questo "tour del dolore" potesse mettere seriamente a repentaglio la salute di J35, ma fortunatamente, secondo quanto riferisce una nota del Center for Whale Research, l'animale sembra aver superato la prova senza conseguenze fisiche.
Mentre J35 continuava a portare in giro il suo piccolo morto gli scienziati si sono chiesti come mai fosse così attaccata al suo piccolo. Forse perché era vissuto circa 30 minuti prima di morire? Jenny Atkinson, executive director del Whale Museum di Friday Harbor, nella British Columbia, ritiene che il dolore provato da Tahlequah sia più profondo in quanto dopo 17 mesi di gestazione ha infine avuto modo di formare una connessione emotiva con il suo piccolo prima che morisse.
"Lo ritengo decisamente plausibile", dice John Ford, un ricercatore che si occupa di orche presso la University of British Columbia. "I cetacei hanno un istinto molto forte che li porta ad occuparsi della loro prole e ciò evidentemente si estende ai neonati che muoiono a ridosso del parto".
La morte di un altro piccolo è un duro colpo per il J Pod, dove nel corso degli ultimi tre anni non si sono registrate nascite. Messi insieme i tre pod sono composti da 75 membri e il tempo per evitare di estinguersi. Ken Balcomb, fondatore e principale investigatore presso il Center for Whale Research, ritiene che abbia ancora 5 anni a disposizione.
"Disponiamo al massimo di 5 anni di fertitlità perché non accada la catastrofe, ma se in questi 5 anni non ci saranno nuove nascite il loro destino sarà segnato", scrive.
Balcomb punta l'indice contro la mancanza di cibo come causa di questa situazione. "Abbiamo in vari modi dimostrato che questi cetacei carnivori stanno diventando sempre più magri e i tassi di mortalità si vanno alzando", scrive ancora sul sito web del centro.
"I cetacei di questa popolazione in pericolo dipendono dal salmone reale come risorsa alimentare primaria. Purtroppo anche i salmoni reali sono in pericolo", aggiunge.
Gli addetti ai lavori si sono mostrati sollevati dal fatto che J35 sia sopravvissuta. Avendo 20 anni, ed essendo al massimo della sua fertilità, il pod ha assolutamente bisogno che si riproduca. Fonte: NATIONAL GEOGRAPHIC, 14 agosto 2018
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