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Rassegna del 1 Giugno 2017
    

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Italia 2030, qual è la rotta verso gli obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile?


Italia 2030, qual è la rotta verso gli obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile?

Sono passati un anno e otto mesi da quando l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione Transforming our world: the Agenda 2030 for sustainable development con la quale l’Italia e altri 192 Paesi si sono assunti l’impegno di perseguire un obiettivo comune di sviluppo sostenibile, declinato in 17 Sustainable development goals (Sdgs) e 169 relativi target.

Nel frattempo il 21 marzo 2017 il ministero dell’Ambiente italiano ha presentato la bozza di Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, in vista della sessione programmata per il prossimo luglio dell’High level political forum dell’Onu, l’organismo che ha il ruolo di monitorare il follow-up e l’implementazione degli impegni assunti dai Paesi in attuazione dell’Agenda 2030 e degli Sdgs.

Grandi aspettative vengono riposte su questo primo passo concreto del nostro Governo verso la promozione di una politica nazionale di sviluppo sostenibile che fino ad oggi ha sempre proceduto con un’andatura molto lenta e caratterizzata da diverse pause e tentennamenti.

Un iniziale significativo contributo sull’analisi delle lacune da sanare e le iniziative da intraprendere in Italia era stato apportato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), che nel Rapporto del 2016 dal titolo 'L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile ha messo in luce diversi aspetti problematici e fornito numerosi suggerimenti per la compilazione della Strategia italiana.

Successivamente, il ministero dell’Ambiente ha pubblicato, il 4 gennaio 2017, il rapporto sul Posizionamento italiano rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che ha costituito il punto di partenza per l’elaborazione concreta della bozza della nuova Strategia nazionale. In tale rapporto sul posizionamento dell’Italia rispetto ai 17 Sdgs emerge una situazione non proprio rosea: il nostro Paese compare nella ‘zona rossa’ in sette casi (educazione, occupazione, disuguaglianza, consumo responsabile, lotta contro il cambiamento climatico, pace e giustizia, partnership) e in quella ‘gialla’ nei rimanenti 10, mentre in nessun caso rientra in quella ‘verde’, cioè pienamente in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Tuttavia, dopo la recente presentazione della bozza di Strategia nazionale da parte del ministero dell’Ambiente, sembra che oggi qualcosa si stia finalmente muovendo. 

Le proposte contenute nella bozza di Strategia sono suddivise, sul modello dell’Agenda 2030, in cinque aree tematiche (le cinque P), cioè Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership. Ogni area tematica è composta da un sistema di scelte declinate in obiettivi strategici nazionali in cui vengono indicati anche gli strumenti chiave per l’attuazione. E' prevista anche la realizzazione di un efficiente sistema di monitoraggio, che risulta un imprescindibile elemento costitutivo di una efficace Strategia nazionale.

Nello specifico, va salutato positivamente il processo partecipativo promosso dal ministero dell’Ambiente, che ha visto il coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali e di numerosi altri stakeholders, tra cui organizzazioni non governative, società scientifiche nazionali, università e esponenti della società civile.

Dal punto di vista economico, il traguardo chiave del piano è quello di promuovere un nuovo modello di economia circolare che, come già rilevato dall’Asvis, appare l’unica risposta adeguata all’esigenza di coniugare sviluppo economico, occupazione, risparmio energetico. 

Vi sono poi alcune questioni aperte, della quali la bozza non contiene traccia. Due di queste, che erano state entrambe menzionate nel citato Rapporto dell’Asvis, meritano un particolare riferimento.

La prima è quella relativa alla proposta di istituzione di un Fondo per lo sviluppo sostenibile.

La seconda è quella relativa alla proposta di inserire il principio dello sviluppo sostenibile all’interno della Costituzione italiana, un aspetto su cui Asvis ha particolarmente insistito nel suo rapporto.Oltre a costituire un potente messaggio per l’opinione pubblica, l’inserimento nella Costituzione italiana potrebbe infatti rafforzare il ruolo politico e normativo del principio, facendone finalmente un punto di riferimento imprescindibile per la formulazione delle politiche e delle iniziative nazionali pubbliche e private e necessaria per poter avviare un’inversione di rotta nell’Era dell’Antropocene, in cui l’essere umano costituisce il principale elemento di cambiamento del sistema terrestre.

Considerato che uno degli scopi dell’Agenda 2030 è quello di tentare di scollegare la crescita economica dal degrado ambientale, probabilmente è il momento adatto per riflettere sul fatto che in tale contesto ciò che appare assolutamente prioritario è abbandonare la centralità del dogma della crescita economica tout court e sostituirla con obiettivi equilibrati di sviluppo sostenibile, che valorizzino allo stesso tempo le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali.

Citando l’ex segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, a quel punto non potrà esserci un piano B perché non esiste un Pianeta B.

 

Raffaella Gazzaniga

Ufficio Stampa Digital ESO




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