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L’estinzione della megafauna marina porterà a una perdita incalcolabile di biodiversità


L’estinzione della megafauna marina porterà a una perdita incalcolabile di biodiversità

Un team di ricercatori della Swansea University ha esaminato i tratti distintivi delle diverse specie dei grani animali marini per comprendere meglio le potenziali conseguenze ecologiche della loro estinzione in diversi scenari futuri. Se l’attuale trend proseguisse si perderebbero globalmente il 48% delle funzioni ecologiche svolte da questi preziosi animali

Le funzioni ecologiche della megafauna marina sono fondamentali per gli ecosistemi oceanici, ma l’attuale trend di estinzione porterà al collasso di molti ecosistemi 

La megafauna marina (animali con una massa corporea che supera i 45 kg) svolge diversi ruoli chiave per gli ecosistemi oceanici. Questi grandi animali consumano grandi quantità di biomassa, aiutano a regolare le specie più piccole, trasportano nutrienti attraverso diversi habitat, collegano gli ecosistemi oceanici. Alcuni di loro, come gli squali, assorbono anche il carbonio e forniscono sostanze nutritive in grado di aumentare la quantità di plancton presente negli oceani. L’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha indicato però come attualmente un terzo di questi animali, che includono foche, tartarughe marine, squali, balene e orsi polari, sia a rischio di estinzione

Un team di ricercatori della Swansea University, esaminando 334 di questi animali, ha studiato i contributi che apportano agli ecosistemi, valutando al contempo le potenziali conseguenze della loro estinzione. Per farlo inizialmente sono stati compilati set di dati sui tratti distintivi delle diverse specie di megafauna marina – come grandezza e alimentazione -, così da comprendere le loro funzioni ecologiche nei sistemi oceanici.

Successivamente i ricercatori hanno modellizzato diversi scenari di estinzione introducendo una “nuova metrica che identifica quelle specie minacciate che sono di particolare importanza per la diversità funzionale” che misura la biodiversità sulla base delle caratteristiche specifiche delle specie. Il nuovo indice, chiamato FUSE (Funzionalmente unica, specializzata e in via di estinzione), ha permesso di ricalcolare le priorità di tutela, scoprendo che i dugonghi (Dugong dugong), le tartarughe marine verdi (Chelonia mydase il più grande mollusco bivalve esistente, la Tridacna gigassono le tre creature più funzionalmente uniche in tutto il mondo. 

I risultati hanno anche mostrato il modo in cui l’attuale trend di estinzione potrebbe influenzare la diversità funzionale delle specie. Nello specifico, se nel prossimo secolo i trend attuali di estinzione proseguirannopotremmo perdere circa il 18% della megafauna marina, con un marcato declino nelle funzioni ecologiche che si attesta all’11% a livello globale e intorno al 24% a livello regionale. Se tutte le specie minacciate si estinguessero le riduzioni sarebbero ovviamente più marcate: globalmente le funzioni ecologiche diminuirebbero del 48%, e ai poli del 70%.

Come sottolinea Catalina Pimiento, biologa dell’Università di Swansea e autrice principale dello studio, “la perdita di predatori che si trovano in cima alla catena alimentare può causare collassi incalcolabili negli ecosistemi”. Precedentemente il team di ricerca aveva dimostrato come la megafauna marina avesse subito “un periodo di estinzione insolitamente intenso […] diversi milioni di anni fa. Il nostro nuovo lavoro mostra che, oggi, i loro ruoli ecologici unici e diversificati stanno affrontando una minaccia ancor più grande a causa delle pressioni umane”. 

La domanda che ora si pongono gli studiosi è se vi saranno altre specie capaci di svolgere un ruolo ecologico simile a quello della megafauna marina in via di estinzione. Per John Griffin, coautore dello studio, non vi sono dubbi: “se perdiamo specie, perdiamo funzioni ecologiche uniche. Questo è un avvertimento: dobbiamo agire ora per ridurre le crescenti pressioni sulla megafauna marina dovute alle attività umane, inclusi i cambiamenti climatici, al contempo favorendo il recupero delle popolazioni”. 

 



 




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