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Rassegna del 20 Aprile 2017
    

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Le biotecnologie assicurano buoni sviluppi, anche professionali



Le biotecnologie saranno sempre più importanti e quella del biotecnologo è una professione fondamentale sia per comprendere i cambiamenti che il nostro mondo sta vivendo, dall'agricoltura alla medicina, dall'industria alla tutela ambientale, sia per poterli guidare con competenza.

Davide Ederle, laureato in biotecnologie agro-industriali presso l'Università di Verona, che è stato recentemente nominato presidente dell'Anbi, l'associazione nazionale biotecnologi italiani, così commentava la propria professione. A margine della propria elezione lo abbiamo incontrato per capire quali consigli riserva ai giovani che volessero intraprendere questa professione.

Fatta di presente e futuro ma anche un occhio alla tradizione industriale italiana che nel settore vanta eccellenze.

E allora dottor Ederle, iniziamo proprio da quali prospettive le biotecnologie oggi possono rappresentare o riservare per il Sistema Italia?

I dati del comparto biotech sono positivi e da anni in controtendenza rispetto all'andamento economico che caratterizza l'Italia.

Uno dei settori del biotech nel quale il Paese sta andando molto bene è senza dubbio quello della salute dove abbiamo un ruolo da protagonisti.

È tricolore, per esempio, il primo trattamento di terapia cellulare mai approvato, e siamo tra i primi anche sul fronte della terapia genica. Anche in fatto di biotecnologie industriali siamo noi a dare il passo.

Per fare un esempio, basta guardare gli impianti innovativi per la produzione di butandiolo con metodi biotecnologici, un composto, importantissimo per la produzione di materiali plastici, finora ricavato da fonti fossili.

Negli ultimi anni sono stati lanciati anche diversi programmi di accelerazione e incubazione per startup biotech che nascono dal mondo della ricerca. Insomma, l'Italia ha molto da dire nel settore, ma soprattutto ha le potenzialità per continuare a dirlo anche in futuro. Cerchiamo di non sprecarla.

Quali sono i percorsi formative che si sente di suggerire ai giovani per prepararsi nella specializzazione delle biotecnologie?

Ai giovani che si avvicinano a un percorso formativo biotech vorrei innanzitutto puntualizzare una cosa che ritengo molto importante. Un biotecnologo non è solo un amante della scienza o della ricerca, un biotecnologo è un professionista che studia prima di tutto applicazioni, che non si ferma alla biologia, ma che trasforma quel sapere in un qualcosa che può realmente cambiare il mondo.

Insomma, il biotecnologo è per definizione un innovatore. Dico dunque a tutti coloro che vogliono intraprendere questo percorso di rimboccarsi le maniche e lavorare alle proprie idee, a quelle che hanno ora, e a quelle che matureranno al crescere delle loro competenze, non solo di laboratorio.

Un biotecnologo non deve infatti sapere solo di scienza, ma anzi dovrebbe il più possibile espandere la sua professionalità anche in mondi molto diversi e lontani dal laboratorio quali l'informatica, l'economia, la giurisprudenza, la comunicazione. Insomma, mettete nello zaino non solo le pipette, ma anche tutto ciò che vi può servire per portare fuori dal laboratorio le vostre idee.

Quali le eventuali trappole da evitare?

Le biotecnologie hanno il grande fascino della fantascienza, che porta con sé tante aspettative, ma allo stesso tempo anche tante paure. In alcuni settori, quali per esempio quello delle biotecnologie in agricoltura, i biotecnologi non sono riusciti in passato a far capire il valore dell'innovazione che portavano e l'esito, specie in Italia, è stato disastroso.

Da leader a livello europeo nella ricerca siamo diventati il Paese che costringe i propri ricercatori a distruggere campi sperimentali fino a ieri regolarmente autorizzati. Io credo che la grande trappola da evitare oggi per i biotecnologi sia di ripetere gli errori di ieri, in particolare quello di lasciare agli altri la narrazione del proprio lavoro.

Abbiamo assistito in questi anni alla spettacolarizzazione e banalizzazione di temi importanti e complessi - pensiamo solo agli Ogm o al caso Stamina - dobbiamo fare in modo che questo non avvenga anche per le nuove tecnologie che stanno iniziando ora a uscire dai laboratori, si veda per esempio il genome editing.

Su questo, come Anbi, abbiamo sempre cercato di fare chiarezza, difendendo i ricercatori e il loro ruolo sociale nella crescita del paese: dagli Ogm a Stamina, dalla sperimentazione animale al genome editing. Per decidere su tutti questi temi così delicati è necessario capire, per capire è necessario sapere. Anche per questo l'Anbi c'è.

di M.Cristina Ceresa

 

 

Fonte: magazine.greenplanner.it - Del 19/04/2017




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